Dossier Arte - volume 3 

   7.  LE AVANGUARDIE STORICHE >> Il cubismo

Picasso cubista

A partire dal 1908 Picasso e Braque lavorano autonomamente, seppure in una complicità di intenti, verso un’accentuazione volumetrica delle forme, attraverso cui la pittura passa da imitazione e copia della realtà a una realtà essa stessa autonoma.
Sotto l’influsso di Braque, Picasso stempera il grande fascino per l’arte africana e si concentra sulla scomposizione delle forme: volti e oggetti come vasi, bicchieri, frutta, tavoli, bottiglie, case sono colti contemporaneamente da più punti di vista in uno stesso spazio, a esplorare la totalità dell’oggetto con una pittura che tende alla monocromia. Questa fase della ricerca comune di Picasso e Braque, che si estende sin verso il 1911-1912, è comunemente indicata dalla critica come “Cubismo analitico”. È caratterizzata, appunto, da una marcata scomposizione della forma, in un’accezione molto mentale attraverso l’utilizzo di molteplici punti di vista che determinano una riproposizione in superficie della realtà globale dell’oggetto: in uno stesso spazio e nello stesso tempo l’oggetto è percepito come se venisse colto contemporaneamente da più angolazioni. Questa ricerca raggiunge un risultato che rasenta l’astrazione, senza tuttavia mai distaccarsi dalla realtà e dalla natura. Dirà infatti Picasso: «L’arte astratta non esiste. Si deve sempre partire da qualche cosa. Si può togliere, dopo, qualsiasi apparenza di realtà, ma l’idea dell’oggetto avrà comunque lasciato il suo segno inconfondibile».

Ritratto di Ambroise Vollard

Risale a questo periodo il Ritratto di Ambroise Vollard (26) di Picasso, in cui il volto e il corpo del famoso mercante, amico degli artisti, è scomposto e ridotto a forme geometriche che si intersecano nella superficie pur mantenendo appigli descrittivi (gli occhi, il naso, la bocca) che guidano lo spettatore alla comprensione del dipinto e fanno sì che la composizione non assuma una valenza completamente astratta. Secondo un aneddoto, il piccolo figlio di un amico del mercante, vedendo il dipinto, esclamò infatti: «È Vollard!». Figura e sfondo assumono la stessa consistenza visiva, annullando la gerarchizzazione tra gli elementi compositivi: l’unico elemento a creare una distinzione tra le varie componenti dell’opera è il colore del volto e della fronte calva, delineato con tinte più chiare e luminose rispetto a tutto il resto della composizione. Il ritratto non mira alla verosimiglianza fotografica, ma indaga l’aspetto psicologico del soggetto, quello veramente significativo ai fini della conoscenza.

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Ma jolie

L’opera che rappresenta l’apice dell’esperienza del Cubismo analitico può essere identificata in Ma jolie (Donna con mandolino e chitarra) (27), in cui la composizione si basa su una fitta frammentazione di piccoli moduli geometrici che si intersecano e si sovrappongono come se fossero trasparenti sulla superficie. Per la prima volta assistiamo all’introduzione di scritte, che si accordano perfettamente alla ricercata bidimensionalità della pittura, e servono a evocare gli oggetti senza imitarli, pur conferendo un aggancio semantico specifico, che guida lo spettatore alla comprensione del dipinto o gli fornisce comunque degli agganci specifici con il reale. Dedicato al suo nuovo amore Eva Gouel, questo dipinto è molto enigmatico. Soltanto la scritta in basso “MA JOLIE” rinvia a un vezzeggiativo amoroso che costituisce altresì il ritornello di una canzone dell’epoca intitolata Chanson dernière in cui si ascolta: “O Manon, ma jolie, mon coeur te dit bonjour” (O Manon, mia bella, il mio cuore ti saluta).
A partire dal 1912 non solo vengono utilizzate le scritte nei dipinti, ma fanno la loro comparsa anche oggetti e frammenti di elementi reali che daranno vita ai primi collage e assemblaggi (► p. 276).

Natura morta verde

In questa nuova stagione di ricerca la descrizione analitica e la scomposizione globale dell’oggetto attraverso la riproposizione in superficie di molteplici punti di vista è superata a favore di una rappresentazione più riassuntiva e sintetica. Tale fase, che si definisce “Cubismo sintetico”, vede emergere una rinnovata attenzione verso il colore. Non c’è più l’urgenza di rappresentare l’oggetto in un’accezione mentale che permette di esaminare il valore strutturale delle forme. L’analisi si fa più sommaria e, in un certo qual modo, più sensibile rispetto all’intellettualismo del Cubismo analitico, anche grazie all’utilizzo del collage e al recupero del colore. Un esempio è Natura morta verde (28), in cui gli oggetti sono molto più riconoscibili rispetto a quelli dei dipinti del periodo analitico, in una composizione di grande libertà espressiva che recupera altresì la tecnica pointilliste neoimpressionista trasformandola in un seducente elemento decorativo. Basato su un accordo cromatico verde, che relaziona e uniforma primo piano e sfondo, una serie di oggetti consuetamente utilizzati nelle composizioni cubiste – un portafrutta, una bottiglia, un bicchiere e vari frutti – sono disposti su un piano di posa accennato in una semplificata scansione prospettica di linee nere di contorno. L’utilizzo del pointillisme accentua per l’appunto il senso decorativo della composizione e sembra quasi mimare un papier collé, come se la composizione fosse realizzata con diversi tipi di carta ritagliata e sovrapposta per definire ciascun elemento della composizione.

Dossier Arte - volume 3 
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Dal Neoclassicismo ai giorni nostri