Una personalità mutevole e complessa
Il ritratto di Petrarca appare assai complesso, ed è proprio in tale complessità che risiede una delle ragioni principali della sua modernità.
Petrarca ha una personalità tormentata, avverte spesso la necessità di risiedere in luoghi diversi, lasciare le attività intraprese per dedicarsi a nuove sfide, grazie a una mente fervida e curiosa.
Si può dire che il poeta sia guidato da molte passioni: l’amore sensuale (le donne reali), quello platonico (Laura), quello spirituale (Dio), ma soprattutto l’amore per i libri e per lo studio.
Le contraddizioni
di un uomo irrisolto
Del resto, la sua stessa indole è ricca di contraddizioni: il saggio che aspira all’equilibrio e al dominio delle passioni si rivela invece destabilizzato dalle inquietudini, afflitto dall’indolenza e dall’insoddisfazione (ciò che egli definisce “accidia”) e ossessionato dal tempo che scorre e dalla morte che si avvicina.
Petrarca ama la tranquillità, tanto da vagheggiare di seguire le orme del fratello Gherardo, diventando anch’egli monaco di clausura, ma allo stesso tempo non disdegna la gloria mondana e cerca l’amicizia di re e potenti.
Il poeta desidera percorrere la via dell’umiltà ma vuole ottenere, attraverso l’attività letteraria, fama presso i contemporanei e i posteri: si pensi all’ambita incoronazione poetica in Campidoglio. Detesta l’ambiente cittadino e quello cortigiano, eppure in solitudine trascorre poco più di quindici anni.
Dal punto di vista politico è sostenitore dell’istituzione imperiale, però simpatizza per il tentativo repubblicano di Cola di Rienzo, sperando così di vedere Roma riprendere il suo ruolo internazionale, mentre nell’Italia vede un’entità spiritualmente e culturalmente viva, che chiama “patria”, e critica duramente le lotte fratricide tra i diversi Stati italiani, che rischiano solo di lasciarla preda degli appetiti stranieri. È fustigatore della degenerazione della Chiesa cattolica, eppure è amico di papi e cardinali.
Un uomo che non vuole
passare inosservato
Quanto al suo modo di rapportarsi con gli altri, sappiamo che ambiva a piacere. In una lettera scritta a un amico all’età di quarantotto anni, rievocando il tempo della giovinezza, ricorda: «Che dirò dei miei abiti, dei miei calzari? Tutto è cambiato; non uso più quel mio modo di vestire, e dico mio perché raramente altri l’usano, per il quale, salva l’onestà e il decoro, mi piaceva di distinguermi dai miei pari» (Familiares, XIII, 8). Emerge da queste parole un personaggio cui stava a cuore presentarsi vestito in maniera elegante e raffinata, attento quindi alla propria immagine pubblica.