Le principali raccolte
Ossi di seppia
La raccolta poetica d’esordio, pubblicata per la prima volta nel 1925, sarà analizzata nella seconda parte dell’Unità (► p. 588).
La raccolta poetica d’esordio, pubblicata per la prima volta nel 1925, sarà analizzata nella seconda parte dell’Unità (► p. 588).
La seconda raccolta di Montale, composta di 50 poesie, esce nel 1939 pubblicata da Einaudi, che l’anno successivo la ripropone in una versione accresciuta di quattro liriche. I testi, scritti fra il 1926 e il 1940, si dispongono in 4 sezioni: la prima alterna richiami a varie figure femminili e immagini di viaggio; la seconda, Mottetti, si compone di testi brevi, incentrati sulla lontananza della donna amata e sull’attesa del suo ritorno; la terza, dal titolo Tempi di Bellosguardo, è costituita da un poemetto suddiviso in tre parti, dove il rifugio nella letteratura, intesa come presidio di civiltà contro la barbarie dilagante, appare sempre più fragile dinanzi alle minacce della Storia; nell’ultima sezione la tensione tocca l’acme e la donna assume le valenze simboliche di un angelo redentore.
«... nella vita trionfano gli imbecilli. Lo sono anch’io?»
Non sono molti gli italiani ad avere conseguito il premio Nobel per la letteratura: Giosuè Carducci (1906), Grazia Deledda (1926), Luigi Pirandello (1934), Salvatore Quasimodo (1959), Eugenio Montale (1975) e Dario Fo (1997). Altri scrittori e poeti italiani notissimi (come Giuseppe Ungaretti, Alberto Moravia, Mario Luzi, Italo Calvino) e meno noti (come il poeta lucano Albino Pierro), pur avendo sfiorato il riconoscimento, non lo hanno ottenuto.
Questo pareva anche il destino di Montale, entrato più volte senza esito nella rosa dei favoriti ma preferito a concorrenti come Simone de Beauvoir, Saul Bellow, Graham Greene, Jorge Luis Borges.
Un annuncio inatteso Il 23 ottobre 1975 Montale sta conversando tranquillamente con amici nel suo appartamento milanese di via Bigli. Squilla il telefono. Dopo aver parlato per qualche minuto in francese con l’ambasciatore della Svezia, torna alla poltrona e si accende l’immancabile sigaretta. La mano però trema un poco. «Che cosa vi aspettate, ora?», esclama con la consueta ironia. «Che dica cose solenni, immagino. Ma mi viene invece un dubbio: nella vita trionfano gli imbecilli. Lo sono anch’io?».
La cerimonia e il discorso
In una gelida e luminosa Stoccolma, il 10 dicembre, Montale ascolta il discorso in suo onore del critico e poeta Anders Österling, il quale sottolinea il fascino scontroso di versi che ricevono il loro carattere «dal severo profilo del paesaggio della costa ligure, con un mare tempestoso che si abbatte contro i bastioni di rocce scoscese». Poi è il turno del vecchio poeta, che legge un discorso dal titolo È ancora
possibile la poesia?, nel quale nega che i versi siano assimilabili a una merce, trattandosi di un «prodotto assolutamente inutile, ma quasi mai nocivo», un prodotto comunque destinato a sopravvivere anche nel mare tempestoso della società di massa, chissà come, chissà per chi: «L’arte è sempre per tutti e per nessuno». Le vie della poesia sono infinite. E imprevedibili.
Il paesaggio ligure, centrale nella raccolta Ossi di seppia, cede il posto nelle Occasioni a una
pluralità di scenari, europei (Parigi, l’Austria, l’Inghilterra) e italiani, toscani in particolare (in questo periodo il poeta abita a Firenze): Lucca, Siena, il Monte Amiata, oltre a Firenze e alle campagne circostanti. Il rapporto fra l’io e la natura appare, nel complesso, meno essenziale rispetto alla prima opera, mentre il tema fondamentale qui consiste in una sorta di dialettica tra salvezza e dannazione, in cui, come in Dante, la mediazione della donna amata assume un ruolo decisivo. La prospettiva resta comunque laica, privata, improntata a un fondo di pessimismo amaro.
Montale recupera il modulo classico della lirica amorosa rivolgendosi a una donna
assente. Compaiono nei testi varie figure femminili, dai contorni enigmatici, in cui il poeta ripone le proprie speranze mentre tutto intorno sembra crollare: da Dora Markus, distante dal mondo ma evocata come un nume tutelare, a Irma Brandeis, interlocutrice salvifica nell’insensatezza dell’esistenza. Sono loro a veicolare le «occasioni», momenti privilegiati che interrompono la banalità della vita quotidiana e si riflettono in oggetti dal fortissimo valore simbolico, che il lettore è chiamato a riconoscere.
L’estrema asciuttezza dei testi e la volontaria rinuncia a fornire le chiavi biografiche per comprendere i componimenti rendono Le occasioni un libro complesso, tanto sul versante del lessico (nel quale abbondano termini aulici e rari) quanto su quello della sintassi (caratterizzata da frequenti interrogative, ellissi e accumulazioni).
La bufera e altro esce nel 1956 presso l’editore Neri Pozza e viene ristampata l’anno successivo da Mondadori. La raccolta si compone di 58 poesie, scritte fra il 1939 e il 1956 e disposte in 7 sezioni: Finisterre (già pubblicata nel 1943 in Svizzera), Dopo, Intermezzo, Flashes e dediche, Silvae, Madrigali privati, Conclusioni provvisorie. Per la prima volta Montale sceglie di disporre i componimenti in ordine di composizione (sia pure con diverse eccezioni). Ciò favorisce il riconoscimento di una progressione narrativa: non a caso l’autore in origine aveva pensato al titolo Romanzo, prima di orientarsi su un rimando alla «bufera» della guerra.
Il pessimismo, che si fa sgomento dinanzi agli orrori bellici e ai lutti personali, trova di nuovo un argine in una figura femminile, ispirata a Irma Brandeis, ora chiamata Clizia. Essa nell’arco della raccolta conosce un’evoluzione, che la sublima in «visiting
angel», cioè angelo visitatore (► p. 580), chiamato a portare la luce in una realtà travagliata. Per una breve fase, che coincide con il periodo di impegno politico seguito alla Liberazione, il poeta spera che i valori da lei incarnati (la poesia, la cultura, la civiltà umanistica) possano costituire una guida per tutti gli uomini. Presto tuttavia l’illusione cade e il mito torna ad assumere un carattere puramente personale, proiettato in interni bui e claustrofobici, che nelle ultime poesie assumono un’evidenza preponderante.
Fatti salvi alcuni momenti legati al tema del viaggio, dall’Europa al Medio Oriente, sui paesaggi si proietta un’ombra infernale e funebre. Si affollano i ricordi dei familiari perduti, le preoccupazioni per chi rimane, la delusione verso il contesto politico e sociale del dopoguerra. Tuttavia la poesia, come l’anguilla celebrata in una lirica, può sopravvivere anche nascosta, nel fango di una realtà inospitale. E l’amore può conoscere declinazioni più concrete, come testimoniano i versi dedicati a un’altra donna, la Volpe (la poetessa Maria Luisa Spaziani).
La bufera e altro è la raccolta più oscura di Montale. La pressione di una realtà minacciosa condensa gli oggetti in simboli difficili da decodificare. Le scelte stilistiche e metriche esplorano direzioni differenti, aprendosi a soluzioni plurilinguistiche, che accolgono anche espressioni prosastiche e termini colloquiali. Rimane tuttavia sempre accurato il sistema di rimandi fonici e frequente il ricorso alle figure retoriche, che mantengono il registro quasi sempre su toni alti.
«Una poesia che apparentemente tende alla prosa e nello stesso tempo la rifiuta»: così Montale definisce il suo quarto libro, Satura. Pubblicato da Mondadori nel 1971, esso raccoglie le poesie scritte fra il 1962 e il 1970, caratterizzate da un forte abbassamento di tono, che diventa ora più prosastico e colloquiale: «i primi tre libri sono scritti in frac, gli altri in pigiama, o diciamo in abito da passeggio». Dopo molti anni, in cui i versi erano stati soppiantati dagli articoli di giornale, la scomparsa della moglie Drusilla (1963) induce Montale a rompere il silenzio per comporre due serie di Xenia. Il termine, ripreso dal poeta latino Marziale, ha letteralmente il significato di “doni offerti a qualcuno che si è avuto come ospite”: qui i doni sono le poesie stesse, destinate alla donna, la Mosca, che è stata ospite della vita dell’autore. Essa vi appare non più quale angelo lontano (come era Clizia), bensì come una figura concreta, fragile eppure piena di una sua ironica saggezza.
Ascendenza latina ha pure il titolo delle altre due sezioni che compongono la raccolta, Satura I e II. Il vocabolo fa riferimento appunto al genere letterario della satura latina, caratterizzato dalla molteplicità e varietà dei temi affrontati. I testi montaliani sono percorsi da lampi di ironia, scetticismo e da un’acuta idiosincrasia per le dinamiche della società di massa. Anche lo stile si adegua al nuovo corso: la lingua accoglie termini delle cronache e del linguaggio quotidiano, la sintassi si semplifica, le rime si diradano, la metrica tende a non seguire forme canoniche.
Le raccolte successive – Diario del ’71 e del ’72 (1973), Quaderno di quattro anni (1977), Altri versi (nell’edizione critica L’opera in versi, 1980) – procedono nella stessa direzione di Satura, accentuando la vena sentenziosa, il sarcasmo e l’amarezza verso una realtà degradata e incomprensibile. L’assedio dei ricordi si fa sempre più stretto, generando numerosi componimenti incentrati sul motivo della memoria. Dopo la scomparsa del poeta è stato dato alle stampe da Annalisa Cima un Diario postumo, la cui autenticità, tuttora oggetto di dibattito fra gli studiosi, è però molto probabilmente da escludere.
La vita | Le opere | |
• Nasce a Genova | 1896 | |
• Si diploma ragioniere | 1915 | |
• Viene arruolato nell’esercito e successivamente inviato sul fronte trentino | 1917–1918 | |
• Collabora con poesie e articoli alle riviste “Primo Tempo” e “Il Convegno”
• Omaggio a Italo Svevo sulla rivista “L’Esame” |
1922–1925 |
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1925 | Ossi di seppia | |
• Si trasferisce a Firenze, dove si impiega presso l’editore Bemporad | 1927 |
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• Assume la direzione del Gabinetto Scientifico Letterario Vieusseux di Firenze | 1929 | |
1932 | La casa dei doganieri e altri versi | |
• Conosce Irma Brandeis | 1933 |
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• Va ad abitare con Drusilla Tanzi, detta la Mosca | 1939 | Le occasioni |
1943 | Finisterre | |
• Breve periodo di impegno politico: nel 1945 è tra i fondatori del quindicinale “Il Mondo” | 1944–1946 |
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• Insieme alla Mosca va a vivere a Milano
• Lavora come redattore al “Corriere della Sera” |
1948 | |
• Assume l’incarico di critico musicale per il “Corriere d’Informazione” | 1954 | |
1956 | La bufera e altro | |
• Sposa Drusilla Tanzi | 1962 | |
• Muore Drusilla Tanzi | 1963 | |
• È nominato senatore a vita | 1967 | |
1971 | Satura | |
1973 | Diario del ’71 e del ’72 | |
• Riceve il premio Nobel per la letteratura | 1975 | |
1977 | Quaderno di quattro anni | |
• Muore a Milano | 1981 |
Al cuore della letteratura - volume 6
Dal Novecento a oggi