Terre, mari, idee - volume 1

Unità 4 LE ORIGINI E L’ETÀ ARCAICA >> Capitolo 8 – Dal medioevo ellenico alla nascita della pólis

I santuari non erano solo centri religiosi, ma ricoprivano anche funzioni di tipo politico e culturale. Avevano un ruolo di rappresentanza, ostentando la ricchezza delle città che li aveva fatti edificare, e svolgevano un importante ruolo di comunicazione e di mediazione diplomatica tra i diversi centri urbani: non è un caso che spesso attorno a essi si siano formate confederazioni religiose che potevano trasformarsi in vere e proprie alleanze economiche e militari (le citate anfizionie, p. 151). Durante la colonizzazione del Mediterraneo, i santuari furono anche centri di raccolta di informazioni strategiche utili a organizzare l’espansione commerciale e coloniale: le notizie portate dai marinai e dai mercanti che tornavano dai loro viaggi diventavano patrimonio comune per progettare nuove spedizioni.
I santuari più celebri ospitavano inoltre manifestazioni agonistiche e artistiche che arrivavano a coinvolgere l’intero mondo greco. Si trattava di occasioni fondamentali per rinsaldare la coscienza di appartenere a una civiltà culturalmente unitaria, sebbene politicamente frazionata. Il santuario di Olimpia, in particolare, rappresentò il luogo principe di formazione della “grecità”. Dal 776 a.C. – data così importante che in epoca successiva venne fissata come riferimento per il conteggio degli anni –, una volta ogni quattro anni si svolgevano qui grandi feste, le Olimpiadi, con riti religiosi e gare cui partecipavano atleti, cantori e poeti (per lo più membri delle aristocrazie) di tutte le città greche. Le feste si aprivano con lo svolgimento di processioni e rituali, cui seguivano le gare agonistiche: non solo competizioni ginniche, ma anche equestri e musicali, di arte retorica e drammatica (in particolare nei Giochi Pitici, svolti dal 582 a.C. fino al 384 d.C. e che si tenevano negli anni senza Olimpiadi, erano prevalenti le competizioni tra poeti e musicisti). Ogni partecipante gareggiava per esibire i simboli della propria città e per vincere, guadagnando grande prestigio per sé e per la comunità che rappresentava.
Le Olimpiadi non erano l’unica ricorrenza di questo tipo – feste e agoni simili si svolgevano ogni anno in centinaia di città – ma certo erano la più importante, tanto che durante il loro svolgimento veniva dichiarata la sospensione di tutte le ostilità pubbliche e private, una sorta di tregua olimpica definita ekecheiría (che letteralmente significa “trattenere la mano”). In realtà, se in passato questo aspetto delle Olimpiadi è stato particolarmente enfatizzato, oggi si tende a ritenerlo piuttosto uno strumento per assicurare il regolare svolgimento dei giochi, consentendo ad atleti e spettatori di attraversare indisturbati i territori nemici per raggiungere Olimpia.

Il mistero della vita: altre forme di religiosità

La dimensione pubblica non esauriva la religiosità dei Greci. Oltre ai culti istituzionali delle città, che avevano una natura collettiva, esistevano forme di religiosità dal carattere più intimo e personale – come si è visto nel caso della preghiera domestica –, ma anche riti diversi rispetto a quelli “ufficiali”.
Il rapporto del singolo con la divinità non era indirizzato solo a trarre vantaggi nelle attività quotidiane, ma affondava le radici in una mentalità religiosa tendenzialmente pessimistica. La vita, secondo i Greci, aveva un’ineliminabile dimensione di mistero e di fatalità contro cui era vano combattere: la hýbris (“empietà”, “tracotanza“), cioè la pretesa di voler governare l’imprevedibile, era considerata un grave peccato di presunzione, che gli dèi potevano colpire con l’accecamento dell’empio. È una concezione che pone l’accento sull’ineluttabilità del destino e della morte. Alla morte nessuno può sottrarsi (salvo gli dèi), e dal regno dell’aldilà non giunge alcuna consolazione: i defunti sono destinati a vagare nelle tenebre, privi di ogni conforto, a prescindere dalle azioni compiute in vita. Dell’esistenza terrena sopravvive solo il ricordo lasciato ai posteri.
Allo scopo di evocare il “mistero” di ciò che è oltre la vita terrena si svilupparono i riti misterici (da mystérion, “segreto”) legati ai culti della fertilità e alle divinità delle campagne, come Demetra e Dioniso: i misteri eleusini, che avevano luogo a Eleusi, vicino ad Atene, e i misteri dionisiaci, durante i quali i partecipanti, soprattutto donne, raggiungevano uno stato di estasi (trance) indotto da danze frenetiche.

 >> pagina 169 

Dal mito alla filosofia

Fin dall’epoca arcaica, le vicende degli dèi dell’Olimpo e le gesta degli eroi erano state il materiale per un vasto patrimonio di racconti mitici, che avevano segnato profondamente la mentalità e la cultura greche. Attraverso la narrazione di episodi religiosi o fantastici, il mito forniva ai Greci una spiegazione della realtà e un sistema di conoscenze acquisite come vere e certe. Fino all’età ellenistica, mito, conoscenza, storia e memoria formarono, nella mentalità greca, un tutt’uno, senza distinzione tra vicende esclusivamente umane e racconti in cui le forze divine avevano un ruolo decisivo.
Nel VII secolo a.C., però, accanto al mito cominciò ad affermarsi un diverso metodo di ricerca e di trasmissione del sapere: la filosofia. Il termine filosofia (letteralmente “amore per la sapienza”, da philêin, “amare”, e sophía, “sapienza”) comparve più tardi, forse nel V secolo a.C., e i primi protagonisti del pensiero filosofico furono in realtà più “fisiologi” e “fisici” che “filosofi”, in quanto la loro ricerca era volta soprattutto a spiegare l’origine della realtà attraverso l’individuazione di uno o più princìpi fondamentali, rintracciati in elementi naturali (l’acqua, l’aria, la terra, il fuoco) o astratti (i numeri, il mutare delle cose, l’opposizione tra contrari).
Questo nuovo modo di pensare, che per la prima volta opponeva il lógos – cioè il pensiero razionale – al mýthos, non ebbe la sua culla nelle città della Grecia continentale, ma nei territori delle colonie. Nella città ionica di Mileto, in Asia minore, visse il primo filosofo, Talete, nel corso del VII secolo a.C.; a Efeso e a Samo, anch’esse nella Ionia, nacquero Eraclito e Pitagora; quest’ultimo visse poi a Crotone, in Magna Grecia, dove operò anche Parmenide, fondatore di una delle prime scuole filosofiche, quella di Elea (città dell’odierna Campania).

Terre, mari, idee - volume 1
Terre, mari, idee - volume 1
Dalla preistoria alla crisi di Roma repubblicana