Su un fondale verde violaceo – che rende la profondità e la densità dell’acqua – Monet lascia emergere le ninfee ormai sintetizzate per rapidi turbini azzurri appena riscaldati dal giallo e dal rosa.
Il tempo e il luogo
Nel 1890 Monet prende casa a Giverny, un tranquillo villaggio tra Parigi e la Normandia. L’abitazione
è piuttosto modesta ma è circondata da un ampio terreno che Monet stesso trasforma in un magnifico
giardino, tanto da affermare che «il mio capolavoro meglio riuscito è il mio giardino».
Nel 1893 fa costruire uno stagno che riempie di ninfee, fiore che diviene l’oggetto prediletto della
sua speculazione pittorica, focalizzata esclusivamente sui mutamenti della luce e sull’effetto emotivo
della pennellata, a dimostrazione ancora una volta che, agli occhi dell’artista impressionista, il
soggetto è spesso pretestuoso rispetto al vero interesse: lo studio delle variazioni luministiche.
Al termine della Prima guerra mondiale la devastazione della Francia è tale da indurlo, nel novembre
del 1918, a scrivere una lettera a Georges Clémenceau (1841-1929), amico ma soprattutto uomo di Stato
che aveva portato la Francia fuori dal conflitto, per informarlo dell’intenzione di realizzare un
grande monumento alla pace da offrire all’umanità. Nasce così la serie delle Ninfee, che
saranno collocate negli spazi dell’Orangerie a Parigi nel 1927.