Al cuore della letteratura - volume 4

Il primo Ottocento – L'autore: Ugo Foscolo

 T1 

Tutto è perduto

Ultime lettere di Jacopo Ortis, Parte prima


Dopo l’avviso Al lettore di Lorenzo Alderani, l’amico fittizio del protagonista che ne pubblica l’epistolario, il romanzo si apre con la prima lettera di Jacopo (datata 11 ottobre 1797), il quale, rifugiatosi sui colli Euganei per sottrarsi alle persecuzioni contro i patrioti veneziani, prevede la perdita della libertà di Venezia, sacrificata sull’altare delle convenienze politiche, come puntualmente avverrà pochi giorni dopo, in seguito al trattato di Campoformio.

Al lettore
Pubblicando queste lettere, io tento di erigere un monumento alla virtù sconosciuta;1
e di consecrare alla memoria del solo amico mio quelle lagrime, che ora
mi si vieta di spargere su la sua sepoltura. E tu, o Lettore, se uno non sei di coloro
che esigono dagli altri quell’eroismo di cui non sono eglino2 stessi capaci, darai,
5 spero, la tua compassione al giovine infelice dal quale potrai forse trarre esempio
e conforto.


Lorenzo Alderani

Da’ colli Euganei, 11 Ottobre 1797
Il sacrificio della patria nostra3 è consumato: tutto è perduto; e la vita, seppure ne
verrà concessa,4 non ci resterà che per piangere le nostre sciagure, e la nostra infamia.
Il mio nome è nella lista di proscrizione,5 lo so: ma vuoi tu ch’io per salvarmi
da chi m’opprime mi commetta6 a chi mi ha tradito? Consola mia madre: vinto
5 dalle sue lagrime le ho obbedito, e ho lasciato Venezia per evitare le prime persecuzioni,
e le più feroci. Or dovrò io abbandonare anche questa mia solitudine antica,7
dove, senza perdere dagli occhi il mio sciagurato paese,8 posso ancora sperare
qualche giorno di pace? Tu mi fai raccapricciare,9 Lorenzo; quanti sono dunque
gli sventurati? E noi, purtroppo, noi stessi italiani ci laviamo le mani nel sangue
10 degl’italiani.10 Per me segua che può.11 Poiché ho disperato e della mia patria e di
me, aspetto tranquillamente la prigione e la morte. Il mio cadavere almeno non
cadrà fra le braccia straniere; il mio nome sarà sommessamente compianto da’
pochi uomini, compagni delle nostre miserie; e le mie ossa poseranno12 su la terra
de’ miei padri.

 >> pag. 72 

      Dentro il testo

I contenuti tematici

La prefazione dell’amico fittizio di Jacopo, Lorenzo Alderani, riassume il destino del protagonista anticipandone la fine tragica. La situazione rimanda in modo particolarmente significativo al modello di Alfieri: anche qui, come nel dialogo alfieriano La virtù sconosciuta, la storia di un eroe sconosciuto diventa monito ed esempio per un popolo intero e una generazione sconfitta. Si parla di monumento (r. 1), quindi della costruzione di un edificio letterario alla memoria, simbolico ed emblematico, ma anche di conforto (r. 6), perché la triste storia di un giovane coraggioso e fiero può confortare, appunto, altri animi che anelano alla libertà e alla lotta contro i soprusi.

Il romanzo si apre con un doppio addio: il congedo di Lorenzo dall’amico Jacopo e quello di Jacopo stesso dalle sue speranze. Con il trattato di Campoformio (che verrà ratificato sei giorni dopo la scrittura della lettera, il 17 ottobre 1797) Napoleone Bonaparte consegnava infatti all’Austria la Repubblica veneta, in cambio della Lombardia.
Il protagonista della narrazione cede all’idea della morte. La sua prima lettera è firmata a ottobre, a differenza del maggio primaverile in cui si apre il romanzo I dolori del giovane Werther: mentre l’eroe goethiano si avvicinava gradualmente alla soluzione estrema, Ortis ha già deciso, piegato dal destino avverso. Tutte le vicende che seguiranno, fino al suicidio, non faranno che ritardare una scelta già compiuta nel momento stesso in cui egli capisce che la sua lotta è stata vana. L’implacabile sentenza con cui si apre la lettera (Il sacrificio della patria nostra è consumato, r. 1) suggella «con l’eco funeraria di un linguaggio biblico il senso irrimediabile di una catastrofe, in cui la vicenda è immediatamente immersa» (Palumbo).

Le scelte stilistiche

La varietà di registri stilistici dell’opera si nota già nelle diverse intonazioni dell’avviso Al lettore di Lorenzo Alderani e della prima lettera di Jacopo. L’appello iniziale ha le caratteristiche di un’epigrafe antica, il suo stile è misurato, grave, anche enfatico ma composto.
La voce di Ortis risuona, invece, immediatamente riconoscibile, nel succedersi oratorio e febbrile dei brevi periodi: la scrittura è nervosa, la punteggiatura fitta, abbondano gli aggettivi possessivi e l’uso dei pronomi personali per rimarcare il coinvolgimento emotivo (nostra/e, mio/a; ci, mi, io, tu), il ritmo è incalzante, spezzato e concitato (Il sacrificio […] è consumato; tutto è perduto; non ci resterà che, rr. 1-2); le idee si aggiungono l’una all’altra con lapidaria sentenziosità, creando nel discorso un effetto di ridondanza, riprese e brusche interruzioni.
La distanza dall’archetipo goethiano anche su questo versante è evidente: mentre il romanzo di Werther è condotto tutto sul piano della quotidianità, l’Ortis insegue da subito un livello di solenne eccezionalità, insistendo su quella ricerca del patetico e del sublime che risuonerà, come vedremo, anche nei sonetti e che meglio si presta secondo l’autore a esprimere l’inquietudine e l’angoscia dell’uomo solo e perseguitato dal destino.

      Verso le competenze

COMPRENDERE

1 Per quale ragione Lorenzo Alderani ha deciso di pubblicare le lettere dell’amico?


2 Riassumi il contenuto della prima lettera di Jacopo in circa 5 righe.


3 Quali espressioni soprattutto conferiscono alla lettera il suo tono drammatico ed enfatico?

ANALIZZARE

4 Individua le allocuzioni dirette di Jacopo all’interlocutore.


5 Quali effetti ottengono i periodi brevi e asciutti scritti da Jacopo?


6 Il lessico è connotato in senso negativo. Individua i campi semantici prevalenti e indica, per ciascuno di essi, alcuni termini significativi.

INTERPRETARE

7 Quale significato si può attribuire al continuo passaggio dalla prima persona singolare alla prima plurale?


8 Nello stile della prima lettera si manifestano già alcuni tratti dell’indole e della psicologia di Jacopo. Indica quali, facendo opportuni riferimenti al testo.


9 Quali aspetti tipici dell’eroe romantico affiorano dalla prima lettera del protagonista?

PRODURRE

La tua esperienza

10 Adottando uno stile il più possibile vicino a quello foscoliano, scrivi una lettera di circa 20 righe a un amico su una questione di ordine civile, politico o di attualità che ti sta particolarmente a cuore.


 >> pag. 73 

 T2 

La vita è un «ingannevole sogno»

Ultime lettere di Jacopo Ortis, Parte prima


Dopo aver compreso che Teresa, la donna amata, non potrà essere sua, Jacopo inizia il proprio vagabondaggio nelle campagne dei colli Euganei, dove la contemplazione del paesaggio gli ispira riflessioni amare sul destino umano.

Da’ colli Euganei, 19 Gennajo 1798
Umana vita? sogno; ingannevole sogno al quale noi pur diam sì gran prezzo,1
siccome le donnicciuole2 ripongono la loro ventura3 nelle superstizioni e ne’ presagj!
Bada;4 ciò cui tu stendi avidamente la mano è un’ombra forse, che mentre
è a te cara, a tal altro è nojosa.5 Sta dunque tutta la mia felicità nella vota6 apparenza
5 delle cose che ora m’attorniano; e s’io cerco alcun che di reale,7 o torno a
ingannarmi, o spazio attonito e spaventato nel nulla!8 Io non lo so; ma, per me,
temo che Natura abbia costituito la nostra specie quasi minimo anello passivo9
dell’incomprensibile suo sistema, dotandone di cotanto10 amor proprio, perché il
sommo timore e la somma speranza creandoci nella immaginazione una infinita
10 serie di mali e di beni, ci tenessero pur sempre affannati di questa esistenza breve,
dubbia,11 infelice. E mentre noi serviamo ciecamente al suo fine, essa ride del nostro
orgoglio che ci fa reputare12 l’universo creato solo per noi, e noi soli degni e
capaci di dar leggi al creato.

 >> pag. 74 

Andava dianzi perdendomi per le campagne, inferrajuolato13 sino agli occhi,
15 considerando lo squallore della terra tutta sepolta sotto le nevi, senza erba né fronda
che mi attestasse le sue passate dovizie.14 Né potevano gli occhi miei lungamente
fissarsi su le spalle de’ monti, il vertice15 de’ quali era immerso in una negra
nube di gelida nebbia che piombava ad accrescere il lutto dell’aere freddo ed ottenebrato.
E parevami vedere quelle nevi disciogliersi e precipitare a16 torrenti che
20 innondavano il piano, trascinandosi impetuosamente piante, armenti,17 capanne,
e sterminando in un giorno le fatiche di tanti anni, e le speranze di tante famiglie.
Trapelava di quando in quando un raggio di Sole, il quale quantunque restasse poi
soverchiato dalla caligine,18 lasciava pur divedere19 che sua mercé soltanto il mondo
non era dominato da una perpetua notte profonda. Ed io rivolgendomi a quella
25 parte di cielo che albeggiando manteneva ancora le tracce del suo splendore: – O
Sole, diss’io, tutto cangia quaggiù! E verrà giorno che Dio ritirerà il suo sguardo
da te, e tu pure sarai trasformato; né più allora le nubi corteggeranno20 i tuoi raggi
cadenti; né più l’alba inghirlandata di celesti rose verrà cinta di un tuo raggio su
l’oriente ad annunziar che tu sorgi. Godi intanto della tua carriera,21 che sarà forse
30 affannosa, e simile a questa dell’uomo; tu ’l vedi; l’uomo non gode de’ suoi giorni;
e se talvolta gli è dato di passeggiare per li fiorenti prati d’Aprile, dee22 pur sempre
temere l’infocato aere dell’estate, e il ghiaccio mortale del verno.

      Dentro il testo

I contenuti tematici

L’esistenza umana è un sogno ingannevole e la natura è indifferente alla nostra sorte. Questo concetto antico, presente nella tradizione occidentale come in quella orientale, viene ripreso da Foscolo che ha ben presenti sia le famose parole di William Shakespeare («Noi siamo della stessa materia di cui sono fatti i sogni, e la nostra piccola vita è circondata di sonno», dice il saggio mago Prospero nella Tempesta), sia l’altrettanto famosa opera del drammaturgo spagnolo Pedro Calderón de la Barca, dal titolo La vita è sogno (1635). Le cose a cui teniamo di più, i nostri ideali al pari di tutto ciò che possediamo nella vita, hanno semplicemente – e tragicamente – la consistenza di ombre. L’illusione è menzognera, ci fa credere in un mondo che non esiste ed è solo lo specchio delle nostre aspettative più profonde, che non trovano alcun riscontro nella realtà.

All’interno di una concezione della vita materialistica e meccanicistica di stampo illuministico, la natura è la grande colpevole, preoccupata solo di governare il mondo all’interno di un ciclo di produzione e distruzione: essa ha creato la stirpe umana quasi minimo anello passivo dell’incomprensibile suo sistema (rr. 7-8). Jacopo (esprimendo direttamente le idee dell’autore) non parla di Dio ma di una forza impersonale, che ha generato esseri mortali come anelli di una catena meccanica, minuscoli e ciecamente asserviti a un fine che non conoscono.
Gli individui della specie umana hanno in più un difetto gravissimo, che nella Grecia antica si identificava con il peccato di hybris, un insieme di orgoglio, tracotanza, brama di autoaffermazione e sfida rivolta contro volontà superiori (il destino, gli dèi stessi), con le quali è persino ridicolo mettersi a confronto, tanto gli uomini sono miseri, inermi e soli.

 >> pag. 75 

Le scelte stilistiche

Umana vita? sogno: l’inizio della lettera introduce il lettore nel mezzo di una meditazione già iniziata, che si può quindi immaginare come persistente nell’animo irrequieto di Jacopo. L’andamento del discorso è quello di un monologo drammatico, in cui all’intonazione meditativa iniziale, scandita da un periodare ampio e complesso e suggerita anche dall’uso del tempo presente, ne subentra nella seconda parte una più narrativa, contrassegnata dall’imperfetto. Nelle righe conclusive (in cui l’autore rielabora i versi di una poesia giovanile, Al Sole, composta nel 1797), invece, le immagini si fanno più liriche, con l’invocazione al Sole che si apre al tono profetico, sottolineato dalla presenza dei verbi al futuro.

      Verso le competenze

COMPRENDERE

1 Riassumi il contenuto della lettera in circa 5 righe.

ANALIZZARE

2 Nel primo paragrafo Jacopo fa uso di un climax. Individualo.


3 Descrivi le caratteristiche del paesaggio ed evidenzia gli elementi preromantici che è possibile cogliervi.

INTERPRETARE

4 Che cosa intende Foscolo con la frase l’uomo non gode de’ suoi giorni (r. 30)?


5 La specie umana viene definita un minimo anello passivo (r. 7) nel sistema della natura. Spiega questa espressione, soffermandoti in particolare sul significato dell’aggettivo passivo.

PRODURRE

6 Le righe finali (rr. 25-32) richiamano la canzone giovanile Al Sole. Leggi la poesia contenuta nel libro digitale e commenta, in un testo espositivo-argomentativo di circa 20 righe, analogie e differenze.


 T3 

L’amore di Teresa

Ultime lettere di Jacopo Ortis, Parte prima


Durante una passeggiata sui monti, mentre la Luna sorge all’orizzonte, Jacopo incontra Teresa, che gli parla della passione di Petrarca per Laura e accende nel cuore dell’innamorato il sentimento struggente di una profonda affinità. I due si siedono sotto un grande gelso e si scambiano un bacio, che trasforma l’animo del giovane, il quale sente improvvisamente la natura e la vita stessa trasfigurarsi ai suoi occhi. Riportiamo qui le tre lettere in cui il protagonista racconta l’avvenimento all’amico e descrive gli effetti che esso ha prodotto nel suo animo.

 >> pag. 76 

14 Maggio, ore 11
Sì, Lorenzo! – dianzi io meditai di tacertelo – or odilo, la mia bocca è tuttavia rugiadosa
– d’un suo bacio – e le mie guance sono state innondate dalle lagrime di Teresa.
Mi ama – lasciami, Lorenzo, lasciami in tutta l’estasi di questo giorno di paradiso.

14 Maggio, a sera
O quante volte ho ripigliato la penna, e non ho potuto continuare: mi sento un
5 po’ calmato e torno a scriverti. – Teresa giacea sotto il gelso – ma e che posso dirti
che non sia tutto racchiuso in queste parole? Vi amo. A queste parole tutto ciò ch’io
vedeva mi sembrava un riso dell’universo: io mirava con occhi di riconoscenza il
cielo, e mi parea ch’egli si spalancasse per accoglierci! deh! a che1 non venne la
morte? e l’ho invocata. Sì; ho baciato Teresa; i fiori e le piante esalavano in quel
10 momento un odore soave; le aure erano tutte armonia; i rivi risuonavano da lontano;
e tutte le cose s’abbellivano allo splendore della Luna che era tutta piena della
luce infinita della Divinità.2 Gli elementi e gli esseri esultavano nella gioja di due
cuori ebbri di amore – ho baciata e ribaciata quella mano – e Teresa mi abbracciava
tutta tremante,3 e trasfondea4 i suoi sospiri nella mia bocca, e il suo cuore palpitava
15 su questo petto: mirandomi co’ suoi grandi occhi languenti, mi baciava, e le sue
labbra umide, socchiuse mormoravano su le mie – ahi! che ad un tratto mi si è
staccata dal seno quasi atterrita: chiamò sua sorella e s’alzò correndole incontro.
Io me le sono prostrato,5 e tendeva le braccia come per afferrar le sue vesti – ma
non ho ardito di rattenerla, né richiamarla. La sua virtù – e non tanto la sua virtù,
20 quanto la sua passione, mi sgomentava: sentiva6 e sento rimorso di averla io primo
eccitata nel suo cuore innocente. Ed è rimorso – rimorso di tradimento! Ahi mio
cuore codardo! – Me le sono accostato tremando. – Non posso essere vostra mai!
– e pronunciò queste parole dal cuore profondo e con una occhiata con cui parea
rimproverarsi e compiangermi. Accompagnandola lungo la via, non mi guardò
25 più; né io avea più cuore di dirle parola. Giunta alla ferriata7 del giardino mi prese
di mano la Isabellina8 e lasciandomi: Addio, diss’ella; e rivolgendosi dopo pochi
passi, – addio.
Io rimasi estatico: avrei baciate l’orme de’ suoi piedi: pendeva un suo braccio, e
i suoi capelli rilucenti al raggio della Luna svolazzavano mollemente: ma poi, appena
30 appena il lungo viale e la fosca ombra degli alberi mi concedevano di travedere9
le ondeggianti sue vesti che da lontano ancor biancheggiavano; e poiché l’ebbi
perduta, tendeva l’orecchio sperando di udir la sua voce. – E partendo, mi volsi con
le braccia aperte, quasi per consolarmi, all’astro di Venere: era anch’esso sparito.

15 Maggio
Dopo quel bacio io son fatto divino.10 Le mie idee sono più alte e ridenti, il mio
35 aspetto più gajo, il mio cuore più compassionevole.11 Mi pare che tutto s’abbellisca

 >> pag. 77 

a’ miei sguardi; il lamentar degli augelli,12 e il bisbiglio de’ zefiri13 fra le frondi son
oggi più soavi che mai; le piante si fecondano, e i fiori si colorano sotto a’ miei
piedi;14 non fuggo più gli uomini, e tutta la Natura mi sembra mia. Il mio ingegno
è tutto bellezza e armonia. Se dovessi scolpire o dipingere la Beltà, io sdegnando15
40 ogni modello terreno la troverei nella mia immaginazione. O Amore! le arti belle
sono tue figlie; tu primo hai guidato su la terra la sacra poesia, solo alimento degli
animali generosi che tramandano dalla solitudine i loro canti sovrumani sino alle
più tarde generazioni, spronandole con le voci e co’ pensieri spirati dal cielo ad
altissime imprese: tu raccendi ne’ nostri petti la sola virtù utile a’ mortali, la Pietà,
45 per cui sorride talvolta il labbro16 dell’infelice condannato ai sospiri: e per te rivive
sempre il piacere fecondatore degli esseri, senza del quale tutto sarebbe caos e
morte. Se tu fuggissi, la Terra diverrebbe ingrata;17 gli animali, nemici fra loro; il
Sole, foco malefico; e il Mondo, pianto, terrore e distruzione universale. Adesso
che l’anima mia risplende di un tuo raggio, io dimentico le mie sventure; io rido
50 delle minacce della fortuna, e rinunzio alle lusinghe dell’avvenire.18 – O Lorenzo!
sto spesso sdrajato su la riva del lago de’ cinque fonti19 mi sento vezzeggiare20 la
faccia e le chiome dai venticelli che alitando21 sommovono l’erba, e allegrano i fiori,
e increspano le limpide acque del lago. Lo credi tu? io delirando deliziosamente
mi veggo dinanzi le Ninfe22 ignude, saltanti,23 inghirlandate di rose, e invoco in
55 lor compagnia le Muse e l’Amore; e fuor dei rivi che cascano sonanti e spumosi,
vedo uscir sino al petto con le chiome stillanti24 sparse su le spalle rugiadose, e con
gli occhi ridenti le Najadi,25 amabili custodi delle fontane. Illusioni! grida il filosofo.
– Or non è tutto illusione? tutto! Beati gli antichi che si credeano degni de’
baci delle immortali dive del cielo; che sacrificavano alla Bellezza e alle Grazie; che

 >> pag. 78 

60 diffondeano lo splendore della divinità su le imperfezioni dell’uomo,26 e che trovavano
il Bello ed il Vero accarezzando gli idoli27 della lor fantasia! Illusioni! ma
intanto senza di esse io non sentirei la vita che nel dolore, o (che mi spaventa ancor
più) nella rigida e nojosa indolenza: e se questo cuore non vorrà più sentire,28 io
me lo strapperò dal petto con le mie mani, e lo caccerò come un servo infedele.

      Dentro il testo

I contenuti tematici

Il bacio di Teresa sconvolge Jacopo, che ne descrive gli effetti all’amico, in un crescendo di reazioni scatenate dall’amore e ora rappresentate con un ritmo frenetico, addirittura convulso, provocato da un’emozione prepotente. La sera stessa, Jacopo riflette sull’accaduto e rende partecipe il suo confidente dell’evolversi della vicenda, analizzando gli episodi della giornata con psicologia sottile ed estrema partecipazione: oltre al trasporto emotivo del protagonista, alle sue esitazioni e alla sua veemenza, scopriamo però, in controluce, anche la complessa personalità di Teresa, donna angelicata nella migliore tradizione stilnovista (come indicano i suoi tremori e sospiri, r. 14), ma anche figura dotata di passioni capaci di travalicare ogni convenzione sociale e familiare (il suo ardore romantico è espresso con palpiti e languori, rr. 14-15).
La seconda lettera (14 Maggio, a sera) è percorsa dai sentimenti che si avvicendano: la natura sembra partecipare all’estasi di Jacopo, l’intero universo sorride, in quella sorta di simbiotico rispecchiamento tra paesaggio e stato d’animo che è uno dei tratti tipici della sensibilità romantica. Al tempo stesso, però, Jacopo è turbato, teme di violare il “cuore innocente” di Teresa, avverte che la propria felicità non può essere slegata dal dolore e dall’imminenza della morte, in un triste presentimento che la verità si incarica subito di confermare quando Teresa gli dice: Non posso essere vostra mai! (r. 22).

La consapevolezza dell’irrealizzabilità dell’amore non cancella però la percezione della sua forza irresistibile. Nella lettera del giorno successivo il senso di pienezza che il sentimento trasmette rende la realtà molto diversa da come fino a quel momento è apparsa a Jacopo. Gli effetti del bacio lo portano a sperimentare appieno la potenza dell’amore descritta nella tradizione lirica: l’innamorato che si identifica con la stagione primaverile, la passione che ispira la poesia, l’amore che anima il cosmo e diventa principio di eroismo (le altissime imprese, r. 44), di umanità (la Pietà, r. 44), di vita stessa. Tutta la Natura mi sembra mia. Il mio ingegno è tutto bellezza e armonia (rr. 38-39), confessa il protagonista, che vede il suo destino rasserenarsi e il mondo popolarsi di presenze divine dell’antica tradizione pagana. Tutta la seconda parte della lettera del 15 maggio evoca le ombre gentili della mitologia: Ninfe, Muse, Naiadi appaiono a Jacopo che sta delirando deliziosamente (r. 53). Appaiono anche le Grazie, prefigurando il poema che Foscolo comporrà dieci anni dopo, già associate nel pensiero del protagonista al Bello e al Vero, che l’uomo può scoprire contemplando gli idoli della lor fantasia (r. 61).

Recuperando, secondo lo spirito neoclassico, i valori della bellezza e dell’armonia – e al contempo polemizzando con i filosofi, che con atteggiamento raziocinante condannano i frutti dell’immaginazione poetica – Foscolo ragiona qui proprio sulla potenza salvifica delle illusioni come risarcimento dal dolore provocato dalla Storia: esattamente allo stesso modo degli antichi, i quali, grazie al conforto della fantasia, erano in grado di vincere i limiti umani. Le illusioni peraltro non costituiscono una fuga dal mondo o un viatico per evadere nella dimensione astratta e consolatoria del sogno, ma al contrario rappresentano lo strumento (l’unico concesso all’uomo) per attivare le forze creative e un’energia indomita senza la quale la vita sarebbe ridotta a pianto, terrore e distruzione universale (r. 48). Si avverte qui una critica del razionalismo illuministico, colpevole, con la sua fredda analisi del reale, di evidenziare il dolore dell’esistenza umana, spegnendo ogni illusione e condannando quindi l’individuo alla noia e alla rassegnazione.

 >> pag. 79 

Le scelte stilistiche

Jacopo non riesce a raccontare in modo puntuale e razionale ciò che è accaduto: ha bisogno di scrivere tre lettere il 14 (la prima, che non abbiamo riportato, costituisce una sorta di preambolo narrativo al bacio) e poi un’altra, il giorno immediatamente successivo, per fermare il prorompere della passione amorosa e descrivere l’impatto che essa ha avuto su di lui. Il breve biglietto inviato all’amico (14 Maggio, ore 11) comunica tutta la sua eccitazione, che egli chiede di non turbare (lasciami, Lorenzo, lasciami in tutta l’estasi di questo giorno di paradiso, r. 3). Ma anche la lettera successiva (14 Maggio, a sera) svela la sua tensione emotiva, enfatizzata da interrogative, esclamative, interiezioni (deh, r. 8; ahi, r. 16).
L’enfasi non diminuisce nemmeno il giorno successivo, quando l’autore esprime, con entusiastica commozione, il palpito dei sensi e della mente (divino, r. 34; alte e ridenti, r. 34; gajo, r. 35: sono solo alcuni degli aggettivi che troviamo nelle prime frasi). Anche in questo caso, la componente sentimentale traspare chiaramente sulla pagina, puntellata com’è da esclamazioni (O Amore!, r. 40; O Lorenzo!, r. 50; Illusioni! Grida il filosofo, r. 57; tutto! Beati gli antichi, r. 58) e da domande retoriche (Lo credi tu?, r. 53; Or non è tutto illusione?, r. 58). L’emozione raggiunge infine il culmine con l’immagine conclusiva: se questo cuore non vorrà più sentire, io me lo strapperò dal petto con le mie mani (rr. 63-64).

      Verso le competenze

COMPRENDERE

1 Dai un titolo a ciascuna delle tre lettere presentate.


2 All’inizio della lettera del 15 maggio Jacopo descrive gli effetti del bacio sulla propria percezione di sé e della natura. Riassumili in un linguaggio corrente.

ANALIZZARE

3 Che tipo di lessico utilizza Jacopo in queste lettere?


4 Quali dettagli fisici ci vengono mostrati di Teresa? E qual è il suo comportamento? Dopo avere individuato tutte le espressioni che la riguardano, analizzale e prova a costruire un ritratto della donna.


5 L’espressione delirando deliziosamente (r. 53) presenta contemporaneamente due figure retoriche. Quali?


6 Elenca tutti gli aggettivi che connotano positivamente la condizione interiore di Jacopo.


7 Nella descrizione della natura compaiono elementi tipici sia della sensibilità neoclassica sia di quella preromantica. Elencali nella tabella.


Elementi neoclassici
Elementi preromantici
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

INTERPRETARE

8 In che senso gli antichi vengono definiti Beati (r. 58)? Quale capacità li differenzia dai moderni?

PRODURRE

9 In queste lettere emerge chiaramente la funzione delle illusioni esercitata, secondo Foscolo, nella vita umana. Facendo diretto riferimento al racconto e alle considerazioni di Jacopo, ragiona sull’argomento in un testo di circa 25 righe.


Al cuore della letteratura - volume 4
Al cuore della letteratura - volume 4
Il primo Ottocento