Baldacchino di San Pietro
Nel corso della sua vita Bernini riesce quasi sempre a mantenere la prestigiosa posizione di un artista di successo, conscio del proprio ruolo, al diretto servizio del papa regnante e dei maggiori personaggi della Curia. Urbano VIII, dotto e sensibile, lo chiama il "Michelangelo del suo tempo" e lo sceglie quale suo prediletto: come Michelangelo un secolo prima, Bernini è scultore, pittore e architetto e si distingue anche quale esperto in settori particolari come per esempio gli allestimenti teatrali, gli apparati effimeri per le feste e le grandi cerimonie che di frequente si tenevano a Roma. Il suo percorso artistico è tale che ben presto assume la supremazia assoluta nella Roma del tempo, un talento in grado di creare un nuovo clima culturale.
Per Urbano VIII il maestro realizza il Baldacchino (49) che impreziosisce l’altare maggiore di San Pietro (1624-1633) e lo consacra come l’inventore di nuove forme di "spettacolarizzazione" delle sacre immagini. Questa incredibile opera è concepita come un gigantesco arredo processionale trasformato in monumento ed è il simbolo di una decisiva svolta nella cultura artistica del Seicento: la ricchezza dei materiali, il dinamismo della composizione e la compenetrazione fra scultura e architettura sono caratteri distintivi dei nuovi indirizzi dello stile che viene chiamato "Barocco". Per la morfologia delle colonne l’artista si ispira a quelle, antichissime, dalla tipica forma a spirale conformate a modo di pergola di vite, simbolo di vita eterna. Colonne di questo tipo erano presenti nel presbiterio dell’antica basilica costantiniana e si diceva provenissero dal Tempio di Salomone a Gerusalemme, forse portate a Roma dalle armate dell’imperatore Tito come trofeo di guerra. Bernini concepisce l’idea di realizzare le colonne del baldacchino ingigantendo a dismisura le proporzioni e utilizzando un materiale prezioso, il bronzo, ottenuto in parte, tra feroci polemiche, dalla fusione delle travi del pronao del Pantheon.
La figura del committente è evocata nel baldacchino dalla presenza delle api sulle colonne, emblema della famiglia di Urbano VIII. Il baldacchino, che si erge maestoso nel centro-croce della basilica, si confronta con la sovrastante cupola di Michelangelo e si pone come elemento di mediazione visiva e spaziale fra l’immensità dell’architettura e la dimensione dell’osservatore. Per concludere la struttura, dove una copertura rettilinea avrebbe mortificato lo slancio possente, Bernini attinge alla capacità progettuale di un giovane genio che collaborava al cantiere, Francesco Borromini (► p. 396), nipote del primo architetto di San Pietro, Carlo Maderno (Capolago 1556-Roma 1629); a questo si doveva la facciata della basilica (1607-1614) e l’intenzione dell’allungamento delle navate che stravolgeva l’originario progetto michelangiolesco, basato sull’idea iniziale di Bramante della pianta centrale. Il giovane Borromini è probabilmente il responsabile dell’invenzione di un sistema di copertura a grandi archi che si proiettano nello spazio e non chiudono ma definiscono la forma pur lasciandola aperta e aerea: un’idea che segna l’avvio della carriera di uno dei più straordinari progettisti dell’età moderna.