LA FORMAZIONE DELLE IMMAGINI
Il funzionamento dell’occhio viene spesso paragonato a quello di una macchina fotografica: l’iride è come il diaframma che fa entrare la giusta quantità di luce aprendo o chiudendo l’obiettivo (paragonabile a sua volta alla pupilla); il cristallino è come la lente della macchina, dirige i raggi luminosi sulla retina assicurando la messa a fuoco e producendo su di essa un’immagine capovolta e rimpicciolita (5); la retina è come la pellicola sensibile alla luce, su cui si imprime l’immagine.
Coni e bastoncelli della retina traducono l’immagine in impulsi nervosi che giungono al cervello, dove si trasformano in visione cosciente: quindi, continuando nel paragone, la funzione del cervello potrebbe essere assimilata al lavoro del fotografo che sviluppa la pellicola. Ma il cervello, in realtà, fa di più: riorganizza gli stimoli luminosi
e rielabora l’immagine interpretandola attraverso l’associazione a forme, colori
e movimenti già presenti nella memoria.
C’è anche un’altra differenza essenziale tra occhio e macchina fotografica: gli occhi sono
due, e questo ci permette di vedere in tre dimensioni e, così, di percepire la profondità,
una caratteristica propria della visione binoculare (6), ossia di quel tipo di visione nella quale la stessa immagine viene vista da entrambi gli occhi. Si tratta di un aspetto fondamentale: se per afferrare la matita poggiata sul banco muovi il braccio con sicurezza, è proprio perché il cervello ti dice a quale distanza si trova, ti dà cioè la percezione della profondità.
(5) La messa a fuoco
Ogni oggetto colpito dalla luce riflette raggi luminosi in tutte
le direzioni; alcuni passano attraverso la pupilla ed entrano nell’occhio.
La cornea, l’umor acqueo, il cristallino e l’umor vitreo funzionano
come lenti e dirigono i raggi luminosi sulla retina, producendo
un’immagine dell’oggetto osservato capovolta e di dimensioni ridotte.
Grazie a particolari muscoli, detti ciliari, il cristallino assicura
la messa a fuoco: si appiattisce, in modo da deviare di poco i raggi
luminosi, quando deve mettere a fuoco oggetti lontani; diventa più
spesso, accentuando la deviazione dei raggi, quando l’oggetto è vicino.
ll risultato è che l’immagine si forma sempre sulla retina. Nella corteccia
cerebrale, per prima cosa, l’immagine viene di nuovo capovolta.
(6) Vedere in tre dimensioni
La capacità di vedere in rilievo
è resa possibile dalla posizione
dei due occhi, frontali e separati
tra loro di pochi centimetri,
dunque capaci di convergere sullo
stesso oggetto (nel nostro esempio
un dado), vedendolo però da
angolazioni leggermente diverse.
Prima di arrivare al cervello, le fibre
dei due nervi ottici si incrociano:
il nervo proveniente dall’occhio
destro va all’emisfero sinistro,
l’altro va all’emisfero destro. Nella
corteccia cerebrale le due immagini
si sovrappongono e si fondono in
un’unica immagine tridimensionale.