Capitolo 9 - Sparta e Atene: due modelli contrapposti

Capitolo 9 SPARTA E ATENE: DUE MODELLI CONTRAPPOSTI

i concetti chiave
  • Sparta è una società oligarchica
  • La costituzione di Licurgo e la divisione in tre classi sociali: spartiati, iloti, perieci
  • A capo dello Stato vi sono due re, sacerdoti e comandanti militari, affiancati dalla gherousía e da cinque magistrati eletti dall’assemblea, l’apélla
  • L’educazione degli spartiati è comunitaria e militaresca, anche per le raga
  • Atene all’inizio è una pólis oligarchica, governata da nove arconti; l’areopago è il consiglio degli anziani, l’ecclesia è l’assemblea dei cittadini
  • I cittadini ateniesi chiedono maggiore potere: prime leggi scritte di Dracone e riforma costituzionale e militare di Solone
  • Interessi diversi e scontri tra le fazioni aristocratiche portano alla tirannide di Pisistrato che favorisce artigiani e commercianti
  • Clistene riorganizza la società ateniese in trittìe, integrando i diversi interessi dei gruppi tradizionali

1. Il regime oligarchico di Sparta

«Un giorno riflettevo su come Sparta, una delle città meno popolose, sia diventata una delle più potenti e celebri città della Grecia e mi stupivo di come ciò potesse essere accaduto. Poi pensai alle istituzioni degli spartiati e finii di stupirmi.» Così scriveva, nel 380 a.C. circa, lo storico ateniese Senofonte (430-354 a.C. ca.), nella Costituzione degli Spartani. Non fu il solo ateniese a mostrare simpatia per Sparta, la città tradizionalmente rivale: la condivisero anche i filosofi Socrate e Platone, oltre che grandi personalità non ateniesi, come il pensatore Aristotele e lo storico Tucidide (che non l’apprezzava ma ne aveva stima). L’ambiguo fascino di Sparta, del resto, è rimasto vivo per secoli nella cultura occidentale, soprattutto in riferimento alle modalità di spartizione della terra attuate nel corso del VII secolo a.C.

Le origini della città e la sua prima espansione

Sparta, tra le prime póleis greche a definire compiutamente il proprio modello organizzativo e politico, nacque probabilmente nel X secolo a.C. dall’unione (sinecismo) di quattro villaggi (Pitane, Mesoa, Limne, Cinosura, cui nell’VIII secolo se ne aggiunse un quinto, Amicle) sparsi al centro della Laconia, nel Peloponneso meridionale. Le sue origini sono però incerte: sappiamo che gli antichi non la chiamavano Sparta (che significa “sparsa”), ma Lacedemone, includendovi anche la regione circostante (Omero nell’Iliade la chiama «terra dei Lacedemoni»). L’opinione comune, avvalorata dagli stessi Spartani, era che i suoi fondatori fossero i membri di una o più tribù di stirpe dorica che sottomisero le popolazioni locali. L’origine resta però alquanto incerta. Omero narra di un periodo, l’età micenea, risalente a un paio di secoli precedenti l’invasione dorica e descrive un’altra Sparta: città di Menelao, sposo di Elena, il cui rapimento da parte di Paride avrebbe causato la guerra tra Achei e Troiani. Furono gli Spartani stessi, per recuperare la continuità con il passato miceneo e per smentire l’ipotesi di una conquista violenta da parte dei Dori, ad alimentare la leggenda del “ritorno degli Eraclidi” ( p. 145), che persino il rigoroso storico Tucidide considererà vera.
La Laconia è circondata dalle catene montuose dell’Arcadia a nord, del Parnone a est e del Taigeto a ovest. Il suo accesso al mare è dunque limitato a un breve tratto della costa meridionale del Peloponneso, a circa 40 km da Sparta: questo spiega perché la città rimase sempre legata alla terra. Si trattava di una terra fertile (vi si coltivava l’orzo, il frumento e l’ulivo, vi si allevava il bestiame), ma poco estesa, e destinata dunque, con lo sviluppo demografico della città, a risultare insufficiente al fabbisogno della popolazione. Come si è visto, nell’VIII secolo a.C. lo squilibrio tra popolazione e terre coltivabili riguardò molte póleis greche, e fu tra le cause principali della seconda colonizzazione. Sparta preferì la conquista delle regioni confinanti piuttosto che fondare nuove città lontane dalla madrepatria (solo Taranto, infatti, può essere considerata colonia spartana). Tra l’ultima parte dell’VIII secolo a.C. e la prima metà del VII (la datazione è incerta), Sparta infatti conquistò la vicina Messenia, riducendone gli abitanti in schiavitù, dopo due lunghi e sanguinosi conflitti, detti guerre messeniche.
Tra il VII e il VI secolo a.C. l’economia spartana continuò a fondarsi in misura rilevante sulla conquista militare di nuove terre, a fronte di uno sviluppo commerciale ridotto e di un’agricoltura che, pur rappresentando la principale attività economica, rimaneva piuttosto arretrata e poco produttiva, anche a causa della scarsa fertilità dei territori messenici. Intorno alla metà del VI secolo a.C., però, dopo il fallimento delle campagne militari contro Argo e Tegea, la politica estera spartana divenne meno aggressiva e fu sostituita da una strategia basata su un sistema di alleanze che si tradusse nella nascita della lega peloponnesiaca (espressione coniata da storici moderni; in epoca antica ci si riferiva a questa alleanza con l’espressione “gli Spartani e i loro alleati”), saldamente guidata dalla città. Tale alleanza avrebbe avuto un ruolo importante nelle successive vicende della storia greca.

 >> pagina 173 

L’organizzazione sociale della comunità spartana: spartiati, iloti e perieci

In una società bellicosa come quella spartana, l’aristocrazia guerriera, alla guida della città fin dalla sua nascita, restò a lungo la classe dominante. L’organizzazione sociale di Sparta rifletteva infatti la preminenza della guerra e dell’agricoltura, all’interno di un ordinamento politico e istituzionale attribuito al mitico legislatore Licurgo (vissuto, secondo Aristotele, nell’VIII secolo a.C., ma forse mai davvero esistito). La costituzione di Licurgo fondava la sua legittimità su un testo (il più antico documento scritto della storia greca) che riportava il responso dell’oracolo di Apollo a Delfi, e prevedeva – caso unico nella storia greca – la rigida suddivisione della popolazione in tre classi: spartiati, iloti e perieci.
Gli spartiati erano l’aristocrazia costituita da guerrieri e proprietari terrieri, forse discendenti dei fondatori dori della città; erano gli unici soggetti dotati di diritti politici. Il loro dominio sulle altre classi era basato sull’uso delle armi, che imparavano a usare entrando giovanissimi nell’esercito, e sulla proprietà e i proventi della terra loro assegnata dallo Stato. Quella militare, insieme alla caccia e alle attività agonistiche, era l’unica attività cui si dedicavano; consideravano invece indegni del proprio rango il commercio e il lavoro nei campi, svolto per loro da contadini servi. I nobili spartiati possedevano un forte senso comunitario, basato su un rigido  egualitarismo e una spiccata solidarietà di classe. Si definivano hómoioi, “simili”, e pagavano tutti lo stesso tributo allo Stato.
Gli iloti (i “conquistati”) erano in parte discendenti delle popolazioni originarie sottomesse dai Dori, in parte contadini impoveriti e ridotti in schiavitù. Erano servi di Stato privi di qualsiasi diritto: appartenevano alla pólis (e non al padrone, a differenza degli schiavi) ed erano assegnati agli spartiati insieme ai lotti di terreno nei quali erano costretti a lavorare. I figli maschi di padre spartiate e di madre ilota, detti motaci, venivano però cresciuti assieme ai discendenti legittimi degli spartiati e talora ottenevano il diritto di cittadinanza.
In una situazione intermedia si trovavano i perieci (coloro che “abitano intorno”), residenti in un centinaio di villaggi collegati a Sparta. Si trattava di individui di condizione libera, ma privi di diritti politici ed esclusi dalla vita pubblica. Erano contadini – lo Stato assegnava loro lotti coltivabili, anche se nei territori meno fertili –, artigiani e mercanti, e militavano nell’esercito come truppe ausiliarie in appoggio agli spartiati.

 >> pagina 174 

Le istituzioni spartane

Sul piano istituzionale e politico, la costituzione di Licurgo sancì lo spostamento del potere dalla precedente monarchia militare alla comunità degli spartiati di sesso maschile (dámos). A partire da questo momento, l’ordinamento statale spartano acquisì una fisionomia più stabile: ai vertici delle istituzioni rimasero due re (si parla in proposito di diarchia), provenienti dalle due famiglie degli Agiadi e degli Euripontidi, ritenute entrambe discendenti da Eracle. I re svolgevano funzioni di sommi sacerdoti (rappresentavano la città davanti agli dèi) e, in caso di guerra, uno dei due assumeva il comando dell’esercito. La loro carica durava tutta la vita e passava ai discendenti (non necessariamente diretti), ma la sua natura era essenzialmente diversa da quella della regalità vera e propria, in parte perché la collegialità presupponeva la condivisione delle scelte, ma soprattutto per la presenza di altri organi di governo che bilanciavano il potere regale. I re erano infatti parte di una struttura più ampia, la gherousía (da ghéron, “anziano”), un consiglio degli anziani con funzioni giudiziarie e legislative, in cui erano affiancati da 28 geronti (spartiati con più di sessant’anni d’età). Dal VI secolo a.C. è attestata con certezza anche la presenza degli èfori (da epí, “sopra”, e oráo, “guardare”), che però esistevano forse già in epoche precedenti: cinque magistrati “sorveglianti” che inizialmente avevano solo funzione consultiva e ottennero in seguito poteri sempre più ampi in campo giudiziario, politico e militare.
Gli efori erano eletti annualmente dall’apélla, l’assemblea più ampia (prima aperta solo ai soldati, poi a tutti gli spartiati maschi con più di trent’anni). L’apélla eleggeva la gherousía e aveva facoltà di approvare o respingere le proposte di legge avanzate dagli efori, ma non poteva presentarne di proprie.

 >> pagina 175 

L’origine dell’uguaglianza tra spartiati

La conquista della Messenia era stata realizzata da un esercito di opliti che traeva la sua forza dalla compattezza organizzativa e dalla solidarietà di corpo. L’affermazione dell’organizzazione oplitica contribuì a diffondere – secondo un fenomeno comune a molte póleis di questo periodo – gli ideali di uguaglianza tra la nobiltà spartana. Si può anzi dire che Sparta giunse a un’attuazione radicale del concetto di uguaglianza, sebbene limitata alla comunità ristretta degli spartiati. La spartizione delle terre conquistate dopo la seconda guerra messenica, infatti, avvenne sulla base di criteri rigidamente egualitari tra i guerrieri di antica stirpe nobiliare e gli altri individui liberi, e riguardò tra l’altro anche i perieci. Questo meccanismo di distribuzione della terra, che doveva ripetersi a ogni generazione, mantenendo inalterati i rapporti di uguaglianza, contribuì in gran parte a depotenziare i motivi di conflitto interni all’aristocrazia e più in generale al ceto dei proprietari terrieri, che in altre città erano causa di gravi scontri, se non di vere e proprie guerre civili.
L’esercizio reale della costituzione, tuttavia, si allontanò nel tempo dal suo significato originario, e l’uguaglianza tra gli hómoioi divenne più apparente che effettiva. Già il filosofo Aristotele aveva notato una crescente disuguaglianza interna all’aristocrazia, dovuta al fatto che i lotti assegnati dallo Stato, alla morte dell’assegnatario, venivano in genere affidati soltanto al suo primogenito (che si impegnava a mantenere anche le famiglie dei fratelli); questo per impedire che la loro estensione si riducesse troppo, mettendo a rischio la capacità dei proprietari di pagare i tributi allo Stato. Anche per questo motivo, nel corso del tempo, le richieste di nuove redistribuzioni della terra si fecero più pressanti.
Gli spartiati che non riuscivano a pagare i tributi dovuti entravano a far parte degli “inferiori”, perdendo i diritti politici. Per evitare il rischio di finire in miseria, le famiglie aristocratiche limitarono allora le nascite, finendo però per accentuare lo squilibrio demografico tra le classi: gli spartiati divenivano una minoranza sempre più esigua rispetto agli iloti, che invece crescevano costantemente di numero.

• SOTTO LA LENTE • EDUCAZIONE

L’educazione spartana: l’agoghè

Gli Spartani chiamavano l’addestramento militare dei ragazzi agoghè (un termine che si riferiva propriamente all’allevamento del bestiame) e il “maestro” che se ne occupava paidonómos (letteralmente il “mandriano di ragazzi”). Il fine dell’addestramento era formare opliti preparati, coraggiosi e abituati all’obbedienza, ed era il prerequisito, la prerogativa essenziale – almeno per quanto riguarda i maschi – per il possesso della cittadinanza, legato fin dalle origini della città (e non solo a Sparta) alla partecipazione alla guerra.
Al compimento dei sette anni i bambini, divisi in classi d’età e sotto la guida di giovani istruttori, cominciavano un addestramento che prevedeva via via esercizi sempre più duri e faticosi, cui partecipavano anche le bambine. Un ruolo centrale, oltre alla ginnastica, aveva l’uso delle armi, e una parte importante era rappresentata anche dall’educazione musicale (soprattutto inni e marce da eseguire in battaglia) e, in misura minore, dall’apprendimento della lettura e della scrittura.
Raggiunta l’adolescenza, forse intorno ai dodici anni, i giovani spartiati che si erano distinti per coraggio e abilità venivano raccolti in squadre per partecipare alla kryptéia (dal verbo greco kryptéuo, “nascondersi”: la prova infatti prevedeva che il giovane restasse nascosto allo scopo di cacciare e poi uccidere un ilota), una sorta di rito di iniziazione o di passaggio volto a saggiare le capacità di combattimento e di resistenza alla fatica dei futuri comandanti militari, oltre che a completare la formazione di guerrieri privi di scrupoli. In autunno, quando le operazioni militari erano sospese per le avverse condizioni meteorologiche, i ragazzi prescelti venivano inviati nelle aree montuose della Messenia, di notte, da soli e armati di un solo pugnale. Qui avevano il compito di dimostrare il loro sangue freddo, la loro determinazione e l’orgoglio dell’appartenenza sociale compiendo azioni anche molto violente a danno degli iloti eventualmente incontrati. Il fallimento della missione prevedeva pene durissime, come la fustigazione, eseguita dagli stessi compagni che avevano preso parte alla kryptéia.
Che a Sparta l’educazione alla violenza e alla forza bruta fosse giudicata normale è confermato dalle frequenti e feroci risse tra i giovani spartiati. Motivo di scontro era per esempio la scelta, effettuata ogni anno dal consiglio degli anziani, di tre giovani che, superata la kryptéia, entravano a far parte degli hippéis, i cavalieri. Gli esclusi erano chiamati a vigilare sui loro compagni e a denunciare eventuali infrazioni da loro commesse.

 >> pagina 176 

Il conflitto tra spartiati e iloti

A causa della loro maggioranza numerica, gli iloti erano molto temuti dagli spartiati.
Ribellioni violente si verificarono spesso, e almeno in un caso, durante la seconda guerra messenica, gli iloti messeni, con l’aiuto di alcune città del Peloponneso, rischiarono di provocare la caduta del governo oligarchico. Il timore delle rivolte sociali induceva gli spartiati a un rigido controllo sugli iloti, anche mediante la kryptéia ( Sotto la lente, p. 175), con azioni che avevano lo scopo di mantenere la popolazione in un costante clima di terrore e dissuaderla da ogni velleità di insubordinazione. Secondo lo storico E. Baltrusch, che riprende Plutarco, ogni anno gli «efori dovevano dichiarare formalmente guerra agli iloti, che dunque potevano essere uccisi come bestie in qualsiasi momento». In occasione di alcune rivolte si giunse anche a violente stragi punitive di iloti.
Il sistema politico spartano rimase dunque rigidamente chiuso a ogni allargamento della cittadinanza. Nonostante in alcuni casi gli iloti fossero arruolati nell’esercito per far fronte alle necessità militari, la partecipazione politica rimase loro preclusa. Analoga chiusura fu opposta alle aspirazioni politiche dei perieci, una parte dei quali si era arricchita con le attività mercantili. Grazie ai commerci, i perieci avevano inoltre stabilito contatti con le città greche in cui era forte la rivendicazione di una maggiore partecipazione delle classi inferiori al governo; per timore che queste aspirazioni arrivassero a minacciare il governo oligarchico della città, gli spartiati limitarono l’ascesa economica dei perieci con vincoli di varia natura. Questo atteggiamento di rifiuto di ogni innovazione politica consentì all’oligarchia spartana di mantenere il potere, ma alla lunga rese sempre più difficile reggere il confronto con realtà in rapida trasformazione, di cui il dinamismo di Atene è l’esempio più rilevante.

La vita quotidiana: il modello spartano

Come si è già osservato, le abilità atletiche e guerriere costituivano i valori di riferimento dell’aristocrazia, tanto che un tempo si riteneva che i bambini nati con difetti fisici o giudicati inadatti al combattimento venissero gettati dal monte Taigeto (una pratica che le ricerche più recenti sembrano smentire). All’età di sette anni i giovani spartiati venivano sottratti alle famiglie e avviati a una vita comunitaria, durante la quale erano addestrati all’esercizio fisico e alla pratica della guerra ( Sotto la lente, p. 175). Dai venti ai sessant’anni, ogni spartiate militava in modo permanente nell’esercito, allontanandosi dalla città solo per partecipare a spedizioni militari o ai giochi panellenici. Anche dopo il matrimonio, gli spartiati maschi trascorrevano molto tempo con i commilitoni con i quali, in particolare, consumavano quotidianamente il pasto nel principale momento di vita comunitaria, il syssítion, cui ciascuno contribuiva con la propria parte, portando cioè almeno 3 kg di formaggio, oltre 30 litri di vino, fichi e una quota in denaro.
Anche se non sappiamo molto della vita privata degli Spartani, è possibile affermare che le donne nobili godessero di maggiore autonomia rispetto a quelle delle altre città greche. Anche a Sparta le loro attività erano in gran parte domestiche, ma le incombenze erano alleviate dal fatto che i figli piccoli, come si è visto, da una certa età venivano presi in carico dallo Stato; inoltre, anche alle fanciulle veniva impartita una rigida educazione, analoga a quella maschile, basata sui valori della forza fisica e della guerra, allo scopo di formare generazioni di spartiati forti e coraggiosi.

Terre, mari, idee - volume 1
Terre, mari, idee - volume 1
Dalla preistoria alla crisi di Roma repubblicana