Il Realismo magico
La definizione di Realismo magico (magischer Realismus), coniata nel 1925 da Franz Roh in Germania,
è elaborata in Italia dal letterato Massimo Bontempelli, che così la descrive: «Precisione realistica
di contorni, solidità di materia ben poggiata sul suolo; e intorno come un’atmosfera di magia che
faccia sentire, traverso un’inquietudine intensa, quasi un’altra dimensione in cui la vita nostra
si proietta […]. In questo senso l’arte deve dominare la natura, in questo senso abbiamo parlato
di “magia”, e abbiamo chiamato l’arte “realismo magico”». Il recupero della plasticità della forma si unisce pertanto a un’atmosfera straniante e sospesa di derivazione metafisica.
Molti artisti operanti in Italia negli anni Venti declinano una propria visione del Realismo magico:
questa atmosfera si ritrova nel lavoro di artisti che gravitano attorno a “Valori Plastici” e in
quello di alcuni protagonisti del gruppo del Novecento, come pure nei dipinti di Felice Casorati (Novara 1883-Torino 1963) e Antonio
Donghi (Roma 1897-1963).
Casorati si trasferisce nell’immediato dopoguerra a Torino, dove lavora per oltre quattro decenni,
influenzando notevolmente il clima artistico della città. Il Ritratto di Silvana Cenni
(55) è costruito in base a un rigore geometrico memore delle
pale d’altare quattrocentesche, soprattutto della Pala di Brera di Piero della Francesca
(56). Questa impostazione conferisce alla figura una dimensione immota
e sospesa, ulteriormente accentuata dall’ovale perfetto del volto e dalla maestosità della figura. La donna è seduta
su una sorta di trono mascherato da un pesante drappo decorato, che fa risaltare il bianco abbacinante
della veste; il suo sguardo, rivolto verso il basso, rimanda inevitabilmente alla Madonna della
Pala di Brera. La luce
chiara e intensa governa l’intera composizione, scolpisce i profili e dona solennità all’ambiente silenzioso e
raccolto; l’atmosfera di statica meditazione è suggerita dai libri e dai rotoli cartacei posizionati
a terra e dall’intenso squarcio prospettico oltre la finestra, che mette in comunicazione, alla
maniera fiamminga, spazio interno ed esterno in un continuum visivo di rara limpidezza
plastica.