DOSSIER: La Vocazione di san Matteo nella Cappella Contarelli

   dossier l'opera 

Caravaggio

LA VOCAZIONE DI SAN MATTEO NELLA CAPPELLA CONTARELLI

  • 1600-1601
  • olio su tela, 322x340 cm
  • Roma, Chiesa di San Luigi dei Francesi

    Il tempo e il luogo

    La Cappella Contarelli si trova nella chiesa di riferimento di una delle comunità straniere più influenti, politicamente e culturalmente, della Roma di età moderna, quella dei francesi. È qui che Caravaggio fa il suo esordio pubblico. L’ambiente doveva già essere approntato nel 1565, quando il cardinale Mathieu Cointrel (Contarelli, in italiano) incaricò Girolamo Muziano di eseguirvi affreschi e una pala d’altare con storie del suo santo omonimo, l’apostolo Matteo. Dopo numerose vicissitudini, a Caravaggio fu affidato l’incarico di eseguire i laterali, non ad affresco ma su tela.
    L’artista si mette al lavoro e consegna le due tele con la Vocazione e il Martirio di san Matteo (► p. 338) tra il 1600 e il 1601: si tratta dei suoi primi dipinti di dimensione monumentale. Le due opere suscitano immediato dibattito tra i professori dell’Accademia di San Luca, il cui presidente, Federico Zuccari, giudica negativamente il Martirio, definendolo un’imitazione dello stile di Giorgione. A parte queste critiche, le tele di Caravaggio provocano un incontenibile entusiasmo.

    La descrizione e lo stile

    La Vocazione e il Martirio sono due tipici soggetti per il Giubileo in occasione del quale sono stati realizzati: in particolare la Vocazione evoca il potere della grazia divina che redime i peccatori, in questo caso Matteo, colpito dalla luce che accompagna l’entrata del Cristo. Matteo, infatti, riscuoteva le tasse degli Ebrei per conto dei dominatori romani in Palestina e non era amato dal popolo. Rivoluzionaria è l’idea di ambientare le scene nella penombra e in ambienti della Roma del Seicento, facilmente riconoscibili dai fedeli.

       dossier i confronti 

    Nel 1602 Caravaggio esegue la pala d'altare con San Matteo e l'angelo: la prima versione è rifiutata per il suo sconcertante realismo (ma immediatamente acquistata da un ricco mecenate, il marchese Vincenzo Giustiniani) e Caravaggio deve fornire un'altra tela mutando la composizione.

    Nella prima versione Matteo, senza aureola, è un rozzo contadino dalle gambe muscolose: sembra non essere in grado di scrivere, tanto che l'angelo deve indirizzarne la mano. 

    Nella seconda versione della pala d'altare, Matteo è un elegante saggio romano, ispirato dall'angelo che gli si avvicina in volo in un turbinio di veli bianchi. L'ambientazione è ridotta all'essenziale: è la luce a illuminare, come un faro, i personaggi e a farli uscire dalla penombra. 

    Dossier Arte - volume 2
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