Agnolo Bronzino e l’arte di corte
2. IL CINQUECENTO >> Nuove ricerche e nuovi protagonisti
Agnolo Bronzino e l'arte di corte
Eleonora da Toledo con il figlio Giovanni
In questo dipinto
(160) Bronzino si cimenta con il ritratto ufficiale della sposa di Cosimo I, la secondogenita del viceré di Napoli don Pedro di Toledo. La religiosissima nobildonna spagnola è ritratta insieme a uno degli undici figli avuti dal duca, Giovanni (secondo in linea di successione), che morirà a soli diciannove anni dopo aver vestito l’abito cardinalizio. In quest’opera sono esemplificati alcuni aspetti della ritrattistica di Bronzino: il pittore si pone di fronte alle figure rappresentate con rasserenato distacco; è esclusa la resa delle emozioni e della psicologia dei personaggi, a favore della focalizzazione sulla marcata impenetrabilità della duchessa e del giovane Giovanni, vera e propria cifra distintiva dei ritratti dell’artista. Il trattamento degli incarnati rende i corpi simili a sculture smaltate, a enfatizzare la loro regalità e dunque il distacco e la lontananza dalla condizione caduca e precaria dei sudditi. L’artista dispiega una grande cura nel dettagliare l’altissima
qualità delle vesti della duchessa, preziose e ricercate, quasi un manifesto delle abili manifatture tessili fiorentine: la ricchezza dei tessuti restituita con lenticolare precisione, insieme alla posa austera e solenne della dama, sottolineano il rango dinastico di Eleonora, figlia del rappresentante di Carlo V in Italia e madre dei figli del duca di Firenze.
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Martirio di san Lorenzo
Si deve probabilmente all’apprendistato presso Pontormo la capacità di Bronzino di organizzare scene complesse, con molti personaggi e scenari articolati, in cui l’artista riesce a mantenere chiarezza ed efficacia nella narrazione. Un esempio significativo in questo versante della sua produzione artistica si riconosce nel grande affresco che l’artista realizza nel 1569 nella Basilica di San Lorenzo. Si tratta di un dipinto che doveva fare da pendant con un’altra opera che gli era stata affidata sulla parete opposta e che doveva illustrare l’episodio della fondazione della chiesa paleocristiana di San Lorenzo da parte di sant’Ambrogio. Cosimo I voleva con queste commissioni
rafforzare il legame dei Medici con la basilica, inaugurato da Giovanni di Bicci un secolo e mezzo prima con la costruzione della Sagrestia Vecchia (► p. 18) e rinsaldato da Leone X con la Sagrestia Nuova (► p. 214). Il dipinto, infatti, si colloca in un’area dell’edificio di particolare rilievo: la zona di passaggio fra il corpo delle navate e il transetto: era, dunque, in stretta contiguità con gli altri grandi affreschi di Pontormo, purtroppo perduti, cioè il ciclo della Cappella Maggiore e quello della cupola del centro croce. Architetture complesse e dalla potente monumentalità fanno da sfondo all’episodio del
Martirio di san Lorenzo
(161), raffigurato come di consueto sulla graticola.
Il drammatico evento perde però il suo carattere tragico per divenire la rappresentazione pacata ed esemplare del supplizio del santo, presentato quasi come un viatico necessario alla redenzione di tanti peccatori, nonché indispensabile punto di partenza di una storia plurisecolare che avrebbe portato alla fondazione della chiesa medicea. Nell’affresco si chiarisce il legame di Bronzino con il linguaggio michelangiolesco: il trattamento plastico dei corpi e la complessa posizione delle membra rivelano un’attenta riflessione sulle opere di Buonarroti.
Il drammatico evento perde però il suo carattere tragico per divenire la rappresentazione pacata ed esemplare del supplizio del santo, presentato quasi come un viatico necessario alla redenzione di tanti peccatori, nonché indispensabile punto di partenza di una storia plurisecolare che avrebbe portato alla fondazione della chiesa medicea. Nell’affresco si chiarisce il legame di Bronzino con il linguaggio michelangiolesco: il trattamento plastico dei corpi e la complessa posizione delle membra rivelano un’attenta riflessione sulle opere di Buonarroti.
Dossier Arte - volume 2
Dal Quattrocento al Rococò