L’architettura funeraria

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L'architettura funeraria

Le sepolture, generalmente riunite in complessi detti necropoli (città dei morti, dal greco nekrós, “morto” e pólis, “città”) costituiscono la più rilevante testimonianza della civiltà etrusca, a causa della distruzione quasi totale delle architetture civili e religiose. Le tombe assumono forme svariate, a seconda delle epoche e delle aree geografiche, mentre il rito più diffuso è quello dell’incinerazione.

Le decorazioni interne e i corredi funerari, spesso molto ricchi, sono un altro elemento che rende così importanti le tombe etrusche.

Le tombe a pozzetto

Nel periodo villanoviano (900-720 a.C. circa), contraddistinto dall’uso quasi esclusivo del rito a incinerazione, le sepolture presentano in genere una struttura a pozzetto, al cui interno venivano deposti i vasi con le ceneri del defunto, del tipo detto urna biconica per la forma composta da due tronchi di cono. Il corredo funebre era costituito da vasellame, armi e oggetti quotidiani (34). All’esterno, le tombe erano probabilmente segnalate da cippi o massi. Questa tipologia resta tipica dell’Etruria padana anche nei periodi successivi.

Le tombe ipogee

Con l’emergere delle differenze sociali, la struttura di alcune tombe si fa progressivamente più monumentale. Nei terreni tufacei venivano scavati uno o più ambienti sotterranei (ipogei), che contenevano sarcofagi con le salme dei defunti: in questo periodo l’inumazione si afferma infatti come pratica funeraria prevalente, anche se l’incinerazione non scompare del tutto, specialmente nell’Etruria settentrionale. Come si vede nella Tomba dei Leoni dipinti (35-36) di Cerveteri, della metà del VII secolo a.C., il soffitto ricorda la copertura di un’abitazione. Questa tomba, a cui si accede attraverso un ampio corridoio con gradinata, è costituita da tre ambienti ipogei che si affacciano con porte ad arco sul corridoio e sono collegati da due disimpegni obliqui. Le camere laterali sono più piccole rispetto a quella centrale: una, con due letti funebri, ha sul fondo un bancone con due grandi cilindri scanalati scavati nel tufo, dalla forma di grosse ceste; l'altra presenta sulla parete il dipinto in bianco e rosso di due leoni (da cui il nome della tomba). L’ambiente centrale comprende due stanze in asse tra loro e con l’ingresso: la prima è più grande e contiene due letti funebri (riproduzioni in pietra dei giacigli su cui erano deposti i defunti) lungo le pareti laterali e due pilastri che sorreggono un tetto a spioventi con imitazione di una struttura portante lignea; la seconda, più piccola e più bassa, come le camere laterali, accoglie anch’essa due sepolture ed è coperta da un tetto a spioventi con imitazione dell’intreccio delle travi.

A partire dalla prima metà del VI secolo a.C. la pianta fondamentale della tomba prevede un corridoio (drómos) di accesso, un atrio a pianta quadrata o rettangolare e una camera sepolcrale dove, su letti funebri, sono deposti i defunti all’interno di sarcofagi in legno o pietra. Tale pianta corrisponde a quella della casa patrizia, con l’ingresso, l’atrio, il tablino (lo studio) e il triclinio (la sala da pranzo). All’Età arcaica risalgono anche le numerose tombe di Tarquinia, a pianta rettangolare con drómos di accesso sotterraneo, decorate da fastose pitture murali. A Perugia, l’Ipogeo dei Volumni (37-38), del III secolo a.C., presenta ancora la pianta con breve drómos e vestibolo allungato coperto da tetto a doppio spiovente che imita la travatura lignea. Sulle pareti del vestibolo si aprono porte che permettono di accedere ad altre celle, e gli ambienti sono decorati da elementi scultorei, come maschere gorgoniche.

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Le tombe a tumulo

Dove il terreno, specialmente se argilloso, richiede una costruzione muraria, la copertura della camera è, nella tarda fase Orientalizzante e nella successiva Età arcaica, a falsa volta, composta cioè da filari di pietre aggettanti sovrapposti uno sull’altro fino alla lastra di copertura, o a pseudocupola, cioè con pietre aggettanti disposte in cerchi concentrici dal diametro decrescente (► p. 60). Per esempio, nella prima tomba della Pietrera di Vetulonia la copertura è a falsa cupola (39). In ogni caso la camera sepolcrale, che a volte è preceduta da un drómos e può presentare più ambienti costruiti in periodi diversi (a dimostrazione del carattere gentilizio-familiare del monumento), è sormontata all’esterno da un tumulo, cioè da un cumulo di terra leggermente conico, retto alla base da un anello in muratura o in roccia intagliata (tamburo). Appartengono a tale concezione monumentale, in sintonia con l’ideologia tesa al prestigio assoluto dei prìncipi etruschi, gli imponenti tumuli funerari del Sodo di Cortona; uno di questi, il tumulo II, databile attorno al 580 a.C., presenta un imponente altare-terrazza con raffinate decorazioni scolpite sul corrimano e alla base delle balaustre (40). È preceduto da un drómos che termina in un vestibolo quasi quadrato, da cui si passa alla tomba vera e propria, composta da due ambienti quadrati posti in asse che immettono a loro volta in cinque stanze rettangolari; gli ambienti presentano coperture a falsa volta (41).

Gradualmente, con la formazione di un nuovo ceto medio, le tombe divengono più piccole e tendono a uniformarsi per struttura. La necropoli di Crocifisso del Tufo (42-43), per esempio, è costituita da tombe rettangolari in blocchi isodomi di tufo, disposte lungo l’asse viario. Si tratta della necropoli settentrionale dell’antica città etrusca di Volsinii (Orvieto): le tombe sono composte da un’unica stanza coperta a falsa volta con due banchine interne, una sul fondo e una su un lato, su cui poggiavano i sarcofagi; ogni tomba è sormontata da un basso tumulo che termina sulla sommità con un cippo di varie forme (a pigna, globulare o con motivi a foglie), mentre al di sopra dell’ingresso si trova l’iscrizione funebre.

Le tombe si dispongono ordinatamente in isolati con le facciate aperte su strade tra loro ortogonali. Tale impianto appare frutto di una pianificazione razionale dello spazio che presenta forti analogie con la struttura delle città di Marzabotto e Gonfienti, che risalgono allo stesso periodo (► p. 187).

La tipologia a tomba circolare ritorna anche in Età ellenistica, quando prevalgano la pratica dell’incinerazione e l’uso di piccole urne, insieme al tipo a camera rettangolare unica con volta a botte, talora ricoperta all’esterno da un tumulo a imitazione delle sepolture più antiche. Un esempio è la cosiddetta Tanella di Pitagora di Cortona (44), in cui la camera sepolcrale è preceduta da un breve drómos e coperta da una volta a botte.

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Le tombe rupestri

Nelle necropoli della regione viterbese (Castel d’Asso, Norchia) e di Sovana (Grosseto), infine, si ha un tipo particolare di monumento funebre ricavato nella roccia tufacea (necropoli rupestri), di forte impatto scenografico (45).

Ve ne sono a forma di dado con finta porta (il sepolcro vero e proprio, a camera, sta al di sotto del dado), di casa o addirittura di tempio a colonne, con frontone triangolare o a copertura piana, come la celebre Tomba Ildebranda di Sovana (46-47).

Quest’ultima, che risale al III secolo a.C., è stata chiamata così in onore di Ildebrando da Sovana, vissuto nell’XI secolo e salito al soglio pontificio con il nome di papa Gregorio VII. La tomba sorgeva su un alto podio modanato ed era accessibile da due scalette laterali, con sei colonne scanalate in facciata e quattro sui lati, cella a T (che ricorda la disposizione ad alae tipica del tempio), finta porta e decorazioni policrome con fregi, antefisse e capitelli scolpiti. Alla camera sepolcrale sottostante, con pianta a forma di croce, banchine laterali e copertura a imitazione di un soffitto a cassettoni, si accede da un lungo drómos, che a sua volta taglia il corridoio di una tomba più antica.

Dossier Arte plus - volume 1
Dossier Arte plus - volume 1
Dalla Preistoria all'arte romana