DOSSIER: Il Duomo di Parma e il Duomo di Modena

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IL DUOMO DI PARMA e IL DUOMO DI MODENA

Le cattedrali di Parma e Modena rappresentano due chiari esempi di come il modello del Romanico lombardo si diffonda nella Pianura Padana. Nelle facciate delle due chiese assumono grande importanza sia la scultura, sia gli effetti architettonici di chiaroscuro, realizzati grazie alla combinazione di differenti elementi: portali strombati (cioè con gli stipiti obliqui, svasati verso l’interno) e gallerie e logge che traforano la superficie facendo passare la luce.

II Duomo di Parma

La costruzione del grande Duomo di Parma, dedicato a Santa Maria Assunta, è legata – come l’analogo edificio di Modena – alle alterne vicende della lotta per le investiture e agli scontri tra Papato e Impero che coinvolsero i Comuni italiani. La scelta della città di Parma di schierarsi con le diverse fazioni è leggibile nella scelta di modelli stilistici tra loro in opposizione: è possibile cogliere, da una parte, gli influssi germanici (e quindi filoimperiali) nell’ampia abside; dall’altra, nella facciata e nella pianta sono riscontrabili gli stretti collegamenti con il Romanico padano, in cui è determinante l’azione progettuale di vescovi del partito filopapale.
I lavori di costruzione, coordinati da anonimi maestri lombardi, iniziarono intorno al 1090. La Cattedrale fu consacrata da papa Pasquale II nel 1106, anche se i lavori proseguirono nel XII secolo. All’esterno, le tre absidi (quella dietro l’altare e le due dei transetti) sono impreziosite da logge praticabili, lesene e archi ciechi e si articolano con le masse squadrate del presbiterio e dei transetti, creando un movimento elegante. Come già in Lombardia, per esempio a San Michele a Pavia, una loggia segue anche il coronamento della facciata a capanna.
All’interno, la sopraelevazione del presbiterio lascia intravedere l’ampia cripta seminterrata: davanti al presbiterio si erigeva un pontile, oggi distrutto, da cui proveniva la Deposizione dell’Antelami (► pp. 374-375). Come poi a Modena, il soffitto era in origine a capriate lignee; tutto l’edificio fu profondamente modificato nel corso dei secoli, con l’aggiunta delle cappelle laterali e di una sfarzosa decorazione cinquecentesca.

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II Duomo di Modena


L’attuale aspetto del Duomo di Modena, dedicato a san Geminiano, risale agli inizi del XII secolo, con alcuni rimaneggiamenti di epoche successive. La costruzione inizia nel 1099, grazie soprattutto all’impegno dei cittadini, che sostituiscono in questa impresa – caso unico in Italia – il vescovo, la cui sede è, negli anni dello scontro tra Papato e Impero, vacante. La storia ci è stata tramandata da un codice degli inizi del XIII secolo, la Relatio de innovatione ecclesie Sancti Geminiani, che sulla base di fonti più antiche racconta le fasi dei lavori: dalla scelta da parte dei modenesi dell’architetto Lanfranco, forse comasco, fino alla traslazione del corpo del santo patrono, Geminiano, nel 1106; a Lanfranco, «mirabile artefice, magistrale costruttore», tocca l’onore di riesumare, insieme al vescovo Bonsignore di Reggio, l’urna con le reliquie del santo da trasferire nella nuova cripta, cosa che fa pensare che a questa data il cantiere fosse in fase conclusiva. Di Lanfranco, «principale e supremo artefice di tanta ardua impresa», non si sa altro, a parte quanto è scritto su una lapide nell’abside, fatta incidere dal canonico Aimone ai tempi dei lavori, che lo dichiara «famoso per ingegno, dotto e abile, supremo fautore di quest’opera, rettore e maestro». 
L’idea originaria di Lanfranco era quella di creare un edificio in cui le strutture esterne fossero in stretto rapporto con quelle interne, come si nota ancora oggi nonostante i rifacimenti che hanno interessato soprattutto il fianco settentrionale dell’edificio. Agli inizi del XIII secolo risalgono invece il rosone in facciata e i portali laterali, modifiche che causarono lo spostamento di alcuni rilievi concepiti dallo scultore Wiligelmo (► p. 370), che dovette lavorare quasi in contemporanea con Lanfranco. L’edificio è realizzato in pietra, con importanti inserti di marmi antichi, recuperati con chiaro intento simbolico da una vicina necropoli romana.
A differenza di Parma, la facciata, più complessa, non è a capanna ma a salienti, ed è tripartita da robusti contrafforti (rinforzi in muratura). Lo stesso ritmo tripartito si trova anche nelle logge percorribili, che si sviluppano su tutta la superficie esterna. Analoga alla vicina città emiliana è invece la struttura del portale strombato, preceduto da un protiro a due piani retto da leoni stilofori.

Dossier Arte - volume 1 
Dossier Arte - volume 1 
Dalla Preistoria al Gotico