I mosaici della Villa del Casale

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I mosaici della Villa del Casale

10. Pianta della Villa del Casale, IV secolo. Piazza Armerina (Enna).


Nell’età di Costantino, in tutto il mondo romano continuano a essere edificate nelle campagne ville grandiose. Sono infatti numerosi gli alti dignitari che possono permettersi una villa delle dimensioni di una piccola città, con una moltitudine di servitori che lasciano al padrone l’agio di espletare le funzioni pubbliche, ricevere gli amici e dedicarsi all’otium. Del resto, molte città portano ormai il segno delle distruzioni dovute alle invasioni o si trovano comunque in una situazione di declino.
Uno dei ritrovamenti più significativi per comprendere la ricchezza delle dimore rurali è quello della Villa del Casale di Piazza Armerina, in Sicilia. La villa sorgeva su un leggero pendio, al centro di un latifondo, ed era collegata da un viale alberato lungo 6 chilometri a una borgata sulla strada che da Catania portava ad Agrigento. Gli scavi, iniziati nel 1950, hanno portato alla luce una complessa struttura di 3500 metri quadrati (10), con ambienti di carattere pubblico e privato in gran parte decorati a mosaico che dimostrano l’alto profilo del proprietario. La villa si componeva di quattro nuclei principali: il settore d’ingresso, con un cortile a ferro di cavallo a cui si accedeva tramite una specie di arco trionfale a tre fornici; un corpo centrale, con vari ambienti disposti attorno a un peristilio rettangolare, ornato al centro da una fontana; un secondo peristilio a pianta ovoidale, circondato da altri ambienti; infine, un piccolo complesso termale. L’edificio era in stretto rapporto con il paesaggio circostante, nel quale si svolgevano le attività agricole ma anche la vita campestre e lo svago del ricco proprietario, come ben testimoniano le diverse scene dell’apparato musivo.

I mosaici

II repertorio iconografico rinvenuto nelle stanze della Villa del Casale – la cui impostazione complessiva è molto simile a quella delle opere musive presenti nelle ville delle province romane d’Africa – descrive nei particolari vari momenti della vita di campagna dei proprietari, raffigurati intorno alla rappresentazione centrale della villa.

Mosaico della Piccola caccia 

Uno degli spazi che si aprono sul peristilio rettangolare conserva un mosaico pavimentale con scene di caccia disposte su quattro registri e note nel loro complesso come Piccola caccia. In una delle scene, ambientate nelle campagne intorno alla villa, un cacciatore colpisce con una lancia un cinghiale che ha appena ferito uno dei servi, mentre i cani attaccano ferocemente l’animale selvatico ormai accerchiato (11). Nelle due fasce centrali sono rappresentati momenti legati al tema principale. In una di queste compare un sacrificio a Diana (12), la cui statua campeggia sull’alto basamento di un santuario campestre. Un uomo riccamente abbigliato è intento a sacrificare presso l’altare, mentre altri due, scesi da cavallo, lo assistono, tenendo saldamente le briglie del proprio animale. La dea della caccia sembra proteggere i cacciatori sia nella loro battuta sia durante il banchetto, raffigurato nella scena sottostante (13), dove il proprietario festeggia nel bosco, circondato da familiari e amici: legati i cavalli a un albero, appese a un ramo le reti, i signori stanno seduti su un lungo sedile semicircolare e brindano, mentre i volatili appena uccisi arrostiscono su un grande braciere.

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Mosaico della Grande caccia

Dal lato opposto all’ingresso del peristilio rettangolare si accede a un corridoio trasversale lungo oltre 60 metri, dal centro del quale, tramite alcuni gradini, si sale a una grande stanza absidata, la basilica, che fungeva da sala di ricevimento ufficiale. Il pavimento dell’intero corridoio è occupato da un enorme mosaico, detto della Grande caccia: esso raffigura la cattura di animali esotici (14) su uno sfondo geografico che rappresenta l’intero mondo allora conosciuto. Lo delimitano, nelle absidi laterali, le personificazioni della provincia africana della Mauretania, accompagnata da un leone e da un leopardo, e dell’India, raffigurata con la pelle scura, con accanto una tigre, un elefante e una fenice. L’intero mondo compreso tra queste due regioni estreme è percorso da funzionari incaricati della cattura e del trasporto di animali vivi, che sono convogliati verso i porti di Cartagine a ovest e di Alessandria a est, dove vengono imbarcati (16). La parte centrale del mosaico, in corrispondenza dell’accesso alla basilica, rappresenta lo sbarco degli animali, da sinistra e da destra, in una "terra tra due mari": l’Italia. Controllano lo sbarco tre funzionari con copricapo di tipo pannonico (15), consueto dall’età tetrarchica.   
Questa rappresentazione ha fatto ipotizzare che il proprietario della villa potesse essere un altissimo funzionario, incaricato dell’organizzazione dei giochi a Roma: forse Lucio Aradio Valerio Proculo Populonio, governatore della Sicilia tra il 327 e il 331 d.C., console nel 340, e organizzatore dei fastosi giochi di Roma del 320; oppure qualche rappresentante della famiglia dei Ceionii Rufìi, dei Nicomachi o dei Vitrasi, tutti legati a Roma e alla Sicilia.

Dossier Arte plus - volume 1
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Dalla Preistoria all'arte romana