SPERIMENTIAMO: La risalita del magma

 Unità 5 TERREMOTI E VULCANI ›› 2 I vulcani

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SPERIMENTIAMO ›› LA RISALITA DEL MAGMA

OCCORRENTE

Una bottiglietta di acqua gassata sigillata.

TEMPO NECESSARIO

Pochi minuti.

COME PROCEDERE

Agitiamo con forza la bottiglietta ancora sigillata. Spostiamoci quindi sopra un lavandino e stappiamo lentamente la bottiglia. Nel momento stesso in cui iniziamo a svitare il tappo, possiamo osservare il formarsi di bollicine che salgono verso la superficie; quindi, una volta aperta la bottiglietta, bolle e acqua usciranno violentemente. Che cosa è successo? La presenza dell’anidride carbonica con cui è addizionata l’acqua gassata non è visibile finché la bottiglietta è sigillata ma, nel momento in cui si svita il tappo, la pressione all’interno della bottiglia diminuisce, rendendo possibile la formazione di bolle di gas, che poi fuoriescono insieme all’acqua. Questo è simile a ciò che avviene all’interno di un vulcano prima di un’eruzione: a mano a mano che il magma sale verso la superficie e che la pressione diminuisce, i gas disciolti al suo interno formano bolle sempre più grosse, che fuoriescono dal vulcano insieme al magma e, una volta all’esterno, si disperdono nell’ambiente.

ZONE VULCANICHE E ZONE SISMICHE

Come abbiamo visto, la litosfera è costituita da placche in movimento e la maggior parte dei fenomeni sismici si verifica proprio lungo i margini tra le placche (14). Questi corrispondono, inoltre, alle zone in cui sono presenti più vulcani.
Tale sovrapposizione è naturale, dal momento che i movimenti delle placche possono provocare fratture della crosta terrestre, un evento che da un lato si accompagna a scosse sismiche, spesso molto violente, dall’altro offre uno sfogo verso l’esterno al magma, che può fuoriuscire dando luogo a un’eruzione vulcanica.


(14) Placche, vulcani e terremoti

La sovrapposizione tra i margini delle placche, le zone vulcaniche e le zone sismiche è evidente. Nell’area dell’Oceano Pacifico, la distribuzione dell’attività vulcanica e sismica segue una linea chiamata Cintura di fuoco, che dall’Oceania risale fino allo Stretto di Bering e quindi scende lungo tutta la costa occidentale delle Americhe.

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Non tutti i vulcani, però, si trovano ai margini delle placche. Esistono infatti i cosiddetti hot spot o punti caldi (15), il cui esempio più classico è costituito dalle Isole Hawaii, un arcipelago formato da una catena di vulcani, solo due dei quali ancora attivi (oltre a uno sottomarino). Un hot spot è una camera magmatica alimentata da magma che risale dal mantello e “perfora” la crosta terrestre, dando luogo a fenomeni vulcanici. La particolarità è che l’hot spot rimane fermo e continua a “perforare” la crosta, la quale invece si sposta insieme alla placca: in questo modo, nel tempo, da un unico punto caldo possono originarsi più vulcani lungo una stessa linea.


(15) Hot spot
Le Hawaii si sono formate nel corso di milioni di anni: l’hot spot ha creato una serie di vulcani allineati (in direzione nord-ovest) per una distanza di circa 5000 km. Le isole (e i vulcani) più lontane dall’hot spot sono le più vecchie; gli unici vulcani attivi sono il Mauna Loa e il Kilauea, sull’Isola di Hawaii, e il vulcano sottomarino Loihi.

  Uso le domande guida  
  • Qual è la differenza tra magma e lava?

  • Quando un vulcano è detto quiescente?

  • Che cosa si intende per “vulcanismo secondario”?

  • Qual è la particolarità degli hot spot?

    SCIENZE +     Il vulcano nascosto sotto il Tirreno

Si chiama Marsili, dal nome dello scienziato Luigi Ferdinando Marsili, che lo scoprì negli anni ’20 del Novecento. È il più grande vulcano attivo d’Europa e si trova sott’acqua. Fa parte dell’arco insulare delle Eolie, a circa 140 km di distanza dalla Sicilia e 150 km dalla Campania; si estende per 70 km in lunghezza e 30 in larghezza e la sua sommità arriva a 500 m dalla superficie dell’acqua.
Da anni i vulcanologi lo tengono sotto controllo e lo studiano per la sua potenziale pericolosità. Questo “gigante”, infatti, è solo apparentemente addormentato: sebbene le ultime eruzioni risalgano a un periodo di tempo compreso tra 5000 e 3000 anni fa, mostra ancora segni di attività. Quello che preoccupa di più non è il pericolo di un’eruzione, che pare improbabile in un futuro prossimo, quanto il distacco di grossi ammassi di materiale roccioso dalle pareti del vulcano. Se ciò avvenisse, la conseguenza sarebbe la formazione di uno tsunami che potrebbe colpire centinaia di chilometri di costa tirrenica e di parte dell’entroterra: dalla Sicilia alla Liguria, Sardegna compresa.

Scienze evviva! - volume 3
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