La poetica dell’umorismo

Il primo Novecento – L'autore: Luigi Pirandello

3 I grandi temi

La poetica dell'umorismo

Alla base della poetica pirandelliana risiede una precisa concezione dell’umorismo, enunciata in vari saggi, ma soprattutto nel testo teorico intitolato appunto L’umorismo (1920). Tale concezione poggia sull’idea che la realtà non si riduce all’apparenza, alle sue manifestazioni oggettive, ma contiene un lato nascosto, impossibile da cogliere al primo sguardo. Nulla è veramente come sembra: sotto la superficie delle cose si trova un contenuto che smentisce quel primo sguardo. Il compito dell’arte consiste proprio nello svelare questa duplicità di fondo: essa deve scavare nella zona oscura dell’esistenza per metterla in risalto e mostrarne le storture. Affinché ciò avvenga, è necessario rinunciare all’armonia formale e strutturale dell’estetica classica: in un mondo senza coerenza, l’arte contemporanea, secondo Pirandello, non può che essere paradossale e incongruente.

Il non senso della vita può essere percepito soltanto attraverso la riflessione, che fa vedere con occhio critico e distante un fenomeno dapprima vissuto in modo diretto e spontaneo mostrando che non esistono vere certezze.
È da queste premesse che Pirandello giunge alla definizione dell’umorismo come «sentimento del contrario». Illuminante, a tale proposito, è il famoso esempio della «vecchia imbellettata», introdotto nella seconda edizione del saggio: un’anziana signora che si agghinda come una giovane donna suscita in chi la osserva, come prima reazione, il riso (► T1, p. 577). Questo è ciò che Pirandello chiama «avvertimento del contrario»: ci si rende conto che la vecchia imbellettata appare il contrario di quello che dovrebbe essere. Ma se a questo primo sguardo subentra la riflessione, cioè se si pensa alle ragioni nascoste del suo comportamento – forse la donna non è a suo agio così agghindata, ma lo fa per esempio per compiacere un marito più giovane –, ecco che si insinua un più profondo senso di compassione, che Pirandello chiama il «sentimento del contrario».
Per sostenere la sua tesi, l’autore propone anche altri riferimenti; uno dei più illustri è quello del Don Chisciotte di Cervantes. Chi legge le bizzarre avventure di questo cavaliere è portato, in un primo momento, a soffermarsi sugli aspetti comici della vicenda: avverte – e ne ride – che una persona normale non dovrebbe comportarsi in modo così folle. Tuttavia, riflettendo in modo più appropriato, la prima impressione sfuma e si stempera in un sentimento di pietà dolente per un eroe fuori tempo, che aspira a emulare i grandi personaggi di una realtà tramontata per sempre (quella dell’epopea cavalleresca) ma che egli crede ancora presente.

Il «sentimento del contrario» consiste dunque nella capacità, non a tutti concessa, di vedere il lato tragico di una situazione comica, oppure, viceversa, l’aspetto ridicolo di una vicenda drammatica. Questo atteggiamento implica il dubbio e la consapevolezza della pluralità dei giudizi possibili su ciò che ci circonda; implica, in altre parole, una lettura della realtà improntata al relativismo: una visione non univoca del mondo, ma che anzi è in grado di coglierne le sfumature, demistificando fedi religiose, valori etici e ideologie politiche consolidate, e al tempo stesso denunciando il carattere fittizio di certezze e convenzioni individuali e sociali. Il concetto di verità nel suo valore assoluto è in tal modo messo in discussione: la modernità, con le sue contraddizioni, non può essere più descritta in modo uniforme né ricomposta entro gli schemi razionali promossi dal Positivismo.

 >> pag. 577 

Nell’opera pirandelliana, forse solo l’ultima fase della produzione teatrale, quella “mitica”, può dirsi non condizionata dalla poetica dell’umorismo. Tutti i romanzi, fatta eccezione per Suo marito e, in parte, per I vecchi e i giovani, sviluppano infatti il carattere spiazzante del «sentimento del contrario», in particolare Il fu Mattia Pascal e Uno, nessuno e centomila. Anche novelle come La patente, Il treno ha fischiato, La vita nuda, Ciàula scopre la luna, e molte altre, si collegano alla visione di Pirandello. Per quanto riguarda il teatro, si pensi soprattutto a Il giuoco delle parti, Il piacere dell’onestà o Così è (se vi pare). L’opera più vicina ai contenuti del saggio è comunque, anche in termini cronologici, Il fu Mattia Pascal, in cui si trovano i fondamenti dell’estetica umoristica elaborati in chiave narrativa.

 T1 

Il segreto di una bizzarra vecchietta

L’umorismo, parte II, capp. 2-6


Presentiamo alcuni passi tratti dalla seconda parte del saggio L’umorismo, in cui vengono toccati i punti salienti della poetica pirandelliana. Centrale è il passo della «vecchia imbellettata», seguito da considerazioni più ampie sulla funzione della riflessione e sull’identità plurima dei personaggi della vita reale e della letteratura.

Ordinariamente […] l’opera d’arte è creata dal libero movimento della vita interiore
che organa1 le idee e le immagini in una forma armoniosa, di cui tutti gli
elementi han corrispondenza tra loro e con l’idea-madre che le coordina. La riflessione,
durante la concezione, come durante l’esecuzione dell’opera d’arte, non
5 resta certamente inattiva: assiste al nascere e al crescere dell’opera, ne segue le fasi
progressive e ne gode, raccosta i varii elementi, li coordina, li compara. […]
Questo, ordinariamente. Vediamo adesso se, per la natural disposizione d’animo
di quegli scrittori che si chiamano umoristi e per il particolar modo che essi
hanno di intuire e di considerar gli uomini e la vita, questo stesso procedimento
10 avviene nella concezione delle loro opere; se cioè la riflessione vi tenga la parte che
abbiamo or ora descritto, o non vi assuma piuttosto una speciale attività.
Ebbene, noi vedremo che nella concezione di ogni opera umoristica, la riflessione
non si nasconde, non resta invisibile, non resta cioè quasi una forma del sentimento,
quasi uno specchio in cui il sentimento si rimira; ma gli si pone innanzi,
15 da giudice; lo analizza, spassionandosene; ne scompone l’immagine; da questa
analisi però, da questa scomposizione, un altro sentimento sorge o spira: quello
che potrebbe chiamarsi, e che io difatti chiamo il sentimento del contrario.
Vedo una vecchia signora, coi capelli ritinti, tutti unti non si sa di quale orribile
manteca,2 e poi tutta goffamente imbellettata e parata d’abiti giovanili. Mi metto
20 a ridere. Avverto che quella vecchia signora è il contrario di ciò che una vecchia rispettabile
signora dovrebbe essere. Posso così, a prima giunta e superficialmente,
arrestarmi a questa impressione comica. Il comico è appunto un avvertimento del
contrario
. Ma se ora interviene in me la riflessione, e mi suggerisce che quella vecchia
signora non prova forse nessun piacere a pararsi così come un pappagallo, ma
25 che forse ne soffre e lo fa soltanto perché pietosamente s’inganna che, parata così,

 >> pag. 578 

nascondendo così le rughe e la canizie, riesca a trattenere a sé l’amore del marito
molto più giovane di lei, ecco che io non posso più riderne come prima, perché
appunto la riflessione, lavorando in me, mi ha fatto andar oltre a quel primo avvertimento,
o piuttosto, più addentro: da quel primo avvertimento del contrario mi
30 ha fatto passare a questo sentimento del contrario. Ed è tutta qui la differenza tra il
comico e l’umoristico. […]
Abbiamo detto che, ordinariamente, nella concezione d’un’opera d’arte, la riflessione
è quasi una forma del sentimento, quasi uno specchio in cui il sentimento
si rimira. Volendo seguitar quest’immagine, si potrebbe dire che, nella concezione
35 umoristica, la riflessione è, sì, come uno specchio, ma d’acqua diaccia,3 in cui
la fiamma del sentimento non si rimira soltanto, ma si tuffa e si smorza: il friggere
dell’acqua è il riso che suscita l’umorista; il vapore che n’esala è la fantasia spesso
un po’ fumosa dell’opera umoristica. […]
Nella sua anormalità, non può esser che amaramente comica la condizione
40 d’un uomo che si trova ad esser sempre quasi fuori di chiave, ad essere a un tempo
violino e contrabbasso, d’un uomo a cui un pensiero non può nascere, che subito
non gliene nasca un altro opposto, contrario; a cui per una ragione ch’egli abbia di
dir , subito un’altra e due e tre non ne sorgano che lo costringono a dir no; e tra il
sì e il no lo tengan sospeso, perplesso, per tutta la vita […].
45 E quest’appunto distingue nettamente l’umorista dal comico, dall’ironico, dal
satirico. Non nasce in questi altri il sentimento del contrario; se nascesse, sarebbe
reso amaro, cioè non più comico, il riso provocato nel primo dall’avvertimento di
una qualsiasi anormalità; la contradizione che nel secondo è soltanto verbale, tra
quel che si dice e quel che si vuole sia inteso, diventerebbe effettiva, sostanziale, e
50 dunque non più ironica; e cesserebbe lo sdegno o, comunque, l’avversione della
realtà che è ragione di ogni satira. […]
Ora la riflessione, sì, può scoprire tanto al comico e al satirico quanto all’umorista
questa costruzione illusoria. Ma il comico ne riderà solamente, contentandosi
di sgonfiar questa metafora di noi stessi messa su dall’illusione spontanea; il satirico
55 se ne sdegnerà; l’umorista, no: attraverso il ridicolo di questa scoperta vedrà
il lato serio e doloroso; smonterà questa costruzione ideale, ma non per riderne
solamente; e in luogo di sdegnarsene, magari, ridendo, compatirà. […]
L’arte in genere astrae e concentra, coglie cioè e rappresenta così degli individui
come delle cose, l’idealità essenziale e caratteristica. Ora pare all’umorista che tutto
60 ciò semplifichi troppo la natura e tenda a rendere troppo ragionevole o almeno
troppo coerente la vita. Gli pare che delle cause, delle cause vere che muovono spesso
questa povera anima umana agli atti più inconsulti, assolutamente imprevedibili,
l’arte in genere non tenga quel conto che secondo lui dovrebbe. Per l’umorista
le cause, nella vita, non sono mai così logiche, così ordinate, come nelle nostre
65 comuni opere d’arte, in cui tutto è, in fondo, combinato, congegnato, ordinato ai
fini che lo scrittore s’è proposto. L’ordine? la coerenza? Ma se noi abbiamo dentro
quattro, cinque anime in lotta fra loro: l’anima istintiva, l’anima morale, l’anima
affettiva, l’anima sociale? E secondo che domina questa o quella, s’atteggia la nostra
coscienza; e noi riteniamo valida e sincera quella interpretazione fittizia di noi
70 medesimi, del nostro essere interiore che ignoriamo, perché non si manifesta mai
tutt’intero, ma ora in un modo, ora in un altro, come volgano i casi della vita.

 >> pag. 579 

Sì, un poeta epico o drammatico può rappresentare un suo eroe, in cui si mostrino
in lotta elementi opposti e repugnanti;4 ma egli di questi elementi comporrà un
carattere, e vorrà coglierlo coerente in ogni suo atto. Ebbene, l’umorista fa proprio
75 l’inverso: egli scompone il carattere nei suoi elementi; e mentre quegli cura di coglierlo
coerente in ogni atto, questi si diverte a rappresentarlo nelle sue incongruenze. […]
Il mondo, lui, se non propriamente nudo, lo vede, per così dire, in camicia: in
camicia, il re, che vi fa così bella impressione a vederlo composto nella maestà d’un
trono con lo scettro e la corona e il manto di porpora e d’ermellino5 […].
80 Nella realtà vera le azioni che mettono in rilievo un carattere si stagliano su un
fondo di vicende ordinarie, di particolari comuni. Ebbene gli scrittori, in genere,
non se n’avvalgono, o poco se ne curano, come se queste vicende, questi particolari
non abbiano alcun valore e siano inutili e trascurabili. Ne fa tesoro invece
l’umorista. L’oro, in natura, non si trova frammisto alla terra? Ebbene, gli scrittori
85 ordinariamente buttano via la terra e presentano l’oro in zecchini nuovi, ben colato,
ben fuso, ben pesato e con la loro marca e il loro stemma bene impressi. Ma
l’umorista sa che le vicende ordinarie, i particolari comuni, la materialità della vita
in somma, così varia e complessa, contradicono poi aspramente quelle semplificazioni
ideali, costringono ad azioni, ispirano pensieri e sentimenti contrarii a tutta
90 quella logica armoniosa dei fatti e dei caratteri concepiti dagli scrittori ordinarii.
[…] Non ci sentiamo guizzar dentro, spesso, pensieri strani, quasi lampi di follia,
pensieri inconseguenti, inconfessabili finanche a noi stessi, come sorti davvero da
un’anima diversa da quella che normalmente ci riconosciamo? Di qui, nell’umorismo,
tutta quella ricerca dei particolari più intimi e minuti, che possono anche
95 parer volgari e triviali se si raffrontano con le sintesi idealizzatrici dell’arte in genere,
e quella ricerca dei contrasti e delle contradizioni su cui l’opera sua si fonda, in
contrapposizione alla coerenza cercata dagli altri; di qui quel che di scomposto, di
slegato, di capriccioso, tutte quelle digressioni che si notan nell’opera umoristica,
in opposizione al congegno ordinato, alla composizione dell’opera d’arte in genere.

      Dentro il testo

I contenuti tematici

La prima preoccupazione dello scrittore è stabilire quale sia la differenza tra la riflessione nell’opera d’arte classica e in quella umoristica. La metafora dello specchio che riflette e restituisce il dato oggettivo sembrerebbe in un primo momento accomunare l’idea di un’arte armoniosa e organica (qual è quella classica) al risultato dall’azione disgregante dell’umorismo. In realtà, la superficie riflettente osservata dall’umorista è sì ancora uno specchio, ma ormai andato in frantumi. Nell’opera umoristica la riflessione non è uno specchio in cui il sentimento si rimira; ma gli si pone innanzi, da giudice; lo analizza, spassionandosene; ne scompone l’immagine (rr. 14-15). I frammenti di questo specchio rotto non possono più ricomporre l’immagine originale in una visione globale e coerente; o meglio, ci dicono che già in origine la realtà è multiforme, e che tale molteplicità prospettica non va nascosta, ma anzi mostrata dall’opera d’arte.

 >> pag. 580 

L’affondo teorico di Pirandello viene d’improvviso illuminato dal celebre esempio della «vecchia imbellettata»; qui lo scrittore chiarisce come vada inteso il ruolo della riflessione nel procedimento umoristico e in che cosa questo differisca da quello comico. Pare quasi di vederla passeggiare, questa vecchia signora, agghindata a festa in modo goffo e ridicolo. Essa suscita il riso, perché chi la osserva avverte che è il contrario di ciò che un’anziana signora dovrebbe essere. Ma avvertire non è sentire, e su questa sostanziale differenza si gioca tutta la poetica dell’umorismo.

Di fronte a un tale spettacolo, l’artista comico, che si ferma al primo avvertimento del contrario, si limita alla risata spontanea e superficiale; la sensibilità dell’umorista, invece, va oltre, per scoprire che, in realtà, la storia della nostra signora non è ridicola, ma forse addirittura tragica. Se la riflessione interviene a suggerire che trucchi, abiti e acconciature sono probabilmente il tentativo disperato di trattenere un po’ di giovinezza e, insieme a quella, l’amore del marito più giovane, allora il nostro atteggiamento cambia, e la smorfia della risata si scioglie in una compassione piena di amarezza.

Importante, ancora, è sottolineare il confine tra ironia, comicità, satira e umorismo. Nessuno, fatta eccezione per l’umorista, conosce davvero il sentimento del contrario (E quest’appunto distingue nettamente l’umorista dal comico, dall’ironico, dal satirico. Non nasce in questi altri il sentimento del contrario, rr. 45-46). Se la comicità passasse attraverso la riflessione, non sarebbe più tale, come abbiamo visto; allo stesso modo, se l’ironia facesse ricorso al sentimento del contrario negherebbe la sua intrinseca sfumatura di leggerezza, che consiste nel proporre contraddizioni soltanto verbali (la contradizione […] tra quel che si dice e quel che si vuole sia inteso, rr. 48-49). Nemmeno la satira, che nasce dallo sdegno per le ingiustizie sociali, è in grado di penetrare nel cuore della contraddizione: se lo facesse, lo sdegno verrebbe stemperato dalla compassione, e la satira negherebbe la propria natura.

Le scelte stilistiche

Il pensiero di Pirandello diviene chiaro e incisivo grazie alle frequenti metafore* visive, più che alle argomentazioni teoriche vere e proprie. Tutto il discorso è illuminato dagli esempi e dalle immagini proposte – la vecchia, lo specchio d’acqua ghiacciata, l’oro misto alla terra (L’oro, in natura, non si trova frammisto alla terra? Ebbene, gli scrittori ordinariamente buttano via la terra e presentano l’oro in zecchini nuovi, rr. 84-85).

Il carattere non sistematico della produzione teorica di Pirandello è evidente anche nella sua prosa libera e fluente, nel ritorno con variazioni degli stessi temi, mai trattati compiutamente in un unico punto del saggio, ma ripresi e corretti, senza arrivare a una formulazione stabile e definitiva. Nel saggio sull’umorismo, insomma, Pirandello fornisce un esempio diretto di scrittura in forma “umoristica”, facendo saltare barriere fittizie, scomponendo gli ingranaggi e disgregando la consueta visione del mondo.

      Verso le competenze

COMPRENDERE

1 Come agisce in genere la riflessione nella realizzazione di un’opera d’arte? Come agisce, invece, nell’opera umoristica?


2 Che cosa significa l’espressione fuori di chiave (r. 40)? A chi si riferisce?

ANALIZZARE

3 Quali elementi descrittivi compongono l’immagine della «vecchia imbellettata»? Ricostruiscine il ritratto.

INTERPRETARE

4 Perché, a tuo giudizio, fra i tanti possibili esempi l’autore sceglie quello di una vecchia signora?


I colori della letteratura - volume 3
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Dal secondo Ottocento a oggi