La chiesa romanica
Nel quadro geograficamente vastissimo dell’arte romanica, l’architettura sacra è la testimonianza più diffusa e meglio conservata. Al di là della pluralità di stili e delle declinazioni locali, è possibile individuare i tratti comuni delle chiese romaniche, che superano le forme altomedievali secondo due linee guida: la scomposizione della navata in unità modulari (campate) e il largo impiego delle volte (a botte e a crociera) per coprire ampi spazi (4) . Il risultato dell’applicazione di questi princìpi è uno spazio organico e ben strutturato. La pianta più frequente delle chiese romaniche è quella a croce latina con deambulatorio e cappelle a raggiera o con tre o più absidi parallele. Più rara la pianta a croce greca, e più in generale la pianta centrale, che è utilizzata quando si vuole suggerire un forte significato simbolico, essendo ispirata al Santo Sepolcro di Gerusalemme. Come si nota dalla ricostruzione assonometrica
(5), l’arco a tutto sesto assume una funzione fondamentale nel suddividere lo spazio secondo rapporti proporzionali in ragione del doppio e del triplo. In questo sistema è basilare il modulo della campata, lo spazio della navata compreso tra quattro pilastri: infatti l’area della campata della navata centrale è spesso pari alla somma dell’area di due campate delle navate laterali. Le dimensioni della campata determinano le proporzioni del corpo principale della chiesa, del transetto e dell’eventuale nartece, mentre le spinte delle volte (ossia la forza che esse esercitano sugli elementi di sostegno) condizionano le dimensioni delle murature, che diventano più spesse e regolari. La navata è spesso scandita verticalmente da un matroneo o da un triforio, una stretta galleria ricavata nello spessore murario e aperta sulla navata centrale tramite trifore (finestre a tre aperture). Quando il triforio non è aperto sulla navata, e presenta solo finte finestre, si parla di triforio cieco. Il matroneo e il triforio possono a loro volta essere sormontati dal
claristorio (dall’inglese clerestory, composto di clere o clear, "chiaro", e story, "piano di un edificio", e quindi letteralmente "piano luminoso"), la parete superiore della navata centrale, in cui si aprono finestre che illuminano l’ambiente.
La chiesa romanica si struttura su più livelli, costituiti dallo spazio principale della navata, dalla cripta sottostante e, al di sopra, dal presbiterio. La cripta contiene la sepoltura del santo e di solito è sotterranea; tuttavia, con le sue volte permette l’innalzamento del presbiterio, a cui si accede da scale: in questo modo tutti i fedeli possono vedere lo svolgimento del rito. All’incrocio tra le navate e il transetto si trova il tiburio, una struttura a prisma o a cilindro che ingloba una cupola, o la torre di crociera, in modo che anche la sezione verticale dell’edificio abbia la forma di una croce. La presenza del tiburio o della torre fa sì che sia visibile soltanto la calotta interna della cupola.
Lo spazio che deriva dall’unione coerente di questi elementi crea una nuova combinazione di pieni e vuoti. La funzione strutturale di sostegno è spesso affidata a pilastri, che reagiscono meglio delle colonne a spinte trasversali e verticali. A differenza delle colonne, che sono unicamente a base circolare, i pilastri possono essere cilindrici, quadrati, cruciformi (il cui spaccato richiama appunto la forma di una croce), compositi (pilastri quadrati sui cui lati sono addossate quattro semicolonne) e a fascio (costituiti da fasci di colonne di diverse dimensioni).
All’esterno, la facciata si compone di diversi elementi e spesso prevede decorazioni scultoree. Questa caratteristica della chiesa romanica ha conseguenze pratiche sull’organizzazione dei cantieri, perché i rilievi non sono applicati a costruzione finita, ma scolpiti mentre la costruzione procede: le figure dell’architetto e dello scultore spesso si identificano, o comunque collaborano strettamente.
Esistono diverse tipologie di facciate, variamente combinate e rielaborate: le più frequenti sono a capanna, che presentano cioè due spioventi, oppure a capanna composita o a salienti, quando, come suggerisce il termine stesso, la copertura presenta una successione di spioventi posti a differenti altezze (6). Addossato al portale maggiore può trovarsi un protiro, una sorta di loggetta decorata che precede l’entrata principale.