Dall’avvio del conflitto alla pace di Nicia: la fase archidamica
La prima azione bellica, nella primavera del 431, fu l’attacco di Tebe a Platea, tradizionale alleata di Atene e a soli 3 km di distanza dalla città nemica. L’attacco fallì e i prigionieri di guerra tebani furono massacrati brutalmente: la tregua trentennale era stata ufficialmente interrotta. Subito dopo l’esercito peloponnesiaco, guidato dal re spartano Archidamo (da lui, definito da Tucidide «uomo capace e prudente», prende nome la prima fase della guerra), invase l’Attica. Atene, su proposta di Pericle, attuò una tattica attendista: nella convinzione che la forza offensiva di Sparta si sarebbe esaurita rapidamente, la città si rinchiuse all’interno delle Lunghe mura, che proteggevano anche il porto del Pireo, avendo la certezza dei rifornimenti via mare. Gli Ateniesi lasciarono che gli Spartani devastassero le campagne attorno alla città pur di evitare lo scontro campale, nel quale avrebbero di certo avuto la peggio per via della superiorità dell’esercito di terra nemico. La controffensiva ateniese puntò invece sulla forza della flotta e sull’invio di navi che operavano con attacchi alle zone costiere
e alle navi mercantili della lega peloponnesiaca; la supremazia marittima garantiva comunque l’approvvigionamento di denaro, derrate alimentari e materie prime necessarie a sostenere Atene durante l’assedio.
Questa tattica difensiva, che comportava un enorme danno economico per i proprietari
terrieri, venne osteggiata dalla fazione aristocratica, ma fu comunque attuata grazie al prestigio e alla capacità di persuasione di Pericle. A determinarne il fallimento fu una circostanza imprevedibile, causata proprio da quello che doveva essere il suo punto di forza: avendo accolto all’interno delle mura, per proteggerli, gli abitanti delle campagne (con masserizie e animali al seguito), la popolazione urbana era quasi raddoppiata, con un drastico peggioramento delle condizioni igienico-sanitarie dovute all’affollamento e alla promiscuità. In questa situazione, nel 430 a.C. scoppiò una grave
pestilenza – descritta nel dettaglio da Tucidide, ma le cui cause specifiche ci sono tuttora ignote – che si diffuse velocemente e provocò in quattro anni la morte di un quarto
della popolazione ateniese, tra cui lo stesso Pericle (autunno del 429 a.C.) (▶ Passato&presente, p. 226).
Questi drammatici eventi minarono la compattezza politica e sociale della città proprio nel momento in cui era chiamata a reagire all’assedio dei nemici. Dopo la morte di Pericle, la fazione aristocratica guidata da Nicia cercò di porre fine al conflitto, così dannoso per i proprietari terrieri e privo, a differenza della guerra contro i Persiani, di una convincente giustificazione ideale. I democratici di Cleone, che rappresentavano gli interessi degli artigiani e dei mercanti e che vedevano con favore l’espansione territoriale, riuscirono però a imporre la continuazione delle ostilità e, in conseguenza della defezione di Lesbo, l’assedio di Mitilene, che l’anno successivo cedette e dovette subire un inaudito eccidio ordinato dalla stessa assemblea del popolo attico. A questo grave episodio fece da contraltare l’eccidio di Platea a opera dei Peloponnesiaci.
La guerra proseguì poi con fortune alterne. Nel 427 a.C. fu coinvolta la Sicilia, dove Atene inviò una flotta – respinta dai nemici – per sostenere la città nemica di Siracusa (alleata di Sparta); nel 425 a.C. Cleone conquistò la città di Pilo, nel Peloponneso, prendendo in ostaggio i soldati spartani stanziati nella vicina isola di Sfacteria; ma nel 424 a.C. fu duramente sconfitto a Delio, in Beozia, e ad Anfipoli, nella Grecia settentrionale.
Quando, nel 422 a.C., Cleone trovò la morte nella battaglia seguita al suo tentativo di riprendere Anfipoli, i sostenitori della pace ne approfittarono per avviare le trattative: poiché nessuno dei contendenti riusciva a prevalere, nel 421 a.C. fu firmata la pace di
Nicia (dal nome del suo promotore). Il trattato ripristinava le condizioni politiche e
territoriali precedenti al conflitto e sanciva una tregua di 50 anni.