SCIENZA & SOCIETÀ 

SPECIE E RAZZA

Tutti gli esseri umani che vivono oggi sulla Terra appartengono all’unica specie Homo sapiens. La variabilità che si osserva nei caratteri esteriori, come il colore della pelle, dei capelli, la forma degli occhi, è il risultato dell’adattamento ad ambienti diversi: la colorazione scura della pelle, per esempio, è dovuta a un’elevata concentrazione di melanina, il pigmento presente nelle cellule della pelle che permette a quest’ultima di resistere meglio alle radiazioni solari, soprattutto in quelle zone della Terra a esse fortemente esposte, come l’Africa. Anche gli occhi a mandorla sono un adattamento per resistere al freddo, al vento e alla forte luce riflessa dalla neve.
Sulla base di queste considerazioni e della definizione di specie oggi adottata dal mondo scientifico (ossia individui che riproducendosi fra loro danno vita a una prole fertile), il termine razza, molto usato in passato e che tante discriminazioni ha creato e crea tuttora, è privo di qualsiasi validità scientifica e non può essere applicato alla specie umana: presuppone, infatti, differenze genetiche, ossia nel DNA, che non sono assolutamente riscontrate.
Il primo a utilizzare il colore della pelle come criterio distintivo di presunte razze umane fu Linneo, nel 1735, quando ancora però il concetto di specie non si basava su una definizione precisa e circoscritta e i confini tra le specie erano piuttosto labili.
Oggi l’utilizzo della parola razza resta valido solo per identificare gruppi di piante o animali domestici che sono stati selezionati artificialmente perché abbiano determinate caratteristiche fisiche: è il caso dei bovini di razza chianina (il nome deriva dalla Val di Chiana, in Toscana). Per sottolineare invece le caratteristiche culturali di un gruppo di individui, che abita la stessa zona geografica ed è accomunato dagli stessi usi e costumi, è appropriato utilizzare il termine etnia o gruppo etnico.

Scienze evviva! - volume 1
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