LA COSTRUZIONE DEL MITO DI ALESSANDRO
Tra gli episodi più emblematici della vita di Alessandro c’è la visita che fece al tempio di Ammon, nell’oasi di Siwa, in Egitto: il gesto parve a molti persino pericoloso poiché richiedeva una deviazione di duecento chilometri nel deserto. Alessandro scelse quel tempio sia per ingraziarsi il consenso della popolazione potenzialmente ostile sia per evocare tra i Greci la memoria di Perseo ed Eracle, che a loro volta vi si erano recati. Nel viaggio lo accompagnava, come cronista ufficiale, Callistene, filosofo e nipote di Aristotele, che lasciò una relazione di cui ci restano pochi frammenti, in seguito utilizzati da Plutarco per narrare la biografia di Alessandro contenuta nelle sue Vite parallele. Quanto accadde nel tempio resta un mistero perché Alessandro vi entrò solo e mantenne sempre un rigoroso silenzio. Le congetture avanzate da Plutarco in questo brano svelano però come lo stesso Alessandro avesse promosso, costruito e alimentato il mito della divinizzazione della sua persona a opera dei sacerdoti di Ammon.
“Era difficile distogliere Alessandro quando aveva deciso qualche impresa. D’altro canto la sorte, favorendo i suoi disegni, rendeva ben salde le sue decisioni e il coraggio, indomito fino alla realizzazione dei suoi disegni, accrescendo la sua voglia di vincere, si imponeva non solo sui nemici ma anche su luoghi e circostanze.
Comunque, durante quella marcia,1 gli aiuti che gli vennero dal dio nelle difficoltà ottennero maggior credito che non i vaticini successivi; anzi, in un certo qual senso i vaticini divennero credibili proprio per quegli aiuti. Innanzi tutto scese dal cielo una grande quantità di acqua, e piogge continue tolsero il timore della sete; per di più, eliminando la aridità della sabbia che si era fatta umida e in sé compatta, resero l’aria più pura e respirabile. Inoltre, siccome i cippi che indicavano la via alle guide erano disordinati, e chi avanzava procedeva vagando e mutando direzione perché non conosceva la strada, apparvero dei corvi a far da guida volando davanti e affrettandosi quando i soldati seguivano, aspettandoli invece quando ritardavano e rimanevano staccati; ma quel che era la cosa più straordinaria, come racconta Callistene, è che con il loro gracchiare durante la notte richiamavano i soldati smarriti e li indirizzavano sulla direttrice di marcia […].
La maggior parte delle fonti riferisce questo sui vaticini; Alessandro stesso, in una lettera alla madre, dice di aver avuto alcune notizie segrete che al suo ritorno avrebbe rivelato a lei sola.2 Alcuni dicono che il sacerdote, volendo rivolgersi a lui con affetto, disse in greco la parola: “o paidíon” (“o figlio”), ma per errore pronunziò l’ultima consonante “s” al posto di “n”, e ne risultò: “o paidíos” (“o figlio di Zeus”); Alessandro fu lieto per questo errore di pronuncia, e si diffuse poi la voce che il dio stesso lo aveva chiamato figlio di Zeus.”
Plutarco, Vita di Alessandro, 27 (XXVII), 5-9, trad. di D. Magnino, Rizzoli, Milano 1987
1. quella marcia: la marcia in una delle parti più aride e inospitali del deserto che durò, forse, una quindicina di giorni.
2. alcune notizie… a lei sola: rivelazione che però non fece in tempo a fare perché morì prima.