che vengono a scemare e quasi annullare il maraviglioso, e per conseguenza il
5 dilettoso dell’imitazione, il quale è tanto essenziale che tolto via, si può dire che
il diletto poetico parte si riduca alla metà, parte al niente. E in oltre imitando la
poesia massime4 romantica infinite cose che in natura non solamente non dilettano
anzi molestano, né possono dilettare altrimenti che imitate,5 il metterci queste
cose avanti agli occhi non tanto imitate quanto vere, non è né bizzarria, né gusto
10 singolare, né stranezza di opinioni, né fierezza né altro, ma pura e pretta6 ignoranza,
e grossezza di cervello.7 Credono i romantici che l’eccellenza della imitazione
si debba stimare solamente secondoch’ella8 è vicina al vero, tanto che cercando lo
stesso vero, si scordano quasi d’imitare, perché il vero non può essere imitazione
di se medesimo. Ma l’imitare semplicemente al vivo, e del resto comeché sia,9 non
15 è pur cosa facile ma triviale: imita ciascuno di noi tutto giorno,10 imita il volgo
principalmente, imitano le bertucce,11 imitava quel buffone di Fedro quanto si può
dire al naturale il grugnito del porco.12 Ma che maraviglia deriva da questa sorta13
d’imitazioni? e quindi che diletto? Se la sentenza dei romantici fosse vera, andrebbe
fatto molto più conto delle balie che dei poeti, e un fantoccio vestito d’abiti
20 effettivi con parrucca, viso di cera, occhi di vetro, varrebbe assai più che una statua
del Canova o una figura di Raffaello. […] Ed io vedo, per esempio, che appresso
i poeti antichi s’incontrano molto di rado quei troncamenti e quelle interruzioni
e sospensioni che i moderni fanno a gara di seminarle da per tutto, empiendo le
pagine di lineette o di punti; perché stimavano che il vero nella poesia non si dovesse
25 introdurre ma imitare, e che l’imitare in guisa14 troppo facile, e uscire dalle
leggi ordinarie della poesia non accrescesse il diletto ma lo scemasse. Talmente
che paragonando la poesia loro a quella statua o figura dipinta ch’io dicea15 poco
sopra, la poesia romantica, la quale imita il calpestio de’ cavalli col trap trap trap, e
il suono de’ campanelli col tin tin tin,16 e così discorrendo, si può molto acconciamente17
30 rassomigliare a quel fantoccio, o volete a un burattino che ha la mobilità
da vantaggio. Che se l’evidenza sola va cercata nelle imitazioni, perché non dismettiamo18
del tutto questa materia disadattissima delle parole e dei versi, e non ci
appigliamo a quella scrittura di certi barbari ch’esprime i concetti dell’animo con
figure in vece di caratteri? anzi perché ciaschedun poeta in cambio di scrivere non
35 inventa qualche bella macchina la quale mediante diversi ingegni metta fuori di
mano in mano19 vedute e figure di qualsivoglia specie, e imiti il suono col suono,
e in breve, rappresentando ordinatamente quello che sarà piaciuto all’inventore,
non operi soltanto nella immaginativa ma eziandio20 ne’ sensi del non più lettore
ma spettatore e uditore e che so io?