Antonio da Sangallo il Giovane

   2.  IL CINQUECENTO >> Culture e forme della "maniera"

Antonio da Sangallo il Giovane

Appartenente a un’Illustre famiglia di architetti, Antonio da Sangallo (Firenze 1484-Terni 1546), detto il Giovane per distinguerlo dall’omonimo zio, compie la sua carriera principalmente a Roma. 
L’architettura militare è una parte significativa della sua attività (si ricorda, fra le altre, la Fortezza da Basso a Firenze, 1532-1535), al pari dell’interesse per l’architettura antica e lo studio del De architectura di Vitruvio: questo aspetto gli deriva dalla frequentazione della bottega dello zio Giuliano da Sangallo, ma soprattutto dalla collaborazione con Raffaello. Sangallo fu un grande costruttore e capace coordinatore di fabbriche complesse come Palazzo Farnese o la Basilica di San Pietro (► pp. 219-221) ma la sua figura è stata spesso oscurata dal negativo giudizio di Giorgio Vasari nelle Vite, che lo presenta come un rivale di Michelangelo. Fu un instancabile disegnatore e di lui si sono conservati moltissimi disegni architettonici: dagli accurati rilievi dell’architettura antica ai disegni esecutivi per San Pietro, fino ai progetti di macchine per il sollevamento dell’acqua o grandi gru da cantiere. Il disegno per Sangallo è strumento di comunicazione oggettiva del progetto, oltre che un mezzo di controllo dell’ideazione in tutte le sue fasi, dai primi concetti fino alla realizzazione.
Alla morte di Bramante fu, come si è visto, collaboratore di Raffaello al cantiere della Basilica di San Pietro; nel 1520, scomparso l’Urbinate, fu nominato primo architetto della fabbrica, insieme a Baldassarre Peruzzi e poi nel 1536 responsabile di tutte le fabbriche pontificie: Antonio divenne dunque il più importante architetto di Roma a capo di una fiorente bottega.

Palazzo Farnese 

Nel 1514 il cardinale Alessandro Farnese incarica Sangallo di costruire un nuovo palazzo, trasformando radicalmente una preesistente residenza cardinalizia quattrocentesca: l’edificio è inizialmente pensato dall’architetto per i due figli naturali dell’alto prelato e dunque con una planimetria organizzata per questo scopo, cioè ambienti omologhi strutturati in modo da creare due parti separate nello stesso palazzo. L'impostazione generale è poi modificata da Sangallo quando Alessandro Farnese diviene papa con il nome di Paolo III e l'edificio deve celebrare la potenza della famiglia del nuovo pontefice: il palazzo diventerà un modello per le residenze signorili romane per tutto il Cinquecento. L'architetto costruisce un possente edificio (113) libero su quattro lati e dotato di uno spazio aperto sul retro, verso la nuova via Giulia, asse stradale tracciato da Bramante al tempo di Giulio II. La facciata è prevista su tre ordini, segnati da cornici marcapiano, un elemento decorativo esterno che "marca", ovvero segnala, la distinzione fra i diversi piani corrispondenti all'interno dell'edificio. L'omogeneità del fronte è data dalla ripetizione delle tredici aperture; l'unica variazione si ha al piano nobile, con l'alternanza di timpani triangolari e semicircolari. Come abbiamo visto, l'impostazione del fronte sarà scardinata dopo il 1546 dall'intervento di Michelangelo. Lateralmente l'ampio prospetto è chiuso da cornici bugnate, differenti nei tre livelli, che al piano nobile e al secondo piano diventano "pilastri". Il contributo più importante di Sangallo si riconosce nell'assetto del cortile (114-115), concluso poi solo nel nono decennio del Cinquecento, con modifiche del già menzionato Michelangelo, ma anche di Vignola e Giacomo della Porta. Un magniloquente loggiato dorico è completato con due ulteriori registri al piano nobile e al secondo piano (ionico e corinzio) caratterizzati dal tema dell'arcata teatrale, cioè archi su pilastri inquadrati da paraste che sostengono la trabeazione secondo il modello romano classico del Teatro di Marcello. Una citazione classicista si trova inoltre nel cosiddetto "atrio vitruviano", cioè nell'androne d'ingresso (116), colonnato e coperto a botte, che voleva essere un'interpretazione fedele delle indicazioni dell'architetto romano Vitruvio, risalenti alla seconda metà del I secolo a.C. 

Zecca 

Nella Roma pontificia Antonio da Sangallo si occupa anche di progetti di riorganizzazione di settori urbani, poiché ricopre il ruolo di maestro delle strade, incarico paragonabile a un moderno funzionario dei lavori pubblici. In questa cornice rientra la commissione della Zecca (117), dove si coniavano le monete dello Stato pontificio, un edificio creato in dialogo sottile con l’ambiente urbano circostante. Il fronte di questo edificio (1523-1527), infatti, è configurato secondo un profilo concavo ed è evidenziato da un basamento bugnato che sostiene un registro superiore ispirato al tema dell’arco di trionfo. L’originale morfologia della facciata è generata da un arco di circonferenza il cui centro è posto a 29 metri dalla facciata e serve a sottolineare la funzione di snodo urbano dell’edificio (118).

Dossier Arte - volume 2
Dossier Arte - volume 2
Dal Quattrocento al Rococò