I nuovi soggetti dell’arte cristiana

   12.  DAL PALEOCRISTIANO ALL'ALTO MEDIOEVO >> L'arte paleocristiana

I nuovi soggetti dell'arte cristiana

Diversamente dagli ebrei, che proibiscono – come poi faranno anche i musulmani – l’uso di immagini in ambito sacro, i cristiani si pongono precocemente il problema della rappresentazione di temi religiosi, adottando modelli pagani riletti in chiave cristiana, come si è già visto per le pitture delle catacombe. A partire dal IV secolo, dopo la concessione della libertà di culto, si affermano alcuni soggetti religiosi e si cominciano a stabilire delle regole per la loro rappresentazione.

Dal repertorio pagano a quello cristiano

Il modo in cui il repertorio pagano viene riutilizzato da parte dell’arte paleocristiana è ben esemplificato dalla trasformazione di Ermes crioforo, cioè "che porta l’ariete", nella figura del Buon Pastore, ispirata alla nota parabola evangelica della pecorella smarrita. Uno degli esempi più noti di questo soggetto è una statua databile fra il III e il IV secolo (15), in cui Cristo è raffigurato senza barba – come spesso avviene in età paleocristiana – e il modellato elegante richiama esempi classici. La scultura a tutto tondo in marmo e pietra sarà in seguito abbandonata, per tornare in uso solo alla fine del Medioevo.
Anche il mosaico con Scena di vendemmia (16), ripetuto in due sezioni della volta anulare del Mausoleo di Santa Costanza a Roma, potrebbe essere scambiato per una raffigurazione profana e ha gli stessi caratteri stilistici propri della Roma tardoantica, ma assume un significato cristiano in riferimento al vino dell’eucaristia e a una frase di Cristo riportata nel Vangelo di Giovanni: «Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla» (15, 1-8).

Sarcofago di Giunio Basso 

Sulla fronte del sarcofago eseguito per accogliere il corpo di Giunio Basso – praefectus urbis di Roma, cioè funzionario preposto al decoro e alla sicurezza della città, morto nel 359 – compaiono varie scene tratte dall’Antico e dal Nuovo Testamento (17).
Gli episodi sono disposti senza riguardo all’ordine cronologico e la sequenza narrativa appare poco organica.
Nel registro superiore sono raffigurati, da sinistra: Sacrificio di Isacco, Arresto di san Pietro, Cristo sul trono tra due apostoli (Traditio legis), Arresto di Cristo,  Giudizio di Pilato; in quello inferiore: Giobbe seduto con la moglie e un amico, Peccato originale, Ingresso di Cristo a Gerusalemme, Daniele nella fossa dei leoni (la figura del profeta è stata ricostruita durante un restauro), San Paolo condotto al martirio. Alcuni di questi soggetti diventeranno parte integrante del repertorio iconografico cristiano, mentre altri sono tipici soprattutto dell’arte paleocristiana. Un esempio è la Traditio legis ("la consegna della legge"), in cui si vede Cristo che consegna la nuova legge agli apostoli Pietro e Paolo; la composizione si ispira all’iconografia imperiale della Liberalitas, cioè alle scene in cui l’imperatore distribuisce doni al popolo. In questo caso compare anche una figura maschile che si affaccia sotto i piedi di Cristo e rappresenta la personificazione del cielo .
La tecnica di esecuzione è quella dell’altorilievo, con alcune figure che si staccano completamente dal fondo. Si nota un abbondante uso del trapano, comune nella scultura tardoromana, per definire dettagli architettonici, pupille, barbe e capelli, che produce effetti chiaroscurali di tipo pittorico. In alcune scene, come l’Ingresso di Cristo a Gerusalemme o San Paolo condotto al martirio, le figure sono disposte su piani diversi, con un effetto prospettico inconsueto nella scultura del tempo; in altre, come il Sacrificio di Isacco e l’Arresto di san Pietro, la presentazione della scena è frontale. L’ambientazione è ridotta al minimo: nel Giudizio di Pilato, un muro merlato allude alla raffigurazione di una città. I panneggi degli abiti sono eleganti e accurati, mentre il modellato delle teste è in alcuni casi meno raffinato. Come in altre opere prodotte a Roma alla metà del IV secolo, si nota qui una tendenza al recupero dei valori classici.

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Morte e resurrezione di Cristo nell'arte dei primi secoli

Nei primi secoli dell’era cristiana non è diffusa l’immagine del Crocifisso, che diverrà in seguito il principale simbolo della religione cristiana. Una delle raffigurazioni più antiche si trova nella porta in legno di Santa Sabina, a Roma, eseguita attorno al 430, nella quale alcune formelle appaiono classicheggianti e di esecuzione raffinata, mentre in altre, come quella della Crocifissione (18), l’eleganza è sacrificata in favore dell’espressività. Secondo una tendenza che si afferma nella tarda antichità, per esempio nei rilievi dell’Arco di Costantino, i personaggi assumono posizioni rigide e frontali, con Cristo in dimensioni maggiori rispetto ai ladroni per effetto delle cosiddette proporzioni gerarchiche, mentre delle croci sono raffigurati solo i pezzi ai quali sono inchiodate le mani.
La resurrezione di Cristo è uno dei fondamenti della dottrina cristiana, ma non è esplicitamente narrata nei Vangeli: così, nell’arte paleocristiana, si incontra di preferenza l’episodio delle Marie al sepolcro (19), come in un bassorilievo del IV secolo che costituiva in origine una delle valve (tavolette) di un dittico in avorio. I dittici erano coppie di tavolette, unite da una cerniera, il cui lato interno era spalmato con uno strato di cera per la scrittura. Sulla valva con le Marie al sepolcro gli elementi stilistici dell’arte imperiale, così come le cornici di gusto classico e l’eleganza dell’intaglio, vengono adattati al soggetto sacro. Tra i dettagli più interessanti dal punto di vista iconografico si notano i simboli degli evangelisti Luca e Matteo (il toro e l’uomo alati) nella parte superiore , l’angelo senza ali che parla alle pie donne e i rilievi della porta del sepolcro, raffiguranti la Resurrezione di Lazzaro.

Dossier Arte - volume 1 
Dossier Arte - volume 1 
Dalla Preistoria al Gotico