Cupola di Santa Maria del Fiore
Per realizzare una cupola così grande, che doveva innestarsi su un tamburo ottagonale già costruito a partire dal 1413, alto 13 metri e largo oltre 45, Ghiberti e altri partecipanti al concorso avevano proposto un metodo costruttivo tradizionale, che prevedeva la preparazione di un'armatura lignea che guidasse il procedere dei lavori e che necessariamente doveva essere di grandi dimensioni. Ma i problemi pratici e i costi di una tale struttura dovettero risultare pressoché insormontabili. Fu a questo punto che Brunelleschi seppe fornire una risposta geniale di natura tecnicopratica che gli consentì di portare a termine il progetto. Messa da parte la realizzazione di
centine (sostegni provvisori in legno), l’architetto stabilì e immaginò invece la
costruzione di una doppia calotta. Senza armatura lignea, come per secoli si era fatto, la cupola sarebbe cresciuta su se stessa come una struttura autoportante, grazie a una muratura che procedeva per anelli concentrici. Si tratta del cosiddetto
sistema a spina di pesce, con spirali di mattoni disposti in obliquo, per assicurare una tenuta ideale. Anche la scelta del materiale, il mattone leggero, intervallato da otto grandi costoloni di marmo bianco, serviva ad alleggerire e a rendere più stabile la struttura. I costoloni, visibili all’esterno, sono presenti anche nella calotta interna, dove vanno a formare, insieme alle nervature minori, una sorta di armatura che contiene le spinte verso il basso e verso l’esterno di tutta la cupola (8).
Non è tanto dunque la forma della cupola - concepita come sviluppo di un arco a sesto acuto - a essere nuova, quanto il coerente piano di lavoro e di organizzazione del cantiere ideato dall'artista.
Grazie allo studio dei monumenti romani, Brunelleschi conosceva perfettamente i metodi usati dagli antichi per costruire le murature, ma a Firenze creò una struttura di assoluta novità, che non aveva precedenti né nel mondo classico, né in quello medievale. Allo stesso tempo, riuscì nell'intento di concepire una cupola che dialogasse con il Trecento, innestandosi in maniera armonica sul tronco della cattedrale realizzata in epoca gotica da Arnolfo di Cambio e Francesco Talenti, ma anche con gli altri edifici che compongono la piazza del Duomo, il Campanile di Giotto, sempre trecentesco, e il Battistero, l'edificio più antico e insieme più "classico" della città.
Dal punto di vista tecnico, Brunelleschi si dimostra perfettamente in grado di gestire il cantiere: organizza infatti otto squadre di muratori, in modo che in contemporanea si lavori a tutte e otto le vele (cioè i lati, o spicchi della cupola). Inoltre progetta lui stesso, aiutato dall'artista-ingegnere Mariano di Jacopo, detto il Taccola (Siena 1382-1453 ca.), complessi congegni per muovere il materiale costruttivo, giunto in città grazie al trasporto sul fiume Arno, e soprattutto per portare sulla cupola i materiali pesanti. Sfruttando lo stesso principio inventato per la fabbricazione degli orologi, costruì macchine il cui motore era formato da una coppia di cavalli, che, procedendo in circolo, imprimevano un movimento rotatorio a una coppia di alberi - verticali e orizzontali - che a loro volta facevano arrotolare e srotolare le funi delle carrucole (10).
Sebbene rappresenti il coronamento finale di una magnifica impresa architettonica e civile avviata sul finire del XIII secolo, la cupola non esprime più la partecipazione popolare di un comune medievale, ma vuole essere il
simbolo della forza economica di una città-stato in continua ascesa: un simbolo di forza e di bellezza alto più di cento metri da terra che sembra «choprire chon la sua ombra tutti i popoli toscani» e che si poteva avvistare a molti chilometri di distanza prima di giungere in città, essenziale nelle sue forme e nel contrasto di materiali e colori.