Le origini della città e la sua prima espansione
Sparta, tra le prime póleis greche a definire compiutamente il proprio modello organizzativo e politico, nacque probabilmente nel X secolo a.C. dall’unione (sinecismo) di
quattro villaggi (Pitane, Mesoa, Limne, Cinosura, cui nell’VIII secolo se ne aggiunse un quinto, Amicle) sparsi al centro della Laconia, nel Peloponneso meridionale. Le sue origini sono però incerte: sappiamo che gli antichi non la chiamavano Sparta (che significa “sparsa”), ma Lacedemone, includendovi anche la regione circostante (Omero nell’Iliade la chiama «terra dei Lacedemoni»). L’opinione comune, avvalorata dagli stessi Spartani, era che i suoi fondatori fossero i membri di una o più tribù di stirpe dorica che sottomisero le popolazioni locali. L’origine resta però alquanto incerta. Omero narra di un periodo, l’età micenea, risalente a un paio di secoli precedenti l’invasione dorica e descrive un’altra Sparta: città di Menelao, sposo di Elena, il cui rapimento da parte di Paride avrebbe causato la guerra tra Achei e Troiani. Furono gli Spartani stessi, per recuperare la continuità con il passato miceneo e per smentire l’ipotesi di una conquista violenta da parte dei Dori, ad alimentare la leggenda del “ritorno degli Eraclidi” (▶ p. 145), che persino il rigoroso storico Tucidide considererà vera.
La Laconia è circondata dalle catene montuose dell’Arcadia a nord, del Parnone a est e del Taigeto a ovest. Il suo accesso al mare è dunque limitato a un breve tratto della costa meridionale del Peloponneso, a circa 40 km da Sparta: questo spiega perché la città rimase sempre legata alla terra. Si trattava di una terra fertile (vi si coltivava l’orzo, il frumento e l’ulivo, vi si allevava il bestiame), ma poco estesa, e destinata dunque, con lo sviluppo demografico della città, a risultare insufficiente al fabbisogno della popolazione. Come si è visto, nell’VIII secolo a.C. lo squilibrio tra popolazione e terre coltivabili riguardò molte póleis greche, e fu tra le cause principali della seconda colonizzazione. Sparta preferì la conquista delle regioni confinanti piuttosto che fondare nuove città lontane dalla madrepatria (solo Taranto, infatti, può essere considerata colonia spartana). Tra l’ultima parte dell’VIII secolo a.C. e la prima metà del VII (la datazione è incerta), Sparta infatti conquistò
la vicina Messenia, riducendone gli abitanti in schiavitù, dopo due lunghi e sanguinosi conflitti, detti guerre messeniche.
Tra il VII e il VI secolo a.C. l’economia spartana continuò a fondarsi in misura rilevante sulla conquista militare di nuove terre, a fronte di uno sviluppo commerciale ridotto e di un’agricoltura che, pur rappresentando la principale attività economica, rimaneva piuttosto arretrata e poco produttiva, anche a causa della scarsa fertilità dei territori messenici. Intorno alla metà del VI secolo a.C., però, dopo il fallimento delle campagne militari contro Argo e Tegea, la politica estera spartana divenne meno aggressiva e fu sostituita da una strategia basata su un
sistema di alleanze che si tradusse nella nascita della lega peloponnesiaca (espressione coniata da storici moderni; in epoca antica ci si riferiva a questa alleanza con l’espressione “gli Spartani e i loro alleati”), saldamente guidata dalla città. Tale alleanza avrebbe avuto un ruolo importante nelle successive vicende della storia greca.