Madonna Rucellai
Nel 1285, su commissione della Compagnia dei laudesi, un’associazione di laici devoti della Vergine, Duccio dipinge una Maestà (82) per Santa Maria Novella, a Firenze. Date le dimensioni della tavola (il più grande dipinto duecentesco conservato), è probabile che fosse destinata a una posizione dominante all’interno della chiesa; la denominazione di Madonna Rucellai si deve alla cappella in cui fu trasferita in seguito. La composizione ricorda strettamente quella della Madonna in maestà di Cimabue ora al Louvre, con l’unica variante degli angeli, accucciati e sospesi in aria anziché in piedi. Uguale è anche la soluzione per la cornice, con personaggi a mezzo busto entro piccoli tondi. Il dipinto era in effetti tradizionalmente attribuito a Cimabue; solo la scoperta del documento di commissione ne ha rivelato il vero autore. Queste somiglianze fanno comunque pensare che Duccio, dopo la formazione a Siena, abbia passato un periodo accanto al maestro fiorentino. Il dipinto si distingue però da quelli di Cimabue per la linea di contorno, pienamente gotica e decorativa; notevole, in particolare, è l’andamento raffinatissimo del bordo dorato che serpeggia lungo il manto della Vergine. Un importante restauro, rimuovendo le ridipinture, ha messo in evidenza le pieghe che animano la stoffa e i colori delicati e squillanti delle vesti degli angeli: un’altra significativa innovazione, che resterà tipica della scuola pittorica senese.