Calvino e Pentesilea
Anche Italo Calvino (1923-1985, immagine a fianco) ha fatto del labirinto la metafora di una realtà impossibile da comprendere e padroneggiare del tutto: «sfidarlo», per usare la sua espressione, comporta cercare di dare soluzioni razionali ai problemi della contemporaneità, che si presenta indecifrabile. Nell’opera Le città invisibili (1972), l’autore fa descrivere a Marco Polo una serie di città immaginarie: tra queste, incontriamo Pentesilea, una città-non città, un luogo del tutto e del niente, un susseguirsi casuale di case, un dormitorio senza vita. Si tratta di un labirinto moderno, dove l’uomo comprende di non poter trovare una via d’uscita, un criterio con cui dare ordine e senso alle cose.
« La gente che s’incontra, se gli chiedi: – Per Pentesilea? – fanno un gesto intorno che non sai se voglia dire: «Qui», oppure: «Più in là», o: «Tutt’in giro», o ancora: «Dalla parte opposta». – La città, – insisti a chiedere. – Noi veniamo qui a lavorare tutte le mattine, – ti rispondono alcuni, e altri: – Noi torniamo qui a dormire. – Ma la città dove si vive? – chiedi. – Dev’essere, – dicono, – per lì, – e alcuni levano il braccio obliquamente verso una concrezione di poliedri opachi, all’orizzonte, mentre altri indicano alle tue spalle lo spettro d’altre cuspidi. – Allora l’ho oltrepassata senza accorgermene? – No, prova a andare ancora avanti. Così prosegui, passando da una periferia all’altra, e viene l’ora di partire da Pentesilea. Chiedi la strada per uscire dalla città; ripercorri la sfilza dei sobborghi sparpagliati come un pigmento lattiginoso; viene notte; s’illuminano le finestre ora più rade ora più dense. Se nascosta in qualche sacca o ruga di questo slabbrato circondario esista una Pentesilea riconoscibile e ricordabile da chi c’è stato, oppure se Pentesilea è solo periferia di se stessa e ha il suo centro in ogni luogo, hai rinunciato a capirlo. La domanda che adesso comincia a rodere nella tua testa è più angosciosa: fuori da Pentesilea esiste un fuori? O per quanto ti allontani dalla città non fai che passare da un limbo all’altro e non arrivi a uscirne? »