L’antichità ispira anche il lavoro di uno dei massimi artisti della prima metà del Seicento: Guido Reni. L’artista si forma con un maestro fiammingo, Denijs Calvaert, attivo a Bologna, e poi alla scuola dei Carracci. Rimane affascinato, da un lato, dalla pittura sobria e limpida di Raffaello, dall’altro dalla rivoluzionaria tecnica di Caravaggio.
A Roma, dove risiede dal 1608, compie la sua scelta classicista. Nel Casino Borghese (oggi Pallavicini) realizza per il cardinale Scipione Borghese il suo primo capolavoro, l’affresco con l’Aurora (1613-1614). La sua fama cresce e la sua produzione di opere d’arte, per lo più di tema religioso e mitologico, è molto vasta. Le sue raffigurazioni evitano ogni eccesso drammatico per inseguire un ideale di bellezza distaccato dalle cose del mondo; in questo incontra il gusto del pubblico del tempo, in cerca di immagini eleganti e quiete, piene di grazia e compostezza.
Guido Reni
GUIDO RENI
BOLOGNA 1575-1642
L’IDEALE DI UNA BELLEZZA ANTICA
NOSTALGIA DI UN MONDO PERDUTO
Nei racconti mitologici Reni sembra cogliere l’eco di una serenità ormai perduta. In questo dipinto rappresenta la storia di Ippomene, che sfida a una gara di corsa la velocissima ninfa Atalanta. Ippomene lascia cadere tre mele d’oro che la ninfa si china a raccogliere, e così vince la gara. Sembra di assistere a una scena di danza, bloccata per sempre nella sua eterna bellezza: le figure si contrappongono armoniosamente, creando un’immagine di geometrica eleganza.
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