5.  DAL POSTIMPRESSIONISMO AL SIMBOLISMO


Georges Seurat, Una domenica pomeriggio all’isola della Grande Jatte, particolare, 1884-1886, olio su tela. Chicago, The Art Institute of Chicago.

L'EPOCA E LE IDEE

La seconda Rivoluzione industriale

La fase di grande espansione economica in atto dal 1840 circa ha termine nell’ultimo trentennio del secolo, quando si apre un lungo periodo di crisi economica. Si tratta in realtà di un’epoca di trasformazione economica, sia dal punto di vista organizzativo, con un processo di grande concentrazione industriale e finanziaria e la stretta compenetrazione tra banche e imprese; sia dal punto di vista produttivo e tecnologico, con la crescita di settori nuovi – la chimica, la produzione di energia elettrica, l’acciaio – che trainano una fase nuova dell’industrializzazione. Non a caso, si parla di “seconda” Rivoluzione industriale, per marcare la differenza con la prima industrializzazione, che aveva avuto una dimensione d’impresa prevalentemente individuale e familiare ed era stata trainata dai settori tradizionali del cotone e del ferro. In questo periodo anche lo Stato assume un ruolo inedito. Abbandonati i princìpi liberisti, i governi intervengono pesantemente nell’economia, mettendo in atto misure di tipo protezionista che generano attriti e tensioni con i principali concorrenti.

Politica di potenza e imperialismo

All’interventismo in economia corrisponde, in politica estera, un approccio dominato dall’ansia di prevalere sulle altre nazioni. La politica di potenza perseguita dai maggiori Stati europei – Gran Bretagna e Francia in primo luogo – si traduce nella ricerca di nuovi mercati e, più in generale, nella proiezione della propria potenza nazionale al di là dei confini dello Stato, con la conquista di vasti territori extraeuropei. È la fase dell’imperialismo, che durerà fino alla Seconda guerra mondiale e, secondo alcune interpretazioni del fenomeno, anche oltre.
Anche le nazioni più “giovani” – la Germania e, in misura minore, l’Italia – aspirano a partecipare alla spartizione del mondo. L’urgenza di entrare nel novero delle grandi potenze, e la frustrazione per l’atteggiamento di chiusura da parte di Gran Bretagna e Francia, è sentita soprattutto in Germania, che emerge comunque, in questi decenni, come la maggiore forza economica del continente

L'Italia, dal canto suo, approda proprio in questi anni nel “club” delle nazioni industrializzate. Mentre al governo del Paese si alternano i governi della Destra e della Sinistra storiche, l’economia compie passi avanti, sebbene la povertà delle campagne continui a generare un’emigrazione di massa che si dirige verso l’Europa del Nord e le Americhe. La diffusione dell’industria determina anche in Italia la crescita delle masse operaie e i tentativi di organizzarne l’azione, che culminano nel 1892, a Genova, nella fondazione del Partito socialista italiano guidato da Filippo Turati. La questione sociale e le aspirazioni dei ceti meno abbienti troveranno voce anche nell’arte, specialmente nelle opere dei pittori divisionisti come Pellizza da Volpedo.

Un nuovo clima culturale

Dalla metà degli anni Settanta, le idee di benessere e di progresso che il Positivismo aveva radicato nelle coscienze europee entrano in crisi. Il mondo degli artisti, dei letterati e dei filosofi è percorso da nuovi motivi di inquietudine, e le certezze dell’età borghese si incrinano fino a essere del tutto rifiutate. Paradossalmente, proprio mentre la scienza e la tecnologia ottengono successi mai raggiunti prima, si diffonde nel mondo intellettuale una sfiducia generalizzata nella ragione umana, sollecitata dalle tensioni politiche e militari che, pur non generando episodi di guerra aperta, pervadono il continente.
Si torna a privilegiare l’indagine sullo spirito umano, ritenuto depositario di verità recondite che sfuggono alle classificazioni della scienza, e anche nell’arte maturano linguaggi volti a tradurre l’ansia di questa ricerca in un’espressione non più naturalista ma, piuttosto, attenta agli aspetti simbolici. In ambito filosofico si affermano correnti irrazionalistiche e vitalistiche che riconducono l’attività umana a fattori come l’istinto, la volontà, lo slancio vitale; la realtà viene interpretata come soggetta a leggi proprie e a un proprio tempo – quello della memoria, del vissuto – diverso da quello quantitativo delle scienze esatte. Il filosofo tedesco Friedrich Nietzsche, per esempio, oppone alla concezione lineare della storia l’idea ciclica dell’eterno ritorno dell’uguale e, nella Nascita della tragedia (1872), offre una lettura inedita del mondo classico, in cui rintraccia, accanto all’elemento “apollineo”, cioè più equilibrato e armonico, considerato da sempre il carattere predominante dell’arte greca, la centralità dell’elemento tragico e “dionisiaco”, proprio di una dimensione istintuale e prerazionale.

Dossier Arte - volume 3 
Dossier Arte - volume 3 
Dal Neoclassicismo ai giorni nostri