Il dualismo Sparta-Atene e i nuovi conflitti interni
Già nel corso del lungo conflitto, in Grecia erano tornati a riemergere i particolarismi tra le diverse città, che ora, con l’esaurimento della minaccia persiana, andavano assumendo i contorni di un crescente dualismo tra Atene e Sparta, che le avrebbe infine portate a scontrarsi nella guerra del Peloponneso (431-404 a.C.). Per qualche tempo i sistemi di alleanze che facevano capo a Sparta e ad Atene collaborarono e si sostennero reciprocamente; presto, tuttavia, entrarono in rotta di collisione, anche a partire da episodi avvenuti nelle rispettive aree di influenza, caratterizzate da tendenze centrifughe mal sopportate dalle due città-guida. Atene dovette affrontare serie minacce alla sua supremazia da parte delle città mercantili, insofferenti alla sua politica tendenzialmente egemonica nell’Egeo (per esempio, gli abitanti di Taso, un’isola dell’Egeo, si ribellarono nel 465 a.C.); forti contrapposizioni sorsero in particolare con Corinto e Megara, alleate di Sparta, per il controllo delle rotte e il predominio nei commerci marittimi.
Sparta, dal canto suo, dovette combattere una rivolta degli iloti messeni (la cosiddetta
terza guerra messenica, scoppiata nel 464 a.C. e protrattasi per circa un decennio): essi insorsero contro l’oppressione degli spartiati approfittando di un grave terremoto che distrusse buona parte di Sparta. Per avere la meglio sui Messeni, gli Spartani chiesero l’aiuto di altre città, tra cui Atene, la quale, su proposta di Cimone, inviò 4000 opliti. Il contingente ateniese, tuttavia, non riuscì a dare una svolta all’assedio della roccaforte ribelle, e forse anche per questo fu accusato dagli Spartani di connivenza con i Messeni, tanto da essere rimandato in patria. L’atto fu giudicato da Atene come un vero e proprio affronto, con il conseguente abbandono della politica filospartana che fino a quel momento aveva prevalso grazie alle scelte operate da Cimone.
Le tensioni si tradussero, tra il 460 e il 445 a.C., in una serie di conflitti minori che coinvolsero alcune città che facevano capo alle due alleanze: Corinto, Tebe, Egina e in particolare Megara, strappata da Atene alla lega peloponnesiaca per la sua importanza strategica (la città controllava l’istmo da cui era necessario passare per invadere l’Attica dal Peloponneso). Alcuni storici parlano in proposito di una “prima guerra del Peloponneso”. Gli scontri videro prevalere ora una ora l’altra coalizione. Atene riuscì a conquistare per breve tempo la Beozia (ma non Tebe, la sua città più importante), e anche Megara passò da un fronte all’altro per essere poi restituita alla lega peloponnesiaca. In sostanza, i tentativi egemonici di Atene nella Grecia continentale fallirono, e nel 446-445 a.C. si giunse alla firma di una pace trentennale con Sparta – destinata però a durare molto meno – che prevedeva la rinuncia definitiva a Megara da parte di Atene, ma la conferma dell’acquisizione di Egina, conquistata durante lo scontro per il controllo di Delfi; che stabiliva per le città neutrali la possibilità di scegliere di unirsi all’una o all’altra coalizione; che riaffermava infine le zone di influenza di ciascuna: a Sparta la Grecia continentale, ad Atene l’egemonia sul mare.