7.  LE AVANGUARDIE STORICHE


Umberto Boccioni, Rissa in galleria (La baruffa), particolare, 1910, olio su tela. Milano, Pinacoteca di Brera.

L'EPOCA E LE IDEE

Verso la società di massa

All’inizio del Novecento, l’Europa e il mondo vivono un periodo di grandi cambiamenti. Il processo di industrializzazione, in continua diffusione, è stimolato da un incessante sviluppo tecnologico e si accompagna a nuove modalità di lavoro e di produzione. Negli Stati Uniti, nella fabbrica di automobili di Henry Ford, sono introdotte per la prima volta la catena di montaggio e l’"organizzazione scientifica del lavoro” (cioè l’ottimizzazione delle mansioni e dei tempi di lavoro degli operai, secondo i principi proposti nel 1911 dall’ingegnere americano Frederick Taylor). Grazie a queste novità, Ford riesce ad abbattere i costi di produzione e a immettere sul mercato automobili a prezzi accessibili anche agli operai. È il primo esempio di affermazione di consumi di massa e di omologazione del prodotto (come diceva lo stesso Ford, il suo modello T era disponibile “di qualsiasi colore, purché nero”).
Queste trasformazioni provocano forti reazioni nella società. Da una parte, alla “massificazione” dei processi produttivi corrisponde il peso sempre più rilevante della classe operaia, organizzata nelle grandi unioni sindacali e nei partiti politici che se ne fanno rappresentanti. Dall’altra parte, nel mondo intellettuale europeo si acuisce il senso di una profonda crisi dei valori ispirati dallo sviluppo delle scienze e delle tecniche nell’ultimo quarto dell’Ottocento.

La crisi di inizio secolo e le Avanguardie storiche

La fiducia nel progresso e l’idea di un’evoluzione sociale continua vengono definitivamente meno al volgere del secolo. Sulla scorta dei più influenti pensatori del periodo – da Nietzsche a Bergson – si fanno strada nella cultura europea correnti di pensiero irrazionalista, caratterizzate dalla sfiducia nella capacità umana di dare una spiegazione coerente e logica della realtà. Viene inoltre esaltato il peso che le emozioni e l’inconscio – la grande “scoperta” della psicoanalisi di Freud – hanno nel determinare il comportamento degli individui e dei popoli. Allo stesso tempo, l’arte e la letteratura esprimono il rifiuto per i valori della società borghese e il distacco dai canoni estetici dell’Ottocento, con la crisi del romanzo e la proposta di approcci narrativi del tutto inediti, in cui domina l’attenzione per la psicologia dei personaggi.
Le novità riguardano anche il campo delle arti figurative, con la nascita delle Avanguardie storiche. Questa espressione accomuna tendenze molto diverse tra loro sul piano stilistico – fauves, cubisti, espressionisti, futuristi, dadaisti e surrealisti, suprematisti e costruttivisti – che condividono però alcuni caratteri comuni: la rottura con i canoni estetici del passato e una nuova concezione del rapporto tra opera d’arte e pubblico. Lo spettatore va portato “al centro dell’opera”, in un’esperienza estetica nuova, che sostituisce alla contemplazione distensiva e rilassata il coinvolgimento diretto. Arte e vita coincidono, e l’opera d’arte ha significato solo se è in grado di trasformare lo spettatore.

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L’Europa e il mondo in guerra

L’inquietudine che segna la cultura di questo periodo è anche figlia delle tensioni politiche che, dopo un periodo relativamente lungo di pace, riemergono in Europa, acuite dalle velleità imperialistiche delle potenze rimaste escluse dall’espansione coloniale dei decenni precedenti. È il caso della Germania e, in misura minore, dell’Italia giolittiana. In un’Europa in cui i nazionalismi sono sempre più esasperati, la prospettiva della guerra viene individuata come l’unica soluzione delle controversie tra le nazioni, o addirittura come il rimedio in grado di guarire tutti i mali della società.
Queste tensioni politiche e ideologiche raggiungono il culmine con lo scoppio della Prima guerra mondiale (1914-1918). Dopo l’assassinio dell’arciduca ereditario Francesco Ferdinando, avvenuto a Sarajevo per mano del nazionalista serbo Gavrilo Princip, l’Austria-Ungheria dichiara guerra alla Serbia, dando il via a una reazione a catena tra i blocchi di alleanze esistenti in Europa, che conduce in brevissimo tempo a un conflitto di dimensioni mondiali. Combattuta con l’impiego di tutti i mezzi – materiali e ideologici – di cui la società dispone, la guerra segnerà le generazioni future non solo per il suo portato di morte e distruzione, ma anche per il suo significato simbolico, rappresentando l’espressione più tragica di una modernità segnata dal trionfo della meccanizzazione e dall’applicazione su larga scala, in tutti gli aspetti della vita sociale, delle modalità organizzative proprie dell’industria moderna.

Dossier Arte - volume 3 
Dossier Arte - volume 3 
Dal Neoclassicismo ai giorni nostri