DOSSIER: La Sagrestia Vecchia e la Cappella Pazzi

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Filippo Brunelleschi

LA SAGRESTIA VECCHIA E LA CAPPELLA PAZZI

Uno degli aspetti fondamentali dell’opera di Brunelleschi è quello di aver conciliato armoniosamente lo schema a pianta centrale con quello longitudinale a croce latina. Esemplari, a questo riguardo, sono due edifici tra loro molto simili, la Sagrestia Vecchia di San Lorenzo e la Cappella Pazzi.

La Sagrestia Vecchia

La Sagrestia Vecchia è addossata al transetto sinistro della Basilica di San Lorenzo, con la doppia funzione di stanza di servizio per la vestizione del clero, e, insieme, di monumentale cappella funeraria per Giovanni di Bicci de’ Medici (1360-1429), padre di Cosimo il Vecchio, ricchissimo banchiere residente nel quartiere. È chiamata "Vecchia" per distinguerla da quella, "Nuova", che Michelangelo realizzerà nel secolo successivo, addossata al lato destro del transetto.
Brunelleschi progetta componendo forme geometriche che si articolano intorno al modulo del quadrato: il vano centrale è un cubo perfetto, coperto da una cupola a ombrello divisa in dodici spicchi, alla base di ciascuno dei quali si trova un oculo che, insieme alla lanterna, garantisce l’illuminazione interna; sul fondo si apre la scarsella, nuovamente a pianta quadrata e coperta da cupola, a cui si addossano due vani rettangolari, voltati a botte.
Le pareti, in alzato, sono scandite da grandi archi a tutto sesto e si collegano alla cupola grazie a quattro vele, dove furono poi inseriti gli stemmi dei Medici e i medaglioni in stucco policromo con le storie di san Giovanni, realizzati da Donatello (1435 ca.). Le pareti sono intonacate di un colore chiaro, sul quale spiccano le membrature architettoniche in pietra serena: il contrasto tra i due colori è una delle caratteristiche più facilmente riconoscibili dell’architettura brunelleschiana.

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La Cappella Pazzi

La struttura della Sagrestia Vecchia torna, a distanza di anni, nella Cappella Pazzi, realizzata per la famiglia di cui porta il nome nel chiostro trecentesco del Convento di Santa Croce. Iniziata nel 1429, fu terminata solo nel 1461, quando Brunelleschi era già morto: seppure incompleta (soprattutto per quanto riguarda la facciata), rappresenta una delle più perfette realizzazioni dell’architetto fiorentino.
L’interno è essenziale e si basa sulla ripetizione di un modulo ben preciso, le venti braccia fiorentine (circa 11,66 metri). Questa è infatti la misura della larghezza dell’area centrale, dell’altezza dei muri interni e del diametro della cupola. Rispetto alla Sagrestia Vecchia, tuttavia, a questo schema vanno aggiunte le due ali laterali che misurano ciascuna un quinto del lato del cubo centrale,
e la scarsella dell’altare, larga anch’essa un quinto dello spigolo. La principale differenza con la pianta della Sagrestia Vecchia è quindi la base rettangolare, mascherata dall’inserimento del cubo centrale.
Come a San Lorenzo, la decorazione plastica è strettamente subordinata all’architettura con dodici grandi medaglioni in terracotta colorata e smaltata con gli apostoli, realizzati da Luca della Robbia, insieme al fregio con i cherubini. Nelle vele della cupola, quattro tondi policromi, sempre in terracotta, rappresentano gli evangelisti: secondo quanto ricordano le fonti antiche, Brunelleschi, critico contro le decorazioni troppo evidenti di Donatello nella Sagrestia Vecchia, che a suo parere disturbavano l’essenzialità dell’architettura, collaborò strettamente con Luca della Robbia nel disegno dell’essenziale decorazione della Cappella Pazzi.

Dossier Arte - volume 2
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Dal Quattrocento al Rococò