Gentile da Fabriano

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Gentile da Fabriano

Originario di una località delle Marche dominata dalla signoria dei Chiavelli e già allora nota per la produzione della carta, Gentile da Fabriano (Gentile di Niccolò, Fabriano 1370 ca.-Roma 1427) non lavorò soltanto nella città natale. Anche se molte opere sono andate perdute, si ha notizia di sua attività a Venezia, Foligno, Brescia, Firenze, Siena, Orvieto e Roma.

La formazione in Lombardia

È molto probabile che il pittore abbia soggiornato da giovane nel ducato dei Visconti, probabilmente a Pavia. Del resto, i signori di Fabriano rimasero stretti alleati di quelli milanesi fino ai primi anni del XV secolo. Questa ipotesi spiega la ricchezza della sua pittura e la varietà dei motivi e dei dettagli naturalistici, che non avrebbe potuto apprendere limitandosi al pur interessante ambiente marchigiano.

Madonna col Bambino

Una delle prime opere, databile forse prima dell'anno 1400, è la Madonna col Bambino, san Nicola, santa
Caterina di Alessandria e donatore (128). Proviene da una chiesa di Fabriano, ma presenta spunti tecnici e iconografici che si possono confrontare con pitture e soprattutto miniature lombarde: per esempio, gli angeli musicanti che spuntano tra le fronde dei due alberi. I paramenti di san Nicola, arricchiti da un fermaglio e dal pastorale (il bastone vescovile), riproducono tessuti e oreficerie del tempo, mentre santa Caterina (una principessa, come vuole la leggenda) è raffigurata in abiti sontuosi e regge la palma del martirio. Il donatore, di dimensioni ridotte rispetto ai personaggi sacri, presenta una fisionomia ben indagata, tanto da far pensare a un ritratto.

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Polittico di Valle Romita

Proveniente dall’eremo di cui porta il nome, che Chiavello Chiavelli, signore di Fabriano, acquistò nel 1405, il Polittico di Valle Romita (129) è oggi conservato alla Pinacoteca di Brera di Milano. Fu commissionato dopo il 1405, quando la signoria di Fabriano era passata nell’orbita politica della Serenissima e il pittore risiedeva a Venezia, dove aveva aperto una bottega. Nello scomparto centrale è raffigurata l’Incoronazione della Vergine, mentre i laterali si articolano su due registri sovrapposti: in quello inferiore si dispongono i Santi Girolamo, Francesco, Domenico e Maria Maddalena; in quello superiore si trovano alcune scene narrative (Uccisione di san Pietro martire, San Giovanni Battista nel deserto, Sant’Antonio o San Tommaso d’Aquino che legge, Stigmate di san Francesco). In questo polittico Gentile porta alle estreme conseguenze i caratteri tipici della pittura gotica: la linea di contorno fluida, la vivacità narrativa delle scene, la resa naturalistica dei materiali e della vegetazione, l’attenzione ai dettagli, anche nelle architetture che fanno da sfondo. Particolare cura è riservata al trattamento delle parti dorate, con l’uso della foglia d’oro, ma anche con argento dorato e oro dato con il pennello. Oltre alle decorazioni delle aureole, è degno di nota il vaso retto dalla Maddalena, realizzato con incisioni sull’oro. Questi aspetti tecnici, insieme a vari motivi iconografici, derivano dalla pittura veneziana del tempo e confermano che l’opera è stata eseguita nella città lagunare. Forse il polittico era sormontato dalla Crocifissione (130), anch’essa a Brera, e fiancheggiato da pilastri con piccole figure dipinte.

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Polittico dell'Intercessione 

Grazie a un recente restauro è oggi possibile apprezzare anche il Polittico dell’Intercessione (131), che era stato gravemente danneggiato da un incendio alla fine dell’Ottocento, tanto da non essere esposto al pubblico e neppure esaminato a fondo negli studi. L’opera è attualmente conservata nella sacrestia della Chiesa di San Niccolò Oltrarno a Firenze. Tanto la struttura e la forma della cornice quanto il programma iconografico rendono quest’opera piuttosto inconsueta. Si tratta di un polittico a cinque scomparti in cui le figure di santi si alternano alle scene narrative. Al centro si trovano Cristo e la Vergine che intercedono per l’umanità presso Dio Padre. Come la scena principale del Polittico di Valle Romita, anche questa è ambientata nell’eternità e al di sopra delle sfere celesti, rappresentate in basso. Nei due scomparti laterali si nota la fedeltà puntigliosa ai dettagli in un contesto sostanzialmente irreale, caratteristiche tipiche della pittura tardogotica. Questo è particolarmente evidente nella scena di destra con i Tre santi (Cosma, Damiano e Giuliano), dove la pavimentazione in cotto è tipicamente fiorentina, ma le architetture sullo sfondo ricordano Venezia. A sinistra è invece rappresentata la Resurrezione di Lazzaro. È inusuale, in ambito fiorentino, sia la scelta di una scena di intercessione sia la rappresentazione paritaria di Gesù e di Maria. La raffigurazione – anch’essa inconsueta – di due santi medici (Cosma e Damiano) e di un altro (Giuliano) noto per l’ospitalità data ai pellegrini, così come quella dei due santi alle estremità (Ludovico di Tolosa e Bernardo), ribadiscono il significato complessivo dell’opera, che è quello dell’intervento presso Dio in favore del corpo e dell’anima dell’uomo.

Dossier Arte - volume 1 
Dossier Arte - volume 1 
Dalla Preistoria al Gotico