Assorto nel continuo tormento di quella sua sciagurata esistenza, assorto tutto
il giorno nei conti del suo ufficio, senza mai un momento di respiro, come
una bestia bendata, aggiogata alla stanga d’una nòria14 o d’un molino, sissignori,
s’era dimenticato da anni e anni – ma proprio dimenticato – che il mondo
155 esisteva.
Due sere avanti, buttandosi a dormire stremato su quel divanaccio, forse per
l’eccessiva stanchezza, insolitamente, non gli era riuscito d’addormentarsi subito.
E, d’improvviso, nel silenzio profondo della notte, aveva sentito, da lontano, fischiare
un treno.
160 Gli era parso che gli orecchi, dopo tant’anni, chi sa come, d’improvviso gli si
fossero sturati.
Il fischio di quel treno gli aveva squarciato e portato via d’un tratto la miseria
di tutte quelle sue orribili angustie, e quasi da un sepolcro scoperchiato s’era ritrovato
a spaziare anelante nel vuoto arioso del mondo che gli si spalancava enorme
165 tutt’intorno.
S’era tenuto istintivamente alle coperte che ogni sera si buttava addosso, ed era
corso col pensiero dietro a quel treno che s’allontanava nella notte.
C’era, ah! c’era, fuori di quella casa orrenda, fuori di tutti i suoi tormenti,
c’era il mondo, tanto, tanto mondo lontano, a cui quel treno s’avviava… Firenze,
170 Bologna, Torino, Venezia… tante città, in cui egli da giovine era stato e che
ancora, certo, in quella notte sfavillavano di luci sulla terra. Sì, sapeva la vita che
vi si viveva! La vita che un tempo vi aveva vissuto anche lui! E seguitava, quella
vita; aveva sempre seguitato, mentr’egli qua, come una bestia bendata, girava la
stanga del molino. Non ci aveva pensato più! Il mondo s’era chiuso per lui, nel
175 tormento della sua casa, nell’arida, ispida angustia della sua computisteria… Ma
ora, ecco, gli rientrava, come per travaso violento, nello spirito. L’attimo, che
scoccava per lui, qua, in questa sua prigione, scorreva come un brivido elettrico
per tutto il mondo, e lui con l’immaginazione d’improvviso risvegliata poteva,
ecco, poteva seguirlo per città note e ignote, lande, montagne, foreste, mari…
180 Questo stesso brivido, questo stesso palpito del tempo. C’erano, mentr’egli qua
viveva questa vita «impossibile», tanti e tanti milioni d’uomini sparsi su tutta
la terra, che vivevano diversamente. Ora, nel medesimo attimo ch’egli qua soffriva,
c’erano le montagne solitarie nevose che levavano al cielo notturno le azzurre
fronti… Sì, sì, le vedeva, le vedeva, le vedeva così… c’erano gli oceani… le
185 foreste…
E, dunque, lui – ora che il mondo gli era rientrato nello spirito – poteva in
qualche modo consolarsi! Sì, levandosi ogni tanto dal suo tormento, per prendere
con l’immaginazione una boccata d’aria nel mondo.
Gli bastava!
190 Naturalmente, il primo giorno, aveva ecceduto. S’era ubriacato. Tutto il mondo,
dentro d’un tratto: un cataclisma. A poco a poco, si sarebbe ricomposto. Era
ancora ebro della troppa troppa aria, lo sentiva.
Sarebbe andato, appena ricomposto del tutto, a chiedere scusa al capo-ufficio,
e avrebbe ripreso come prima la sua computisteria. Soltanto, il capo-ufficio ormai