Temi e motivi dei brani antologizzati | ||
T3 | In memoria | • lo sradicamento del nomade
• il potere salvifico del canto • la poesia come strumento che garantisce la memoria |
T4 | Il porto sepolto | • il porto nascosto di Alessandria d’Egitto
• la poesia come viaggio nel profondo di sé • il valore iniziatico della poesia |
T5 | Veglia | • la morte in trincea
• l’atrocità della guerra che genera paradossalmente l’amore per la vita |
T6 | Peso | • la solitudine dell’uomo senza fede
• l’aspirazione insoddisfatta verso una giustificazione trascendente |
T7 | Fratelli | • la fratellanza umana contrapposta all’orrore della guerra |
T8 | Sono una creatura | • il dolore che pietrifica il cuore del poeta
• la corrispondenza fra sentimento e paesaggio • il «pianto che non si vede» |
T9 | I fiumi | • l’anelito a una pausa di meditazione
• il presente e la memoria • l’acqua come elemento materno e simbolo di vita • la biografia del poeta ripercorsa attraverso i “suoi” fiumi • l’ansia di riconoscersi come parte del flusso universale |
T10 | San Martino del Carso | • la devastazione del paesaggio che si rispecchia nell’anima del poeta
• la “corrispondenza” con i morti • la poesia come antidoto all’oblio |
T11 | Commiato | • la formulazione di una dichiarazione di poetica
• la poesia come scoperta dell’essere • la parola poetica che attinge dalle profondità dell’anima |
T12 | Mattina | • la “poesia di un istante”
• la purezza vivificante della luce |
T13 | Girovago | • il senso di spaesamento
• la ricerca di un luogo immaginario e «innocente» |
T14 | Soldati | • la precarietà dell’esistenza
• il comune destino dell’uomo |
4 - I testi
Il primo Novecento – L'opera: L’allegria
T3
In memoria
Il porto sepolto
La lirica apriva la prima edizione del Porto sepolto, quella del 1916: si tratta di un omaggio all’egiziano Moammed Sceab, un giovane amico conosciuto dal poeta sin dagli anni africani e poi morto suicida. Come sempre nella poesia ungarettiana, però, l’occasione contingente viene trascesa in un significato più ampio: in questo caso, la riflessione sull’identità e sul senso di appartenenza.
METRO Versi liberi.
Locvizza* il 30 settembre 1916
Si chiamava
Moammed Sceab
Discendente
di emiri di nomadi
5 suicida
perché non aveva più
Patria
Amò la Francia
e mutò nome
10 Fu Marcel
ma non era Francese
e non sapeva più
vivere
nella tenda dei suoi
15 dove si ascolta la cantilena
del Corano
gustando un caffè
E non sapeva
sciogliere
20 il canto
del suo abbandono
L’ho accompagnato
insieme alla padrona dell’albergo
dove abitavamo
25 a Parigi
dal numero 5 della rue des Carmes
appassito vicolo in discesa
Riposa
nel camposanto d’Ivry
30 sobborgo che pare
sempre
in una giornata
di una
decomposta fiera
35 E forse io solo
so ancora
che visse
Dentro il testo
I contenuti tematici
Come capita sempre in Ungaretti, il motivo autobiografico costituisce la molla per una riflessione più ampia e problematica sull’identità e sui sentimenti umani. In questo caso, lo spunto iniziale non si risolve nella pura concentrazione di immagini e illuminazioni, ma conserva un carattere narrativo, senza tuttavia perdere in complessità e respiro meditativo.
L’occasione è fornita dal suicidio di un amico di vecchia data: già frequentato dal poeta negli anni dell’adolescenza vissuti in Egitto, Moammed Sceab viveva a Parigi nello stesso albergo di Ungaretti, con cui condivideva interessi e passioni. Ma il legame più intimo e segreto tra i due giovani era fornito da un comune disagio esistenziale, dalla stessa difficoltà a definire la propria vita e a trovare una casa, una patria, una cultura, insomma un’identità. Nomadi entrambi, apolidi, sradicati: per Moammed tale condizione non era più sopportabile; il sentimento della diversità e dell’impossibilità di integrarsi con gli altri lo ha portato infatti alla decisione estrema del suicidio.
Ungaretti, invece, ha trovato nella poesia una chiave per attraversare il malessere e vincerlo; è riuscito a non impantanarsi nella palude dell’insensatezza e dell’annullamento, diversamente dall’amico, che aveva scelto di non essere più Moammed senza poter essere però sino in fondo Marcel (vv. 8–17); l’autore ha quindi potuto mitigare l’asprezza e il tormento della vita percorrendo la via salvifica dell’arte, mentre il compagno non sapeva / sciogliere / il canto / del suo abbandono (vv. 18–21).
In altri termini, il poeta riconosce il tormento di Moammed, si sente un suo alter ego, afflitto dalla stessa inquietudine e dalla comune incapacità di trovare un punto di approdo, un porto a cui attraccare per chiudere un estenuante vagabondaggio. Tuttavia la poesia gli ha impedito di andare alla deriva, migliorando la sua condizione originaria e facendo nascere in lui il desiderio di lasciare una testimonianza di sé: gli ha insomma salvato la vita e permesso di conservare il ricordo del morto, altrimenti destinato all’oblio ( io solo / so ancora / che visse, vv. 35–37).
Le scelte stilistiche
Abbiamo rilevato il carattere narrativo di questa lirica, la quale non a caso si apre con un verbo (Si chiamava / Moammed Sceab) che indica il tempo e il nome del soggetto a cui è dedicata, e prosegue con la sua descrizione scavando nella sua remota identità e nelle sue origini fino a illustrarne il presente, l’amore per la Francia, la scelta di cambiare nome (sono significativi i perentori passati remoti Amò, v. 8; mutò, v. 9; Fu, v. 10). Dal racconto del passato del giovane, si passa a un resoconto quasi cronachistico: la terzultima e penultima strofa descrivono il funerale e il cimitero che accoglie i resti dell’amico in un’atmosfera e con toni che ricordano la mestizia dei poeti crepuscolari.
Tuttavia, la patina descrittiva della poesia è fortemente insidiata dal ritmo franto dei versi: i «versicoli» ungarettiani, come sempre senza punteggiatura, danno risalto alla singola parola concentrandosi in misure brevissime (c’è solo un endecasillabo ipermetro*, al v. 26). Alcuni versi sono costituiti da un’unica parola: particolarmente pregnanti sono
suicida (v. 5), Riposa (v. 28), sempre (v. 31), termini sintomatici di un perentorio e ormai irredimibile esito, la cui negatività è ribadita inoltre dalla frequenza dell’avverbio
non (non aveva, v. 6; non era, v. 11; non sapeva, v. 18).
Verso le competenze
COMPRENDERE
1 Riassumi il contenuto del componimento.
ANALIZZARE
2 Quale valore ha l’alternanza dei tempi verbali che contraddistingue la terza e la quarta strofa?
3 Individua un’analogia presente nel testo.
4 Rintraccia le allitterazioni presenti negli ultimi tre versi: quale atmosfera contribuiscono a creare?
INTERPRETARE
5 Quali punti di contatto esistono tra la condizione di Moammed e quella di Ungaretti?
6 Il verbo “sapere”, attribuito prima a Moammed e poi al poeta stesso, decide in un certo senso dei loro diversi destini. Dopo aver riletto la poesia e l’analisi del testo, spiega in che senso.
PRODURRE
7 La vicenda di Moammed Sceab, africano e musulmano trapiantato in Europa, propone un tema di drammatica attualità in questi anni. Rifletti, in un testo argomentativo di circa 30 righe, sul tema dell’integrazione fra culture diverse, tenendo conto delle somiglianze ma anche delle differenze fra la nostra epoca e quella in cui scrive Ungaretti.
Al cuore della letteratura - volume 6
Dal Novecento a oggi