Al cuore della letteratura - volume 6

Il primo Novecento – L'opera: L’allegria

 T4 

Il porto sepolto

Il porto sepolto


Questo componimento – che dà il titolo alla raccolta del 1916 e alla sezione omonima dell’Allegria – costituisce una vera e propria dichiarazione di poetica. Ungaretti discende nell’abisso di sé e ne risale con il “dono” dei suoi canti.


METRO Versi liberi.

        Mariano* il 29 giugno 1916

        Vi arriva il poeta
        e poi torna alla luce con i suoi canti
        e li disperde

        Di questa poesia
5     mi resta
        quel nulla
        d’inesauribile segreto

      Dentro il testo

I contenuti tematici

Per comprendere appieno questa poesia di Ungaretti dobbiamo affidarci alle sue parole: «Verso i sedici, diciassette anni, forse più tardi», ricorderà molti anni dopo averla scritta, «ho conosciuto due giovani ingegneri francesi i fratelli Thuile, Jean e Henri Thuile.
[…] Mi parlavano d’un porto, d’un porto sommerso, che doveva precedere l’epoca tolemaica, provando che Alessandria era un porto già prima d’Alessandro, che già prima d’Alessandro era una città. Non se ne sa nulla. Quella mia città si consuma e s’annienta d’attimo in attimo. Come faremo a sapere delle sue origini se non persiste più nulla nemmeno di quanto è successo un attimo fa? Non se ne sa nulla, non ne rimane altro segno che quel porto custodito in fondo al mare, unico documento tramandatoci d’ogni era d’Alessandria. Il titolo del mio primo libro deriva da quel porto: Il porto sepolto».

Il porto sepolto è dunque una sorta di luogo dell’anima, un simbolo indecifrabile che riposa dentro di noi. Il poeta cerca di immergervisi, esplorando quel recesso misterioso: Vi arriva (v. 1), alla fine di un viaggio interiore, al termine di un perenne nomadismo alla ricerca di qualcosa. Quando riemerge (torna alla luce, v. 2), comunica al mondo ciò che ha visto, le parole che vi ha trovato, il canto di quella realtà ineffabile che si trova al fondo della nostra anima. Questo messaggio da rivelare agli altri è per Ungaretti la poesia: una sorta di inchiesta continua, una ricerca dentro e fuori noi stessi, inseguendo l’oltre e l’eterno.
Tuttavia Ungaretti è cosciente che il lessico consueto e il linguaggio razionale non sono adeguati a spiegare la verità profonda dell’essenza umana: deve accontentarsi di offrire qualche frammento rivelatore di un segreto che non può essere colto e svelato del tutto. Le parole, cioè, sono un nulla (v. 6), nient’altro che un fragile reperto di una materia incommensurabilmente più ardua; eppure quel nulla è al tempo stesso qualcosa di importante, preziosa testimonianza di verità, messaggio autentico da comunicare e condividere con il prossimo.

 >> pag. 452 

La poesia acquista così una funzione fondamentale, che consiste nella sua valenza di iniziazione e di rito: rivelare la realtà che giace sotto le parvenze del vivere e che non è conoscibile con gli strumenti ordinari della ragione; scandagliare in profondità per cercare nell’abisso della psiche un’illuminazione folgorante. In quest’ottica al poeta viene concessa ancora – secondo un’investitura non priva di legami con la tradizione simbolista – la privilegiata capacità di comprendere l’alfabeto del mondo, decifrandone come un veggente o un oracolo segnali e codici. Non a caso egli disperde (v. 3) i suoi canti come al vento disperdevano i propri responsi i sacerdoti orfici e le sibille dell’antichità.

Le scelte stilistiche

Il bagaglio lessicale alto della lirica tradizionale italiana è archiviato, ma la semplicità riguarda solo il lessico: la poesia comunica un significato oscuro, da decifrare all’interno di una sequenza sintattica frantumata. Per coglierne il senso, il lettore non può prescindere dal titolo, che va considerato parte integrante del testo, come suggerisce l’attacco lirico in medias res. Qui troviamo il primo deittico* della lirica (Vi arriva), seguito da altri due, accostati in antitesi* (questa poesia, v. 4; quel nulla, v. 6), per marcare il senso di indeterminatezza che caratterizza la misteriosa e inafferrabile ambiguità della poesia.

      Verso le competenze

COMPRENDERE

1 Riassumi il contenuto della poesia.

ANALIZZARE

2 Qual è il soggetto dell’espressione mi resta (v. 5)?


3 Nella seconda strofa compaiono accostamenti tra termini apparentemente antitetici: individuali.

INTERPRETARE

4 Quali azioni svolge il poeta nella prima strofa? Con quali significati simbolici?


5 Qual è il ruolo che Ungaretti attribuisce in questi versi alla figura del poeta?


6 La poesia è per Ungaretti ciò che resta di quel nulla / d’inesauribile segreto (vv. 5–7). Quale relazione possiamo stabilire fra questa idea e la sua ricerca della brevità ed essenzialità?


 T5 

Veglia

Il porto sepolto


Siamo a due giorni dal Natale. Accanto al poeta, acquattato nella trincea, vi è un soldato ucciso, illuminato dalla luce della luna, con le mani congelate e i lineamenti del volto irrigiditi dalla morte: assistendo allo strazio di quella fine, Ungaretti sente riaccendersi in lui il desiderio di ancorarsi, quasi disperatamente, al dono dell’esistenza.


METRO Versi liberi.

        Cima Quattro* il 23 dicembre 1915

        Un’intera nottata
        buttato vicino

 >> pag. 453 

        a un compagno
        massacrato
5     con la sua bocca
        digrignata
        volta al plenilunio
        con la congestione
        delle sue mani
10   penetrata
        nel mio silenzio
        ho scritto
        lettere piene d’amore

        Non sono mai stato
15   tanto
        attaccato alla vita

      Dentro il testo

I contenuti tematici

Il primo Natale trascorso come soldato lontano da casa costituisce per il poeta l’iniziale, drammatico approccio alla verità della guerra: accanto a lui giace, come un oggetto inanimato, il cadavere di un commilitone deturpato dalle ferite. Di fronte alla brutale concretezza della morte, Ungaretti si appiglia alla duplice salvezza della scrittura e dell’amore: prende la penna e scrive, come in un diario grazie al quale possa comunicare amore ai suoi cari lontani.

Nessuna retorica può glorificare il dramma dell’uomo dinanzi alla sua fine: l’eroismo è bandito, cancellato dalla realtà orrenda della bocca / digrignata (vv. 5–6) del compagno ucciso. L’orribile spettacolo della morte suscita però nel poeta, per contrasto, l’anelito alla bellezza della vita. L’interventista che inneggiava alla necessità storica del conflitto scompare per lasciar posto all’artista che, facendo tesoro della lezione di Bergson, converte lo «slancio vitale» proclamato dal filosofo francese nella necessità di esprimere il desiderio fisiologico di esistere: Non sono mai stato / tanto / attaccato alla vita (vv. 14–16).

Le scelte stilistiche

La rappresentazione ungarettiana, caratterizzata da una grande semplicità di linguaggio, è però teatralizzata in una serie di immagini di forte impatto emotivo, che rimandano al soggettivismo tipico dell’Espressionismo. La visione alterata sostituisce infatti la semplice descrizione analitica: la parola non si limita a descrivere un oggetto, ma si identifica con il sentimento, il grido, l’angoscia. Il poeta si dice buttato (v. 2) vicino al compagno ucciso: non scrive “coricato”, o magari “disteso”, poiché vuole esasperare il lato emotivo della sua condizione di persona inerte costretta a subire l’orrore della guerra.
Anche l’immagine del commilitone è resa secondo una modalità deformante: il participio massacrato (v. 4), che occupa un unico verso, rivela nella sua asprezza violenta l’atrocità della morte; lo stesso può dirsi per l’immagine successiva della bocca / digrignata (vv. 5–6): anche qui la tragica tensione del contesto si traduce nell’allucinante stravolgimento della fisionomia umana, che intensifica ulteriormente l’effetto di una realtà mostruosa e agghiacciante. La sineddoche* (congestione / delle sue mani, vv. 8–9), adottata per sottolineare il gonfiore livido delle mani del compagno caduto, chiude la sequenza scolpendo la disumanità della morte, che sembra irrompere con la sua concreta, quasi grottesca materialità nella superstite vitalità del poeta sopravvissuto.

 >> pag. 454 

Lo stesso contrasto tra vita e morte è rivelato con una scelta stilistica espressionistica: in fondo l’intera lirica si basa, anche da un punto di vista strutturale, sull’antitesi* violenta fra elementi in apparenza inconciliabili. Alla crudeltà del destino il poeta reagisce con uno scatto di ribellione: alle sue mani – tragico dato di realtà – corrisponde il mio silenzio (v. 11), nel quale si compie il miracolo della riscoperta elementare della vita, simboleggiata dal desiderio di scrivere lettere piene d’amore (v. 13). La pausa di silenzio, seguita dallo stacco tipografico, segna il cambio di tono rispetto alla prima strofa della lirica: nella seconda prevalgono la pacatezza e l’affermazione del diritto di esistere, sottolineata dalla rima al mezzo stato : attaccato (vv. 14 e 16), nonché dalla collocazione dell’avverbio tanto, isolato e in posizione centrale all’interno della strofa stessa.

La componente fonica, infine, si incarica di suggerire, mediante una ripetizione ossessiva di echi interni, la drammatica emotività del momento. L’incalzante successione dei participi passati, dall’iniziale buttato al finale attaccato, esprime l’angosciante e inaudita violenza della strage, facendo corrispondere reciprocamente il livello del suono e quello dei significati. In particolare, i participi riferiti al soldato morto presentano una serie di nessi consonantici dalla cupa valenza espressiva, scandita dall’allitterazione* in r (massacrato, digrignata, penetrata). Solo alla fine della strofa l’effetto fonico si addolcisce: le parole silenzio, lettere e amore comunicano l’ostinato e consolante recupero della speranza.

      Verso le competenze

COMPRENDERE

1 Esponi brevemente il contenuto della lirica.


2 Qual è il significato del titolo?


3 Su quali particolari del commilitone caduto si sofferma l’attenzione del poeta?

ANALIZZARE

4 In quali elementi stilistici, oltre a quelli già segnalati nell’analisi del testo, ti sembra di poter rintracciare la componente espressionistica?

INTERPRETARE

5 Quale valore viene dato dal poeta al silenzio (v. 11)?


6 Il poeta afferma di aver scritto / lettere piene d’amore (vv. 12–13). A tuo giudizio, l’affermazione si può intendere realisticamente? Motiva la risposta.


 T6 

Peso

Il porto sepolto


Quando affronta la tragica prova della trincea, Ungaretti non sente il conforto della fede. Diversamente da lui, grazie alla propria ingenua devozione, un commilitone possiede invece un senso sereno e sicuro dell’esistenza.


METRO Versi liberi.

 >> pag. 455 

        Mariano* il 29 giugno 1916

        Quel contadino
        si affida alla medaglia
        di Sant’Antonio
        e va leggero

5     Ma ben sola e ben nuda
        senza miraggio
        porto la mia anima

      Dentro il testo

I contenuti tematici

Un soldato stringe nelle mani un amuleto religioso, a cui affida la semplice ma confortante speranza di un’esistenza al riparo dai pericoli, soprattutto di quello più temuto, la morte. Egli va leggero (v. 4) perché si sente come protetto da quell’oggetto sacro, capace di trasmettergli la fede necessaria per uscire indenne dal dolore quotidiano, compresa la barbarie della guerra. Sottoposta al vaglio razionale del poeta, quella sicurezza è sentita come lontana, non attingibile, eppure probabilmente invidiata.
A differenza del contadino, che vive rinfrancato dalla propria fede, Ungaretti sente invece il fardello dell’esistenza (il verbo porto al v. 7 si contrappone all’aggettivo leggero del v. 4, indicando il pesante bagaglio morale dichiarato dal titolo): anche se la sua anima è nuda (v. 5), in realtà è gravata dalla corazza del disincanto e della disillusione. Accompagnato solo dalla disperazione e dalla solitudine, il poeta percepisce le conseguenze del proprio scetticismo: il suo dolore sta appunto nel riconoscere il conforto apportato dalla fede, senza però poterlo cogliere.

Le scelte stilistiche

La contrapposizione tra il religioso contadino e il poeta privo del sostegno dell’eterno si ritrova nella struttura della lirica, che definisce anche a livello grafico una vera e propria «separazione fra due mondi» (Giachery). Nella prima strofa, il tono è quasi discorsivo e senza ostacoli, come senza ostacoli è il cammino del soldato placato nello spirito; nella seconda, introdotta dal Ma avversativo (v. 5), il ritmo si fa più scandito e spezzato, l’anafora* dell’avverbio ben e la distanza tra il sostantivo anima (posto al v. 7, in posizione enfatica, in chiusura) e i due aggettivi (sola e nuda, v. 5) sembrano costituire gli ostacoli con cui si scontra il faticoso cammino del poeta.
Anche in questa lirica l’autore opta per termini semplici e quotidiani, che rendono sul piano lessicale la semplicità della fede del contadino. Quanto alla sintassi, inoltre, va notata la mancanza di segni di interpunzione. Anche questa è una caratteristica dello stile del primo Ungaretti: qui, come altrove, la divisione tra i versi e le strofe è garantita unicamente dagli a capo e dagli spazi bianchi tipografici.

 >> pag. 456 

      Verso le competenze

COMPRENDERE

1 Sintetizza in circa 5 righe il contenuto informativo del testo.

ANALIZZARE

2 Quale registro linguistico utilizza il poeta? Con quale funzione espressiva?

INTERPRETARE

3 Quale messaggio comunicano le espressioni si affida (v. 2) e va leggero (v. 4)?


4 Quale pensi sia il carattere della solitudine (ben sola, v. 5) dell’anima del poeta? Si riferisce alla dimensione umana e sociale della sua esistenza o a qualcosa di diverso?


 T7 

Fratelli

Il porto sepolto


Il saluto scambiato tra soldati che si incontrano in guerra e lontano dalle loro case sigilla un’intesa immediata di cuori e sentimenti: la stessa sofferenza e lo stesso destino accomunano individui tra loro sconosciuti, eppure fratelli in quanto appartenenti al genere umano.


METRO Versi liberi.

        Mariano* il 15 luglio 1916

        Di che reggimento siete
        fratelli?

        Parola tremante
        nella notte

5     Foglia appena nata

        Nell’aria spasimante
        involontaria rivolta
        dell’uomo presente alla sua
        fragilità

10   Fratelli

      Dentro il testo

I contenuti tematici

Il sentimento d’amore verso i compagni riecheggia nella ripetizione della parola fratelli. Le posizioni in cui è collocato il vocabolo ne accentuano ancor più la valenza: prima nel titolo; poi nel secondo verso della lirica, isolato dalla pausa successiva, invocazione spontanea rivolta dai soldati di un reggimento a quelli di un altro; infine nel verso che conclude la poesia (formando da solo un’intera strofa), ancor più distanziato, quasi sospeso nell’aria come a recuperare il proprio significato originario.

 >> pag. 457 

Il poeta avverte infatti la vibrazione insita nella pronuncia di quel termine così evocativo, percependone la precarietà nel buio di una notte tanto concreta quanto metaforica.
Anche l’analogia* successiva con una Foglia appena nata (v. 5) sottolinea la labilità di quel sentimento, la fragilità dell’essere umano, ma al tempo stesso trasmette un senso di speranza e favorisce il reciproco riconoscimento della dignità personale nella comune sofferenza.

La pietà e la solidarietà si affermano proprio quando gli uomini sono esposti al pericolo. Nel momento in cui l’esistenza è appesa a un filo, è possibile riscoprire la sacralità di quegli affetti: l’involontaria (perché istintiva) rivolta (v. 7) contro l’orrore vivifica un sentimento di umanità e di amore che potremmo definire religioso. Le gerarchie che regolano i rapporti tra i soldati vengono improvvisamente cancellate: l’uomo, slegato da ogni vincolo sociale ed emancipato dalle convenzioni dominanti nella vita civile, scopre la propria vera identità di creatura del mondo solidale alle altre in una comunione universale.
Come una speranza sorta – in modo quasi inaspettato – nello sconforto della guerra, il semplice suono del vocativo fratelli, che riecheggia nel silenzio di una notte al fronte, acquista una rivoluzionaria forza esplosiva, capace di donare un vigore inatteso all’uomo, nel momento in cui rivede in sé stesso e negli altri la fragilità del proprio essere mortale.

Le scelte stilistiche

Il concetto chiave della fratellanza, già sottolineato (come abbiamo visto) dalla posizione del termine fratelli, viene ulteriormente enfatizzato sul piano fonico con l’allitterazione* che lega il medesimo termine a Foglia e fragilità (vv. 5 e 9). Un’altra allitterazione (la citata involontaria rivolta), la ripetizione di uno stesso verso (vv. 2 e 10), le rime* e le consonanze* che legano tra loro i vocaboli reggimento (v. 1), tremante (v. 3), spasimante (v. 6) e presente (v. 8) sono altrettanti mezzi con i quali il poeta intende valorizzare la pregnanza delle singole immagini e dei singoli concetti. Per comprendere a fondo le immagini è per questo necessaria una lettura lenta e scandita.

      Verso le competenze

COMPRENDERE

1 Qual è il tema di fondo della lirica?

ANALIZZARE

2 Individua gli enjambement presenti nel testo. Quale funzione svolgono?

INTERPRETARE

3 La domanda iniziale non ha risposta. Perché?


4 Immagina l’episodio o la situazione reale da cui il poeta può aver tratto lo spunto per scrivere questi versi.

PRODURRE

5 La versione qui antologizzata è quella definitivamente approvata dall’autore. Confrontala con la prima (intitolata Soldato), soffermandoti sulle varianti:

Di che reggimento siete
fratelli?

Fratello
tremante parola
nella notte
come una fogliolina
appena nata
saluto
accorato
nell’aria spasimante
implorazione
sussurrata
di soccorso
all’uomo presente alla sua
fragilità


Al cuore della letteratura - volume 6
Al cuore della letteratura - volume 6
Dal Novecento a oggi