Caravaggio

   3.  IL SEICENTO >> L’arte del primo Seicento

Caravaggio

In questo panorama romano dominato da un magniloquente classicismo, l’esperienza artistica di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio (Milano 1571-Porto Ercole 1610), dalla cittadina presso Bergamo dove suo padre era al servizio del locale marchesato, si presenta come una radicale novità. Caravaggio è considerato (e lo era già ai suoi tempi) un vero rivoluzionario destinato a influenzare tradizioni anche non italiane e lontane nel tempo, come quella del Realismo francese dell’Ottocento. Morì a trentanove anni, dopo una vita travagliata e avventurosa che gli è valsa la fama di "pittore maledetto", un appellativo in realtà impreciso e fuorviante perché se è pur vero che Merisi ebbe un’aggressività molto forte e una situazione sociale irregolare, si può ben dire che il suo "stile di vita" non fosse così unico per l’epoca ma in realtà comune in tutto l’ambiente artistico romano, sempre acceso dalla competitività.

Gli esordi a Roma

Caravaggio compie la sua educazione a Milano, dove è allievo del valente pittore Simone Peterzano (Bergamo 1540-Milano 1596), studioso a sua volta della scuola di Tiziano (l’ambiente milanese era rimasto infatti per molto tempo sotto l’influenza culturale veneta). Verso la fine del secolo si reca a Roma: i motivi di questo suo trasferimento non sono mai stati ben chiariti e c’è chi ha ipotizzato che il pittore abbia lasciato l’Italia del Nord per sfuggire a una condanna a seguito di un evento cruento; va comunque ricordato che già da tempo molti artisti e artigiani provenienti dal territorio lombardo si recavano a Roma per lavorare. Il giovane Caravaggio, su influenza fiamminga, introduce a Roma, fra le altre cose, la passione per la natura morta, cioè per la rappresentazione di oggetti, di fiori, di frutta come supremi abbellimenti della vita quotidiana (► p. 352).
Nella sua prima fase romana Caravaggio - dopo un periodo a bottega dal Cavalier d’Arpino - si dedica a un’attività esclusivamente privata e lavora per committenti illustri, tra cui spicca il cardinale Francesco Maria del Monte, uno dei maggiori intellettuali e collezionisti del tempo.

Suonatore di liuto

Fra i primi dipinti, tutti orientati verso un edonistico culto della bellezza e della giovinezza, in bilico tra realismo di stampo lombardo e un gusto, tutto romano, più classicista, spicca il Suonatore di liuto (4), originariamente appartenente alla collezione romana del marchese Vincenzo Giustiniani. Magnifica è l’unione della natura morta e della figura: Caravaggio concepisce l’idea della caraffa di fiori e della frutta sul tavolo come illuminate da una luce che le rende realisticamente evidenti e allo stesso tempo pure geometrie . Il dipinto sarebbe un invito alle gioie della vita e dell’amore attraverso le arti e i piaceri terreni: la musica, il canto, il cibo, i profumi. Sullo spartito è chiaramente leggibile l’inizio di un madrigale amoroso: dolce è dunque il canto, così come lo sguardo del suonatore e la stessa materia pittorica, morbida e soave, in una sorta di sintesi delle arti secondo i princìpi dell’armonia.

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Ragazzo morso dal ramarro

Degli stessi anni, forse immediatamente precedente all’ingresso di Caravaggio tra i protetti del cardinale Del Monte, è il Ragazzo morso dal ramarro (5), con un giovane, dai capelli neri e dai lineamenti marcati, che contrae i muscoli perché morsicato all’improvviso dal rettile. L’opera permette di comprendere come il pittore studi i rapporti tra luce e ombra: la smorfia di spavento e dolore del fanciullo, morso dall’animale che sbuca dai fiori e dai frutti in cui era nascosto, è tradotta in vivaci passaggi chiaroscurali.
Sul tavolo è ancora una volta una natura morta trattata con grande realismo. Nello stesso tempo però gli elementi naturali rimandano a significati simbolici: le rose in procinto di appassire richiamano la caducità della vita, mentre il ramarro ricorda le insidie nascoste in ogni felicità.

Riposo durante la fuga in Egitto

Unico dipinto a soggetto religioso di questi primi anni è il Riposo durante la fuga in Egitto (6), eseguito, sempre per un committente privato, per decorare un’abitazione. La scena sacra, secondo gli esempi di Giorgione, è inserita in un mirabile paesaggio dai colori caldi e "veneti" che sfuma all’orizzonte. La Vergine è addormentata con il capo dolcemente reclinato sul Bambino; di fronte a un anziano Giuseppe che regge lo spartito musicale sta, di spalle, un angelo musicista, la cui veste leggera lascia intravedere le forme del corpo nudo. È la raffigurazione di una famiglia comune, stanca per il lungo viaggio, che si ferma un attimo a riposare. L’angelo è il vero asse compositivo della scena ed è illuminato da una luce calda e avvolgente, che si riverbera dorata sulla madre e sul bambino: pur nella bellezza della scena, il momento è intimo, familiare, quasi umile, come è sottolineato dai poveri bagagli a cui si appoggia Giuseppe.

Dossier Arte - volume 2
Dossier Arte - volume 2
Dal Quattrocento al Rococò