Vincenzo Foppa

   1.  IL QUATTROCENTO >> La diffusione del linguaggio rinascimentale

Vincenzo Foppa

A Vincenzo Foppa (Bagnolo Mella 1430 ca.-Brescia 1515 ca.) spettano il rinnovamento radicale della cultura figurativa in Lombardia nella seconda metà del Quattrocento e il superamento definitivo della matrice culturale tardogotica. Il suo spessore rinascimentale è da interpretare, probabilmente, anche alla luce dei contatti con la colonia fiorentina attiva a Milano, oltre che per la conoscenza diretta dei capolavori toscani. Fu infatti il rappresentante del Banco dei Medici a Milano, Pigello Portinari, a commissionare a Foppa due imprese fondamentali per gli sviluppi della cultura artistica locale, che tuttavia per lungo tempo mostrò quasi di non accorgersene e di non saperne recepire le novità: la decorazione della Loggia del Banco, della quale resta solo un frammento, e quella della Cappella Portinari.

Cappella Portinari

Nella Basilica di Sant’Eustorgio, l’impresa della Cappella Portinari è avviata nel 1462 e già conclusa nel 1468, quando è collocata la sepoltura del committente. In una struttura architettonica che si ispira alla brunelleschiana Sagrestia Vecchia di San Lorenzo a Firenze (► p. 18), realizzata forse da un architetto locale che ben conosce i modelli fiorentini, Vincenzo Foppa esegue un’ampia decorazione pittorica in un dialogo continuo con il reale spazio della cappella, integrato Musivamente dagli affreschi. Nelle pareti sono Storie di san Pietro martire e un’ Annunciazione, mentre nella parte superiore dell’arco trionfale, sopra la scarsella, sono Cori angelici. La cupola (164) è decorata a fasce policrome, nel tamburo le otto finestre sono intervallate da otto Busti di santi e quattro tondi, nei pennacchi alla base, ospitano i Dottori della Chiesa (165), raffigurati con arditi scorci prospettici entro nicchie coperte da volte a cassettoni che sembrano "sfondare" lo spazio della cappella.
I colori smorzati degli affreschi sono dovuti a una complessa vicenda conservativa: durante le peste del 1630 le pareti della cappella furono scialbate (cioè intonacate di bianco) perché si pensava che l’intonaco potesse avere una funzione disinfettante, e in parte ricoperte da affreschi seicenteschi, rimossi dopo il ritrovamento nella seconda metà dell’Ottocento della sottostante decorazione di Foppa. Lo stile fonde sapientemente gli insegnamenti dei fiorentini, di Leon Battista Alberti e di Piero della Francesca: le differenti scene hanno un punto di fuga e un comune punto di vista, al centro della cappella, mentre la linea d’orizzonte è posta all’altezza degli occhi dei personaggi. Le narrazioni pacate, dalle tonalità chiare e luminose, derivano soprattutto dagli esempi di Beato Angelico nel ciclo del convento fiorentino di San Marco. Forte è anche l'insegnamento del Mantegna, soprattutto negli scorci arditi dei pennacchi, ma soprattutto nella concezione illusionistica di uno spazio architettonico che si dilata attraverso la pittura. Una luce chiara illumina tutte le scene e denota la conoscenza della pittura fiamminga. Lo sfondo del Miracolo di Narni  (166), in cui un giovane si amputa un piede, pentito del calcio sferrato alla madre, ma viene guarito dal santo che gli riattacca l'arto, ha un'articolazione spaziale complessa, che amplia lo spazio della cappella e sembra contrapporsi alla serena pacatezza quotidiana dei gesti dei personaggi, in abiti quattrocenteschi, con una scelta figurativa che rende più facile l'identificazione e la partecipazione del committente alle storie sacre. 

Madonna del Tappeto

Un’analoga concentrazione di illusionistica sapienza prospettica si ritrova nello splendido frammento chiamato Madonna del Tappeto (167), ossia una Madonna col Bambino tra i santi Giovanni Battista e Giovanni evangelista, affresco staccato dalla sovrapporta della sagrestia della chiesa milanese di Santa Maria di Brera e datato al 1485: Maria si affaccia da un balcone marmoreo e appoggia il figlio su un prezioso tappeto orientale. A colpire è soprattutto il maestoso arco a tutto sesto, decorato al suo interno con un motivo di lacunari a marmi policromi, con un effetto scenografico e una prospettiva da sotto in su che dovevano sicuramente risaltare nell’alta collocazione originaria prima dello stacco per essere esposto alla Pinacoteca di Brera nel 1884.

Dossier Arte - volume 2
Dossier Arte - volume 2
Dal Quattrocento al Rococò