Arte e Controriforma

   2.  IL CINQUECENTO >> Nuove ricerche e nuovi protagonisti

Arte e Controriforma

Nel 1517 Lutero scrive le 95 proposizioni contro la Chiesa di Roma. È il primo atto di un complesso movimento spirituale, religioso e culturale che prende il nome di Riforma protestante. Di fronte a questo fermento, che scuote profondamente la Chiesa cattolica, e al distacco di molte Chiese europee, gli stessi pontefici prendono coscienza della necessità di un profondo rinnovamento. La forma scelta per tale fine è stata quella di perseguire un’azione moralizzatrice del clero, ma anche una riorganizzazione della dottrina, dei sacramenti e del rapporto con i fedeli: questi due ultimi aspetti hanno conseguenze importanti per l’arte e l’architettura. Con il termine Controriforma si intende, infatti, l’azione portata avanti dalla Chiesa per contrastare la Riforma protestante e impedire che essa si diffondesse ulteriormente. Paolo III convoca un concilio ecumenico che si apre a Trento nel 1545 e che si prolunga fino al 1563. Fra i vari argomenti trattati nel Concilio, la seduta del 3 dicembre 1563 affronta un tema significativo: gli orientamenti spirituali ed estetici che devono guidare gli artisti nella realizzazione delle opere di soggetto sacro. Tali indirizzi prevedono il rispetto di una scrupolosa correttezza iconografica, fondata sui testi sacri, e una particolare attenzione alla decenza delle figure, evitando la nudità totale, insieme a pose e abbigliamenti eccessivamente licenziosi. Una più rigorosa sistemazione teorica di questi orientamenti si trova in testi successivi: Due dialoghi [...] degli errori dei pittori (1564), scritti dal sacerdote Giovanni Andrea Gilio e il Discorso intorno alle immagini sacre e profane (1582) del cardinale Gabriele Paleotti. L’obiettivo di queste opere è promuovere un’arte facilmente comprensibile ai fedeli, senza eccessi formalistici o impossibili monumentalità, senza l’enfatizzazione dei contrasti o della fantasia. Le nuove posizioni dottrinali influenzano anche l’architettura, con ripercussioni dirette sull’organizzazione interna delle chiese. Le Instructiones fabricae et suppellectilis ecclesiasticae (1577) di Carlo Borromeo contengono indicazioni che il cardinale aveva inviato alle parrocchie della propria diocesi milanese, ma che divengono ben presto un punto di riferimento per tutta la Chiesa: l’obiettivo è dare massima visibilità all’altare maggiore e creare interni ordinati e omogenei, secondo princìpi di decoro e razionalità. I grandi tabernacoli marmorei di Bartolomeo Ammannati nel duomo fiorentino (186) rispondono a questi orientamenti, aggiornando stilisticamente la tribuna medievale della cattedrale. I ritratti di Borromeo si diffondono nella Penisola ed esemplificano gli indirizzi della Controriforma: un’immagine codificata del protagonista, di cui vengono esaltate le qualità morali e la pacata fermezza (187). Gli Ordini religiosi che nascono per sostenere l’azione della Chiesa e il suo rinnovamento sono inoltre protagonisti assoluti della diffusione di nuovi modelli architettonici.

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Vignola

Iacopo Barozzi da Vignola (Vignola, Modena 1507-Roma 1573) è una figura complessa che dispiega la propria attività di architetto sia a Roma, nei cantieri monumentali, sia nei centri minori e finanche nelle più piccole località del Lazio. È famoso per aver pubblicato nel 1562 un fortunatissimo trattato che offre una razionale e pragmatica schematizzazione degli ordini architettonici (188). Pregevolissime incisioni su rame illustrano la morfologia degli ordini e spiegano i rapporti proporzionali fra il diametro del fusto e l’altezza delle colonne che li differenziano: dal più tozzo dorico al più slanciato composito. Esistono circa 250 edizioni di quest’opera tradotte in nove lingue diverse, a testimoniare la diffusione straordinaria che il volume ha avuto nel corso dei secoli.

Chiesa del Gesù 

Nella sua lunga attività, l’opera più importante di Vignola è la Chiesa del Gesù (189) a Roma: questo edificio diviene il modello per le chiese che l’Ordine dei gesuiti, fondato da Ignazio di Loyola, costruisce in tutto il mondo cattolico. La piena rispondenza di questa struttura agli orientamenti della Controriforma ne fa, inoltre, un tipo edilizio di riferimento per tutta la cultura architettonica del secondo Cinquecento e dei secoli successivi. Nel 1568 Vignola concepisce la Chiesa del Gesù come un’aula unica (190), coperta con volta a botte su cui prospettano una serie di cappelle comunicanti fra loro, che contraffortano la volta stessa. L’area del presbiterio si presenta come un piccolo sistema cruciforme, dimensionalmente contenuto nella larghezza della navata e coperto da un’ampia cupola. L’organizzazione planimetrica della chiesa non è del tutto originale, in quanto rielabora la pianta della Basilica di Sant’Andrea a Mantova di Leon Battista Alberti (► p. 64), mentre in termini generali la concezione spaziale dialoga con i grandi ambienti delle terme antiche, oggetto di accurati studi da parte dell’architetto nei primi anni Quaranta del Cinquecento. L’importanza del progetto di Vignola consiste nella creazione di un tipo di chiesa che si dimostra ripetibile in tutti i luoghi e in tutti i contesti culturali. L’organizzazione interna inoltre permette di accogliere grandi masse di fedeli, il cui sguardo è indirizzato dall’assetto della navata verso l’altare maggiore, dove è accolto il tabernacolo eucaristico secondo gli indirizzi del Concilio di Trento.

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Federico Zuccari

Il percorso biografico e professionale di Federico Zuccari (Sant’Angelo in Vado, Pesaro e Urbino 1540-Ancona 1609) esemplifica appieno la trasformazione che interessa la figura dell’artista nel corso del Cinquecento, informata da alcune specifiche peculiarità: accanto alla piena padronanza dei mezzi espressivi e tecnici, è fondamentale la capacità di dialogare alla pari con i grandi committenti; prende forma inoltre l’aspirazione a dare coerenza teorica alle proprie idee dedicandosi alla scrittura, strumento che contribuisce in modo determinante al riconoscimento del nuovo status sociale dell’artista come intellettuale.
Grazie alla collaborazione con il fratello Taddeo, Federico è introdotto giovanissimo in ambienti prestigiosi. Poco più che ventenne, tuttavia, lo troviamo già attivo come pittore autonomo e le tappe iniziali della sua carriera si compiono in contesti di assoluta rilevanza: la Roma dei papi, i cantieri più importanti della Serenissima, le dimore cardinalizie degli Este e dei Farnese. Nel 1574 Zuccari è in viaggio per l’Europa. Tale significativo episodio precede l’arrivo a Firenze, dove riceve un incarico di primo piano: il completamento della decorazione della cupola di Santa Maria del Fiore. Il soggiorno fiorentino è solo una tappa di una strada ancora molto lunga che lo porterà in Spagna tra il 1585 e il 1589 e poi di nuovo in varie parti d’Italia, per stabilirsi a Roma nell’ultimo decennio del secolo. È qui che costruisce la sua originalissima dimora (191) e che si impegna nella rifondazione dell’Accademia di San Luca, sul modello dell’Accademia delle Arti e del Disegno di Firenze (1562).

Flagellazione

A Roma, sull’antica Chiesa di Santa Lucia, negli anni Quaranta del Cinquecento viene rifondato l’oratorio della Compagnia del Gonfalone. A costruzione ultimata, il piccolo edificio nei pressi di via Giulia è decorato con uno dei più celebri cicli pittorici del secondo Cinquecento. I soggetti degli affreschi sono episodi della Passione e Resurrezione di Cristo, realizzati da pittori di primo livello fra cui spicca Federico Zuccari. L’artista dipinge la Flagellazione (192) e in quest’opera si riconoscono alcuni temi importanti, sviluppati poi da Federico nel corso della sua lunga attività. La scena si caratterizza per la particolare chiarezza e razionalità della composizione: Cristo è al centro di un rigoroso telaio architettonico classicista, realizzato secondo una regolare prospettiva centrale. In termini generali, inoltre, la drammaticità dell’episodio è stemperata dall’uso di colori tenui e da un lieve luminismo, che induce alla contemplazione piuttosto che alla partecipazione empatica; va in questa direzione anche la scelta di contrapporre alla crudeltà dei carnefici, espressa con efficacia dai gesti e dalle espressioni dei loro volti, la pacata rassegnazione al supplizio di Gesù: su tutto ciò l’osservatore sembra chiamato a meditare, grazie anche all’atteggiamento dei soldati in primo piano.

Giudizio universale 

La decorazione dell’intradosso della imponente cupola brunelleschiana è un’opera di grande impegno ideativo e tecnico. L’impresa era stata avviata da Vasari ed era rimasta incompiuta alla sua morte nel 1574. In soli quattro anni Federico conclude la grande campagna decorativa, attuata con particolare audacia prospettica che anticipa la spazialità barocca. Il soggetto è il Giudizio universale (193), raffigurato secondo un complesso programma iconografico messo a punto dal letterato Vincenzo Borghini: questo programma risponde pienamente agli indirizzi delle gerarchie ecclesiastiche, sia in termini di chiarezza narrativa sia in termini di piena osservanza dell'ortodossia cattolica, enfatizzando così l'adesione di Firenze alla Controriforma. Degna di nota, infatti, è l'attenzione alla resa efficace e immediatamente comprensibile dei principali peccati . A questo orientamento risponde anche la scelta di richiamare i peccati "capitali", cioè quelli più gravi, attraverso la rappresentazione realistica di animali selvatici: l'asino per l'accidia, la vipera per l'invidia, l'orso per l'ira, il maiale per la gola, il caprone per la lussuria e il lupo per l'avarizia. La superbia è simboleggiata, invece, da Lucifero in persona. 

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Federico Barocci

L’esordio di Federico Barocci (Urbino 1535-1612) in uno dei più innovativi cantieri pittorici di Pio IV, la decorazione del Casino pontificio nei Giardini Vaticani (1561-1563), faceva presagire una luminosa carriera all’ombra di papi, principi, alti prelati o ricchi mecenati. L’artista, invece, sceglie una strada diversa: dopo due anni nell’Urbe rientra nella città d’origine, a Urbino, dove trascorrerà tutta la vita in una dimensione intima e familiare. Tale circostanza enfatizza alcuni aspetti della sua vena creativa, percorsa da una libera espressività, ma anche da una continua ricerca per l’efficacia descrittiva e la resa della purezza degli affetti, capace di suscitare risonanza con l’osservatore. Urbino, infatti, è un luogo non solo fisico ma anche - in un certo modo - mentale per l’artista: l’astratta perfezione geometrica dell’architettura della dimora costruita da Federico da Montefeltro, "città in forma di palazzo", secondo la celebre definizione di Castiglione - costituisce una cornice fisica e concettuale per l’artista: non a caso il profilo svettante delle due esili torri circolari che serrano la loggia feltresca compare spesso negli sfondi delle opere di Barocci, a sottolineare un imprescindibile legame, quasi una cifra identitaria.

Madonna del gatto 

La tela (194) fu commissionata a Barocci dal nobile marchigiano Antonio Brancaleoni di Piobbico, signore dell’omonimo feudo nel ducato di Urbino. L’opera si inserisce in un genere, quello della committenza privata a carattere devozionale, che consente all’artista una particolare libertà nell’ideazione della scena: sono, infatti, enfatizzati gli aspetti della quotidianità e degli affetti familiari di questa Sacra Famiglia: san Giovanni Battista tiene in mano un cardellino, simbolo della Passione di Cristo, che mostra con vivace impertinenza al gatto; la Vergine è colta nell’atto di allattare Gesù, mentre san Giuseppe si volge con curiosità a osservare la scena. La semplicità e l’immediatezza della raffigurazione  sono ottenute mediante numerosissimi studi dal vero e disegni preparatori, con cui l’artista cerca di trovare soluzioni innovative ed efficaci in termini di resa degli stati d’animo e dell’atmosfera intima e gioiosa: esemplare in questo senso è il gatto sulla sinistra, che ha dato il nome all’opera. Questa ha conosciuto un successo immediato, come dimostra l’incisione di Cornelis Cort realizzata nel 1577, che ha diffuso in tutt’Europa l’insolita composizione.

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Visitazione 

La Chiesa Nuova è uno degli edifici simbolo della Roma post-tridentina, come sede dell'Ordine fondato da san Filippo Neri. I padri oratoriani commissionano a Barocci una grande tela, parte di un programma più vasto incentrato sulla vita di Maria. È la prima opera che l'artista realizza per una chiesa romana e i padri ottengono i suoi servigi solo grazie alle pressioni esercitate dal duca di Urbino, Francesco Maria II della Rovere. Il dipinto (195) ha al centro le figure di sant'Elisabetta e Maria, colte in un gesto di estrema familiarità e affetto. I dettagli naturalistici che punteggiano la scena (il muso dell'asino a sinistra, le galline nel cesto della figura femminile a destra), le conferiscono realismo e immediatezza. La chiarezza narrativa dell'opera è il risultato di una cospicua serie di studi e schizzi preliminari, che documentano una lunga riflessione sull'assetto compositivo definitivo, di cui dà conto anche il cartone preparatorio oggi agli Uffizi. Degna di nota è la scelta dell'ambientazione dell'episodio: il grande fornice centrale si apre ancora su una veduta di Urbino, evocata in questo caso dalle absidi della cattedrale cittadina e dal profilo del campanile di San Francesco. 

   » il Punto su… 

ARTE E CONTRORIFORMA

  • Alla Riforma protestante, iniziata nel 1517 con le 95 proposizioni di Martin Lutero, la Chiesa cattolica oppone una moralizzazione e una riorganizzazione che prendono il nome di Controriforma e hanno conseguenze importanti per l'arte e l'architettura. 
  • Il Concilio di Trento (1545-1563) e alcuni trattati definiscono le regole di correttezza iconografica, di decenza delle figure e di chiarezza comunicativa. 
  • Nel trattato di Carlo Borromeo (1577) si prescrive di dare massima visibilità all'altare maggiore e creare interni ordinati e omogenei, secondo principi di decoro e razionalità
  • Vignola (1507-1573) è autore di un importante trattato di architettura e progetta la Chiesa del Gesù a Roma (iniziata nel 1568), fornendo un modello per l'architettura gesuitica: interno ad aula unica, coperta con volta a botte e affiancata da cappelle laterali. 
  • Federico Zuccari (1540-1609) raggiunge una condizione sociale e intellettuale elevata; partecipa alla decorazione dell'Oratorio del Gonfalone a Roma con una Flagellazione di chiarezza esemplare e porta a termine la decorazione della cupola del Duomo di Firenze con il  Giudizio universale di grande audacia prospettica. 
  • Federico Barocci (1535-1612) trascorre gran parte della vita a Urbino, raggiungendo però una grande notorietà; nelle sue opere (Madonna del gatto, Visitazione) l'immediatezza narrativa è arricchita da efficaci dettagli naturalistici.  

A confronto

Nel progettare una chiesa a navata unica, secondo le esigenze di culto della Controriforma, Vignola rielabora il modello di Leon Battista Alberti. I due edifici hanno in comune l'esigenza di indirizzare lo sguardo dei fedeli verso un punto comune: la reliquia del Sangue di Cristo in Sant'Andrea, il tabernacolo eucaristico nel Gesù. 

ALBERTI E VIGNOLA

Leon Battista Alberti, Sant'Andrea, dopo il 1472. Mantova.

Vignola, Chiesa del Gesù, dal 1568. Roma.

  DOMANDE GUIDA
1. Quali sono gli effetti della Controriforma sull'arte e sull'architettura?
2. Qual è il principale modello dell'architettura gesuitica?
3. In quali aspetti la Flagellazione di Federico Zuccari corrisponde agli ideali artistici della Controriforma?
4. Quali sono le caratteristiche dell'arte di Federico Barocci?

Dossier Arte - volume 2
Dossier Arte - volume 2
Dal Quattrocento al Rococò