Il Simbolismo in Europa

   5.  DAL POSTIMPRESSIONISMO AL SIMBOLISMO >> Il Simbolismo

Il Simbolismo in Europa

Gustave Moreau

Il Simbolismo ha il suo centro nevralgico a Parigi dove artisti, scrittori e musicisti – in particolare dagli anni Ottanta ma già con avvisaglie fin dai Sessanta – si confrontano sulla modalità di dare forma a ciò che non appare. «Credo solo a ciò che non vedo e unicamente a ciò che sento» sostiene Gustave Moreau (Parigi 1826-1898) che, dopo una formazione canonica all’Accademia di Belle Arti di Parigi, sviluppa una pittura basata sulla precisione disegnativa di Ingres, sul colorismo di Delacroix e sulla forza visionaria degli artisti romantici, Füssli in primis.

Salomé (L’apparizione)

Tutto ciò si riflette nella celebre Salomé (45), acquerello esposto a Parigi nel 1876, nel quale Moreau dà una libera interpretazione dell’episodio evangelico. L’opera rappresenta la giovane principessa giudea, figlia della regina Erodiade che aveva sposato il cognato Erode. La fanciulla è raffigurata con un abito sfarzoso, disegnato secondo l’ immaginario ottocentesco erotico-orientaleggiante e alludente alla “danza dei sette veli”, per assistere alla quale Erode aveva accondisceso a decapitare Giovanni Battista. La testa del Battista, grondante sangue, si materializza come un’apparizione terrificante e diviene il simbolo del rimorso con il quale la principessa dovrà convivere in futuro. Non è chiaro se il dipinto ritragga il momento in cui Salomé conclude la sua danza oppure quello posteriore all’uccisione del predicatore. Mentre la madre ed Erode siedono su un trono disposto sullo sfondo, la principessa arresta la sua danza indicando, quasi a volerla esorcizzare, l’orrenda visione che tiene il centro della scena: le due figure, colte in una posa statica, sono inscrivibili in un triangolo che concentra al suo interno la luminosità del dipinto. La dimensione onirica stempera la drammaticità e ne ribadisce l’appartenenza a un contesto simbolista. Anche i colori assumono un valore specifico: il rosso scarlatto allude infatti al sangue e alla morte, mentre il dorato – inteso come una contaminazione del bianco, simbolo dell’innocenza – richiama l’universo onirico e assume una connotazione negativa per la relazione con un’opulenza corruttrice. Moreau mescola citazioni differenti, dall’interno orientaleggiante della reggia di Erode, ricostruita sul modello dell’Alhambra di Granada (Spagna), al capo del Battista che richiama la celebre testa di Medusa brandita dal Perseo di Cellini conservato a Firenze, nella Loggia dei Lanzi. La generale piattezza dell’immagine è dovuta sia all’occhieggiare alle stampe giapponesi sia a una tecnica estremamente complessa che all’acquerello, dalle tinte chiare e trasparenti, alterna l’abrasione della superficie pittorica: effetto che accentua la luminosità sofisticata e suggestiva .

Pierre Puvis de Chavannes

Di due anni più vecchio, Pierre Puvis de Chavannes (Lione 1824-Parigi 1898) condivide con Moreau una formazione basata sui medesimi modelli pittorici, quali il disegno ingresiano e il romanticismo di Delacroix, del quale sviluppa l’aspetto più monumentale.

Fanciulle sulla riva del mare

La pittura di Puvis de Chavannes è caratterizzata da un fermo controllo della composizione, da evidenti rimandi a forme classicheggianti, da passaggi cromatici lievi e ben calibrati e da un senso di generale sospensione: la scena appare dunque inevitabilmente distante dal reale, divenendo simbolo di un messaggio universale che va oltre il soggetto stesso. Quando infatti Fanciulle sulla riva del mare (46) appare al Salon del 1879, viene accolto dalla critica come «fuori dal tempo, fuori dalla vita». Le tre bagnanti sono ritratte in atteggiamenti differenti e senza che interagiscano tra loro, come se non appartenessero allo stesso dipinto; sembra addirittura che sia la stessa fanciulla a essere ripresa in pose differenti. La piattezza delle figure stempera l’aspetto sensuale del nudo: i corpi sono sagome che, senza una vera carnalità, si muovono contro uno scenario silenzioso in cui il dato naturalistico è solo apparente. L’insieme è avvolto da un profondo mistero che destabilizza lo spettatore, attratto dal rigore formale e dalla semplicità del soggetto che non riesce però a svelare per intero. Il dipinto si è prestato infatti a differenti interpretazioni: quella più accreditata suggerisce che le tre donne potrebbero rappresentare altrettante differenti attitudini verso la vita (attiva, passiva e contemplativa). La tecnica pittorica di Puvis de Chavannes è sperimentale quanto moderna: la stesura del colore avviene per grandi superfici piatte, senza ombreggiature, che definiscono a loro volta le sagome delle figure per contrasto, mentre il tocco denso dei fiori in primo piano è ancora di derivazione postimpressionista. Grande estimatore di Chavannes, Émile Zola scrive di lui che la sua arte «è fatta di ragione, passione, e volontà» a ribadire ancora una volta come le sue immagini siano il frutto di un’attenta elaborazione intellettuale.

Dossier Arte - volume 3 
Dossier Arte - volume 3 
Dal Neoclassicismo ai giorni nostri