3.  L’ETÀ DEL REALISMO

Dall’Accademia al Realismo

Il Realismo è un movimento letterario e artistico che si sviluppa in Europa a partire dalla metà degli anni Quaranta dell’Ottocento, in coincidenza con i profondi mutamenti sociali che interessano il continente, e che può dirsi attuale fino alla seconda metà degli anni Sessanta.
Proprio mentre la questione sociale emerge in tutta la sua urgenza, il Realismo mira a rappresentare anche le classi sociali e i soggetti fino ad allora esclusi dal canone della cultura ufficiale. Esso non è in realtà mosso da un’esplicita volontà di denuncia sociale, né tanto meno di critica al potere; tenta piuttosto di tradurre fedelmente il dato reale, senza inquinarlo con elementi edulcorati o d’invenzione. Gli avventori dei caffè e dei locali notturni, gli operai e gli addetti alle mansioni più umili sono alcuni dei soggetti che catturano l’interesse di letterati e artisti; e ai nuovi soggetti corrisponde un nuovo sguardo, che aspira all’obiettività, cercando di fotografare la realtà, rinunciando il più possibile alle interpretazioni concesse all’arte.

Naturalismo e Verismo tra arte e letteratura

Oltre che alla diffusione della fotografia, l’approccio realista nel campo delle arti figurative è strettamente correlato agli sviluppi della letteratura del tempo, che prende il nome di Naturalismo. In Francia, i romanzi di Honoré de Balzac (1799-1850), Gustave Flaubert (1821-1880) ed Émile Zola (1840-1902) narrano le sofferenze dei ceti più umili e le piccole meschinità della società francese. Arte e letteratura affrontano entrambe due generi distinti di malessere sociale: da un lato l’attenta descrizione delle profonde disuguaglianze di classe, dall’altro il più sottile disagio psicologico che interessa soprattutto la borghesia, e che il poeta Charles Baudelaire (1821-1867) riassume nel termine ennui (noia), anticipando sviluppi che caratterizzeranno la cultura europea dei decenni successivi. Il Realismo mette a nudo una società senza speranza di felicità, in cui le classi meno abbienti hanno preoccupazioni primarie che raramente possono soddisfare, mentre quelle più ricche e potenti – la borghesia e l’aristocrazia – sono vittime di un’insostenibile angoscia esistenziale.
Questi temi sono ben presenti anche nel Verismo, declinazione italiana del Realismo. Anche la corrente verista – al tempo stesso letteraria e artistica – racconta la realtà senza filtri e senza ricerca di compiacimento estetico. In ambito letterario il capofila dei veristi italiani è Giovanni Verga (1840-1922), che con il suo I Malavoglia (1881) offre un ritratto disperante di una famiglia di pescatori di Aci Trezza, paesino in provincia di Catania. Nelle arti figurative, lo stesso accento sull’arretratezza del Meridione percorre l’opera del napoletano Michele Cammarano. Per l’Italia, si parla di Verismo per indicare l’arte fino alla metà degli anni Settanta dell’Ottocento circa, con alcune propaggini più tarde nella scultura (la cui evoluzione è sempre più lenta), per esempio il Proximus tuus che Achille D’Orsi espone alla Promotrice di Torino nel 1880.

L’arte realista oltre i propri modelli

L’attitudine verso la ricerca del “vero” è sollecitata dal contemporaneo pensiero positivista, che individua nell’esperienza diretta l’unico strumento di conoscenza certa. Alcuni presupposti dell’arte realista affondano le radici nel Romanticismo. Benché il Realismo rifiuti l’esaltazione dell’interiorità individuale e degli aspetti imperscrutabili dell’esistenza, ne condivide l’approccio indagatore. Sulla scia tracciata dagli artisti romantici che hanno dedicato maggiore attenzione a soggetti anonimi o emarginati – si pensi ai soldati di Goya, ai naufraghi senza nome di Turner o ai malati di mente di Géricault – una nuova generazione di artisti si esprime attraverso un linguaggio mirato all’analisi obiettiva, che tiene conto delle molteplici attività umane: c’è spazio dunque per la lezione di danza come per la raccolta del grano, purché rappresentate secondo un’interpretazione oggettiva e puntuale.
Il vero bersaglio della poetica realista è la pittura accademica, divenuta ormai quanto di più distante dalla rappresentazione della società moderna. Il protagonista assoluto di questa rottura è Gustave Courbet, caposcuola della pittura realista francese che, una volta rifiutato al Salon del 1855, decide di allestire un proprio padiglione dedicato interamente al Realismo. La grande rivoluzione attuata da Courbet apre la strada alla sperimentazione di tecniche pittoriche nuove e individuali, distanti dalle norme accademiche, con cui gli artisti esprimeranno il proprio interesse per i soggetti del quotidiano, colti anche negli aspetti più miseri e scabrosi.

Dossier Arte - volume 3 
Dossier Arte - volume 3 
Dal Neoclassicismo ai giorni nostri