La scultura arcaica

5 La Grecia arcaica La scultura arcaica L influenza dei modelli egizi è visibile anche nella tendenza al gigantismo e alla staticità che caratterizza la scultura greca arcaica, come è definita la statuaria greca realizzata tra la fine del VII e l inizio del V secolo a.C. Nel VI secolo a.C. si afferma una tipologia statuaria che caratterizza tutto il periodo arcaico, nota in particolare attraverso i tipi del ko ros per la raffigurazione del giovane uomo nudo e della k re per quella della giovane donna vestita. La resa della figura umana 34. Ko ros di Capo Sunio, 600 a.C. ca., marmo, h 305 cm. Atene, Museo Archeologico Nazionale. 35. Polymedes di Argo, Ko roi gemelli Cleobis e Biton, 590 a.C. ca., marmo pario, h 197 cm. Delfi, Museo Archeologico. Gli esemplari di queste due tipologie statuarie giunti fino a noi, interi o frammentari, sono molto numerosi (circa 500 ko roi e 350 k rai) ed è difficile individuarne una destinazione comune. Gran parte di essi possono essere considerati doni votivi dedicati alle divinità nei santuari, altri invece appartengono a contesti funerari. Nel primo caso gli studiosi si sono chiesti se queste figure umane idealizzate rappresentassero il dedicante dell offerta oppure la divinità stessa. Questa distinzione forse non è rilevante: l arte greca (così come le altre espressioni del pensiero greco quali la filosofia e la scienza) mostra di essere incentrata sull uomo, inteso come misura di tutte le cose, e dunque il canone formale per arrivare a rappresentarne le fattezze, nella loro bellezza ideale e astratta, non cambia se rivolto alla figura umana o all immagine antropomorfizzata che i Greci avevano degli dèi. Per lungo tempo è stata discussa anche una caratteristica peculiare del volto di gran parte degli esemplari statuari più antichi, il cosiddetto sorriso arcaico . La resa della bocca con labbra rigonfie e angoli verso l alto è stata interpretata in passato come elemento espressivo, simbolo o della benevolenza degli dèi, per le statue considerate immagini di divinità, o di serenità interiore, data anche dalla perfezione di un corpo sano, per quelle considerate immagini umane. Oggi si tende invece a dare una spiegazione più tecnica, anche se meno suggestiva, di questo elemento. Un sorriso così realizzato, in questi esempi di scultura ancora caratterizzata da soluzioni sperimentali, può essere infatti considerato il risultato della costruzione dell immagine per vedute parallele: la profondità della bocca sarebbe resa dalla curvatura degli angoli verso l alto. „ Ko roi di Capo Sunio I ko roi (34) rinvenuti nei pressi del Tempio di Poseidone a Capo Sunio, vicino ad Atene, attestano chiaramente l influenza egizia: essi sono infatti caratterizzati da grandi dimensioni, posizione statica con le braccia distese lungo i fianchi e una gamba avanzata, e dal decorativismo della capigliatura. Tuttavia, essi già si affrancano dal modello orientale: quello che si va definendo è infatti uno spirito nuovo. La creazione del ko ros è essa stessa un fatto sacrale e deve seguire ferree regole geometriche: il cosmo è ordine, e il suo più alto elemento è il corpo umano. Un ko ros non rappresenta il visibile, ma questo microcosmo perfetto, creato per essere presentato alla divinità. „ Ko roi gemelli Cleobis e Biton I gemelli Cleobis e Biton (35), provenienti da Delfi e opera di Polymedes di Argo, testimoniano uno stile dorico del ko ros, attestato nel Peloponneso, che continua a essere caratterizzato dalle grandi misure (sono alti circa 2 metri) e piuttosto massiccio nella resa del corpo: la fronte bassa, il volto piatto e le trecce geometriche traducono con efficacia l immagine di due eroi del mito che erano simbolo della forza fisica e della giovinezza. 95

Dossier Arte - volume 1 
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Dalla Preistoria al Gotico