Al cuore della letteratura - volume 6

Il primo Novecento – L'autore: Eugenio Montale

 T5 

La primavera hitleriana

La bufera e altro


La poesia è ispirata dalla visita di Hitler a Firenze avvenuta nella primavera del 1938, quando il dittatore tedesco fu accolto con tutti gli onori dall’alleato Mussolini. Ultimata e pubblicata in rivista dopo la fine della guerra, verrà inserita nella raccolta La bufera e altro. Per la prima volta in Montale il tema politico è trattato esplicitamente, annunciato sin dal titolo.
La condanna della dittatura mussoliniana e di quella hitleriana è dura ed esplicita. L’atmosfera infernale evocata dai versi, di chiara matrice dantesca, si apre nel finale a una luce di speranza grazie a Clizia, annunciatrice di un’alba di libertà.


METRO 3 strofe libere (4 se si considera il trapasso del v. 30, “a gradino”), composte di versi differenti, con prevalenza di endecasillabi e misure più lunghe, che arrivano sino a 18 sillabe. Quasi assenti le rime perfette, ma fitta la trama di assonanze.

Né quella ch’a veder lo sol si gira…*
DANTE (?) a Giovanni Quirini


        Folta la nuvola bianca delle falene impazzite
        turbina intorno agli scialbi fanali e sulle spallette,
        stende a terra una coltre su cui scricchia
        come su zucchero il piede; l’estate imminente sprigiona
5     ora il gelo notturno che capiva
        nelle cave segrete della stagione morta,
        negli orti che da Maiano scavalcano a questi renai.

        Da poco sul corso è passato a volo un messo infernale
        tra un alalà di scherani, un golfo mistico acceso
10   e pavesato di croci a uncino l’ha preso e inghiottito,
        si sono chiuse le vetrine, povere
        e inoffensive benché armate anch’esse
        di cannoni e giocattoli di guerra,
        ha sprangato il beccaio che infiorava
15   di bacche il muso dei capretti uccisi,
        la sagra dei miti carnefici che ancora ignorano il sangue
        s’è tramutata in un sozzo trescone d’ali schiantate,

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        di larve sulle golene, e l’acqua séguita a rodere
        le sponde e più nessuno è incolpevole.

20   Tutto per nulla, dunque? – e le candele
        romane, a San Giovanni, che sbiancavano lente
        l’orizzonte, ed i pegni e i lunghi addii
        forti come un battesimo nella lugubre attesa
        dell’orda (ma una gemma rigò l’aria stillando
25   sui ghiacci e le riviere dei tuoi lidi
        gli angeli di Tobia, i sette, la semina
        dell’avvenire) e gli eliotropi nati
        dalle tue mani – tutto arso e succhiato
        da un polline che stride come il fuoco
30   e ha punte di sinibbio…
        Oh la piagata
        primavera è pur festa se raggela
        in morte questa morte! Guarda ancora
        in alto, Clizia, è la tua sorte, tu
        che il non mutato amor mutata serbi,
35   fino a che il cieco sole che in te porti
        si abbàcini nell’Altro e si distrugga
        in Lui, per tutti. Forse le sirene, i rintocchi
        che salutano i mostri nella sera
        della loro tregenda, si confondono già
40   col suono che slegato dal cielo, scende, vince –
        col respiro di un’alba che domani per tutti
        si riaffacci, bianca ma senz’ali
        di raccapriccio, ai greti arsi del sud…

Al cuore della letteratura - volume 6
Al cuore della letteratura - volume 6
Dal Novecento a oggi