Frank Lloyd Wright

   8.  L’ARTE TRA LE DUE GUERRE >> L’architettura e il design della Modernità

Frank Lloyd Wright

Dopo aver lavorato in gioventù a Chicago nello studio di Louis Sullivan, importante precursore della tipologia edilizia del grattacielo, dal 1893 Frank Lloyd Wright (Richland Center, Wisconsin 1867-Phoenix, Arizona 1959) intraprende una carriera autonoma che sarà lunga e ricca di opere.
Egli affronta in maniera moderna i temi funzionali e strutturali dell’architettura del suo tempo ma elabora una visione del tutto personale del progetto, definita “architettura organica”, assai distante dal razionalismo europeo. Wright sostiene che come ogni essere vivente deve adattarsi all’habitat che lo circonda, così l’architettura deve essere concepita cogliendo i suggerimenti del contesto naturale, biologico (e quindi appunto organico) in cui sorge.
Uno dei cardini del pensiero dell’architetto è anche il recupero della tradizione costruttiva dei pionieri americani, che costruivano le loro case in legno, pietra e mattoni, con tetti sporgenti ad ampie falde: questa visione trova la sua prima applicazione nelle cosiddette Prairie Houses che, anche nel nome, richiamano il mondo pionieristico delle sconfinate praterie. La Willits House (109) e la Robie House (110) appartengono a questa tipologia di ville unifamiliari che tuttavia non sorgono nelle aperte campagne del Midwest, ma negli eleganti sobborghi residenziali di Chicago.
Le abitazioni hanno un marcato sviluppo orizzontale. L’organizzazione interna, perfettamente rispecchiata dal gioco d’incastri dei volumi esterni, si articola attorno al fulcro del grande camino centrale, pensato per riproporre la funzione simbolica del tradizionale focolare domestico. Ampie terrazze e profondi sporti di gronda (le parti del tetto che sporgono dalla muratura) si prolungano nei rigogliosi giardini.

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Casa Kaufmann

Circa un trentennio dopo le prime Prairie Houses, Wright costruisce la Casa Kaufmann, conosciuta anche come la “Casa sulla cascata” (111).
Immersa nello straordinario contesto naturale di un bosco e del salto di un torrente, la costruzione non è per nulla invasiva; al contrario, si inserisce nell’ambiente in modo armonioso. L’utilizzo della pietra locale per il rivestimento di alcune parti, insieme al sapiente movimento dei blocchi in calcestruzzo armato, crea un suggestivo organismo, completamente aperto verso l’esterno.

Uffici Johnson Wax

Costruiti negli stessi anni della casa Kaufmann, gli Uffici Johnson Wax (112) sono emblematici dell’attenzione dedicata da Wright all’architettura dei luoghi di lavoro. Un grande salone è il cuore dell’edificio. La versatilità del calcestruzzo armato è sfruttata in questo caso in maniera sorprendente: la pianta è libera ed è punteggiata da pilastri dalla caratteristica forma a ombrello, rastremati verso il basso. La luce è l’elemento essenziale di questo ambiente; calibrata e diffusa in maniera raffinata, essa proviene dalla copertura, dagli spazi liberi tra le parti superiori dei pilastri, mentre le pareti perimetrali, continue e protettive, sono cieche.
Come spesso accade per i suoi edifici, Wright progetta anche gli elementi d’arredo, tra cui spiccano le sedie e le scrivanie per gli impiegati (113), ancora oggi in uso. Lo scrittoio in legno e acciaio è un sistema integrato costituito da tre piani di appoggio sfalsati e da vani portaoggetti di varie dimensioni. Anche il cestino gettacarte è agganciato alla parte destra del mobile. La sedia, robusta e dotata di ruote, è connotata dalla forma circolare, presente sia nella seduta sia nello schienale. In questo modo, grazie a configurazioni e a materiali innovativi, il design wrightiano risponde alle istanze funzionali di una civiltà del lavoro in rapida trasformazione.

Museo Solomon R. Guggenheim

Unico edificio newyorkese di Frank Lloyd Wright, il Museo Solomon R. Guggenheim (114-115) è concepito come una spirale ascensionale, un percorso continuo in lieve pendenza lungo il quale il visitatore può ammirare le opere d’arte esposte senza alcuna interruzione. Si tratta del massimo esempio di forma organica, che viene realizzata superando l’usuale struttura costituita da travi e pilastri, grazie a un impiego plastico del cemento armato.
La parete intesa come elemento divisorio scompare, così come la forma del museo tradizionale basata sulla successione di singole sale espositive. Il lungo nastro murario su cui sono presentati i quadri è lievemente inclinato, a riprodurre l’angolazione dei cavalletti dei pittori; la rampa elicoidale si affaccia su un grande spazio circolare a tutta altezza. L’edificio finisce per essere esso stesso opera d’arte, tanto che, forse, il più pregevole pezzo della collezione museale è proprio il suo contenitore.

Dossier Arte - volume 3 
Dossier Arte - volume 3 
Dal Neoclassicismo ai giorni nostri