5 - I testi

Il primo Novecento – L'opera: Ossi di seppia

5 I testi

Temi e motivi dei brani antologizzati
T9 I limoni • il paesaggio scabro
• la fugace illusione suggerita dai limoni
• il senso di disarmonia
• l’opposizione natura/città
T10 Falsetto • una poetica in negativo
• i poeti non possiedono formule risolutive, bensì parole smozzicate e secche come rami
• la concretezza delle immagini rimanda all’aridità esistenziale
T11 Non chiederci la parola • una poetica in negativo
• i poeti non possiedono formule risolutive, bensì parole smozzicate e secche come rami
• la concretezza delle immagini rimanda all’aridità esistenziale
T12 Meriggiare pallido e assorto • il monotono scorrere del tempo si traduce nei verbi all’infinito
• il paesaggio come metafora dell’esistenza
• vivere è come camminare lungo un muro sormontato da vetri appuntiti
T13 Spesso il male di vivere ho incontrato • le immagini della sofferenza universale
• la «divina Indifferenza»
• la tecnica del correlativo oggettivo
T14 Forse un mattino andando in un’aria di vetro • l’inganno delle apparenze
• la rivelazione del nulla
• gli «uomini che non si voltano»
T15 Cigola la carrucola del pozzo • il tentativo fallito di salvare un ricordo
• l’evanescenza della memoria
• il lavoro distruttore del tempo
T16 Upupa, ilare uccello calunniato • l’upupa uccello diurno annunciatore della primavera
• l’apparizione dell’uccello come piccolo miracolo che sospende il tempo
T17 Arsenio • una poesia di passaggio
• il temporale come annuncio di un possibile «varco»
• la “paralisi” di Arsenio/Montale
• gli echi di Dante nella descrizione di una realtà “infernale”

 T9 

I limoni

Scritta all’inizio degli anni Venti, la poesia costituisce una fondamentale dichiarazione di poetica, sottolineata dalla sua collocazione in apertura della raccolta (dopo la lirica introduttiva In limine). Montale cerca il suo sentiero letterario lungo gli umili fossi della Liguria. Alle piante dai nomi rari predilette dai poeti laureati egli contrappone i domestici limoni, il cui colore acceso di sole e l’odore penetrante sono in grado di suggerire il senso più profondo della realtà.


METRO 4 strofe polimetriche di varia misura, con prevalenza di endecasillabi. Fitto il gioco delle rime e delle assonanze.

        Ascoltami, i poeti laureati
        si muovono soltanto fra le piante
        dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti.

 >> pag. 595 

        Io, per me, amo le strade che riescono agli erbosi
5     fossi dove in pozzanghere
        mezzo seccate agguantano i ragazzi
        qualche sparuta anguilla:
        le viuzze che seguono i ciglioni,
        discendono tra i ciuffi delle canne
10   e mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni.

        Meglio se le gazzarre degli uccelli
        si spengono inghiottite dall’azzurro:
        più chiaro si ascolta il susurro
        dei rami amici nell’aria che quasi non si muove,
15   e i sensi di quest’odore
        che non sa staccarsi da terra
        e piove in petto una dolcezza inquieta.
        Qui delle divertite passioni
        per miracolo tace la guerra,
20   qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza
        ed è l’odore dei limoni.

        Vedi, in questi silenzi in cui le cose
        s’abbandonano e sembrano vicine
        a tradire il loro ultimo segreto,
25   talora ci si aspetta
        di scoprire uno sbaglio di Natura,
        il punto morto del mondo, l’anello che non tiene,
        il filo da disbrogliare che finalmente ci metta
        nel mezzo di una verità.
30   Lo sguardo fruga d’intorno,
        la mente indaga accorda disunisce
        nel profumo che dilaga
        quando il giorno più languisce.
        Sono i silenzi in cui si vede
35   in ogni ombra umana che si allontana
        qualche disturbata Divinità.

 >> pag. 596 

        Ma l’illusione manca e ci riporta il tempo
        nelle città rumorose dove l’azzurro si mostra
        soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase.
40   La pioggia stanca la terra, di poi; s’affolta
        il tedio dell’inverno sulle case,
        la luce si fa avara – amara l’anima.
        Quando un giorno da un malchiuso portone
        tra gli alberi di una corte
45   ci si mostrano i gialli dei limoni;
        e il gelo del cuore si sfa,
        e in petto ci scrosciano
        le loro canzoni
        le trombe d’oro della solarità.

      Dentro il testo

I contenuti tematici

Nonostante la contiguità geografica, la campagna mediterranea ritratta negli Ossi di seppia è del tutto diversa dal litorale toscano di Alcyone. Poesie come I limoni sostituiscono lo splendido scenario in cui esplode il panismo dannunziano con un luogo umile, privo di suggestioni, fatto di erbosi / fossi (vv. 4-5), pozzanghere / mezzo seccate (vv. 5-6) in cui vive qualche sparuta anguilla (v. 7), viuzze e ciglioni (v. 8), ciuffi delle canne (v. 9) e orti (v. 10). Nel rappresentare un angolo delle Cinque Terre (la zona nei pressi di La Spezia dove trascorse in gioventù le sue estati), Montale avrebbe potuto insistere sulle spiagge, o sulle spettacolari scogliere. Preferisce invece retrocedere dalla costa all’immediato entroterra: è su questi umili paraggi che egli proietta il suo lucido atteggiamento verso l’esistenza, che non ha nulla della rassegnazione incline al patetico propria dei poeti crepuscolari.
Il sentimento di infelicità e disarmonia non induce infatti il poeta a chiudersi in sé stesso né ad abbandonarsi al lamento. Egli sembra invece appagarsi di un momento di sospensione, aiutato dalla natura: tacciono gli uccelli, l’aria è ferma, si diffonde l’odore inconfondibile dei limoni.

Ora è possibile intravedere una via d’uscita dall’inganno consueto del mondo: uno sbaglio di Natura, / il punto morto del mondo, l’anello che non tiene, / il filo da disbrogliare che finalmente ci metta / nel mezzo di una verità (vv. 26–29). Montale non pretende di afferrare “la” verità, ma una verità qualsiasi, purché verità: anche quella di una misteriosa presenza, trascendente e divina, nascosta magari nella semplice quotidianità. Anche questa possibilità è però un’illusione provvisoria, ben presto destinata a svanire nella banalità di sempre, che cancella l’attesa di un’epifania. La parentesi si chiude, e – come accade in un altro capolavoro, Arsenio (► T17, p. 614) – la grigia realtà torna in primo piano, nel brusco passaggio dall’estate campestre alle città rumorose (v. 38) dove l’azzurro del cielo fa capolino solo a tratti, fra i cornicioni delle case, e il sole lascia il campo alla pioggia e al soffocante tedio dell’inverno (v. 41). Privata della luce e della calma necessaria alla riflessione, l’anima diventa amara (v. 42). Ma resta ancora uno spiraglio di felicità: un’illusione fugace nuovamente affidata alla visione dei limoni, che occhieggiano da un malchiuso portone (v. 43) e alludono a un «miracolo» ancora possibile.

 >> pag. 597 

Le scelte stilistiche

Sin dall’incipit Montale adotta il tono “confidenziale” che percorre l’intero componimento: l’appello a un “tu” indeterminato, tramite l’imperativo Ascoltami (v. 1), è ripreso dal Vedi che introduce la terza strofa (v. 22), secondo un modulo ricalcato quasi alla lettera sulla Pioggia nel pineto di d’Annunzio. Il poeta rinuncia alle pose impostate care ai maestri della generazione precedente; ricorre alla prima persona soltanto in un’occasione, per dichiarare la sua inclinazione verso i contesti umili, rimarcata dalla spiccata colloquialità dell’enunciazione: Io, per me, amo le strade che riescono agli erbosi / fossi (vv. 4–5).
A partire dalla seconda strofa si passa decisamente al collettivo “noi” (noi poveri, ci metta, ci riporta, ci si mostrano, ci scrosciano), alternato a forme impersonali (si ascolta, ci si aspetta, si vede ecc.): non si tratta più di far cadere dall’alto la parola illuminante di un vate, ma di coinvolgere un lettore–fratello perché acquisisca consapevolezza di una realtà che riguarda tutti.

La scelta di concentrarsi su elementi di una quotidianità comune è accentuata dalla semplicità della sintassi, che non indulge agli effetti di frammentazione tipici dei poeti di area vociana e non rinuncia, come i Futuristi e come il primo Ungaretti, alla punteggiatura. Le proposizioni sono costruite in maniera lineare; mancano subordinate complesse. L’ordine delle parole, a parte qualche anastrofe*, è regolare e il lessico conosce rare impennate (bossi ligustri o acanti, divertite, s’affolta).
Beninteso, l’intento di «torcere il collo» a modalità letterarie sentite come troppo rigide, rivendicato nell’Intervista immaginaria (► T1, p. 563) del 1946, non è dovuto a trascuratezza o a una mancata padronanza dei mezzi tecnici. Tutt’altro: Montale raggiunge l’obiettivo di un testo semplice e piano con raffinata abilità, facilmente riconoscibile se si guarda all’aspetto retorico, accuratamente studiato, in cui spiccano allitterazioni* e paronomasie*, a volte sin troppo esibite (avara – amara l’anima, v. 42), e la sinestesia* che chiude il componimento, le trombe d’oro della solarità (v. 49).

      Verso le competenze

COMPRENDERE

1 Assegna un titolo a ogni strofa del componimento.


2 Riassumi gli elementi essenziali di poetica che Montale delinea nel testo.


3 Quando dilaga (v. 32) il profumo dei limoni?


4 Spiega l’immagine finale delle trombe d’oro della solarità.


ANALIZZARE

5 Individua i riferimenti ai sensi presenti nel componimento.


6 Evidenzia nel testo gli enjambement.



7 Al v. 15 i sensi di quest’odore sono retti dal verbo si ascolta (v. 13): di quale figura retorica si tratta?

  •   A   Metafora.
  •     Analogia.
  •     Sinestesia.
  •     Allegoria.

INTERPRETARE

8 Come viene risolto il tradizionale confronto tra città e campagna?


9 In che modo possiamo leggere il messaggio della lirica: in chiave positiva o negativa? Perché?


Al cuore della letteratura - volume 6
Al cuore della letteratura - volume 6
Dal Novecento a oggi