Le sensazioni visive (20 settembre 1821)
Da quella parte della mia teoria del piacere dove si mostra come degli oggetti veduti
per metà, o con certi impedimenti ec. ci destino idee indefinite, si spiega perché
piaccia la luce del sole o della luna, veduta in luogo dov’essi non si vedano e non
si scopra la sorgente della luce; un luogo solamente in parte illuminato da essa
5 luce; il riflesso di detta luce, e i vari effetti materiali che ne derivano; il penetrare
di detta luce in luoghi dov’ella divenga incerta e impedita, e non bene si distingua,
come attraverso un canneto, in una selva, per li balconi socchiusi ec. ec.; la detta
luce veduta in luogo, oggetto ec. dov’ella non entri e non percota1 dirittamente,
ma vi sia ribattuta e diffusa da qualche altro luogo od oggetto ec. dov’ella venga a
10 battere; in un andito2 veduto al di dentro o al di fuori, e in una loggia parimente3
ec. quei luoghi dove la luce si confonde ec. ec. colle ombre, come sotto un portico,
in una loggia elevata e pensile, fra le rupi e i burroni, in una valle, sui colli veduti
dalla parte dell’ombra, in modo che ne sieno indorate le cime; il riflesso che produce,
per esempio, un vetro colorato su quegli oggetti su cui si riflettono i raggi
15 che passano per detto vetro; tutti quegli oggetti insomma che per diverse materiali
e menome4 circostanze giungono alla nostra vista, udito ec. in modo incerto, mal
distinto, imperfetto, incompleto, o fuor dell’ordinario ec. Per lo contrario5 la vista
del sole o della luna in una campagna vasta ed aprica,6 e in un cielo aperto ec. è
piacevole per la vastità della sensazione. Ed è pur piacevole per la ragione assegnata
20 di sopra, la vista di un cielo diversamente sparso di nuvoletti, dove la luce del sole
o della luna produca effetti variati, e indistinti, e non ordinari ec. È piacevolissima
e sentimentalissima la stessa luce veduta nelle città, dov’ella è frastagliata dalle
ombre, dove lo scuro contrasta in molti luoghi col chiaro, dove la luce in molte
parti degrada7 appoco appoco, come sui tetti, dove alcuni luoghi riposti nascondono
25 la vista dell’astro luminoso ec. ec. A questo piacere contribuisce la varietà,
l’incertezza, il non veder tutto, e il potersi perciò spaziare coll’immaginazione, riguardo
a ciò che non si vede. Similmente dico dei simili effetti, che producono
gli alberi, i filari, i colli, i pergolati, i casolari, i pagliai, le ineguaglianze del suolo
ec. nelle campagne. Per lo contrario una vasta e tutta uguale pianura, dove la luce
30 si spazi e diffonda senza diversità, né ostacolo; dove l’occhio si perda ec. è pure
piacevolissima, per l’idea indefinita in estensione, che deriva da tal veduta. Così
un cielo senza nuvolo. Nel qual proposito osservo che il piacere della varietà e
dell’incertezza prevale a quello dell’apparente infinità, e dell’immensa uniformità.
E quindi un cielo variamente sparso di nuvoletti, è forse più piacevole di un cielo