Macchie di colori in Toscana

Macchie di colori in Toscana

Un gruppo di artisti toscani dipinge scene di vita di provincia a grandi “macchie” di colori

Verso la metà dell’Ottocento è attivo a Firenze un gruppo di artisti che dipinge all’aperto, nella campagna intorno alla città e sulla costa livornese: i principali esponenti sono Fattori (sopra in un autoritratto), Abbati, Signorini, Cabianca, Banti, Lega. Per rendere la spontaneità e l’immediatezza della percezione adottano una pennellata larga di colori puri, non mischiati fra loro, ottenendo una pittura lucente e dai toni contrastati; il colore appare sciolto, come a macchie. Nel 1861 un critico chiama questi artisti “macchiaioli”, in senso dispregiativo, perché rifiutano l’arte accademica, quella della tradizione, scegliendo di raffigurare invece la realtà quotidiana: ed è soprattutto la scelta dei temi a unirli, al di là del nome del gruppo e dello stile personale, più o meno legato alla macchia. Aggiornati sulle novità francesi e sostenuti da collezionisti e intellettuali, i macchiaioli si riuniscono a Firenze nel Caffè Michelangelo. Dipingono spesso su tavolette di legno, facilmente trasportabili, e persino sul retro delle scatole di sigari.

Sulla spiaggia livornese

Nel celebre quadretto di Giovanni Fattori (1825-1908), considerato il caposcuola del gruppo, alcune signore conversano sotto l’ombra ben marcata del tendone di uno stabilimento balneare, di fronte alla bella costa livornese, luogo di ritrovo e di ricerca per i macchiaioli; tra loro c’è anche la giovane moglie del pittore, malata di tisi. Nella tavoletta, sviluppata in orizzontale (12x35 cm), Fattori crea fasce di colori parallele, e stende piccole porzioni di colore come se fossero tessere di un mosaico.


Silvestro Lega e una solenne intimità

Dopo aver studiato all’Accademia di Belle Arti di Firenze, Silvestro Lega (1826-1895) inizia a frequentare il Caffè Michelangelo e a esercitarsi in alcuni studi dal vero nella campagna intorno a Firenze, convertendosi alla “macchia”. In questa sua tela, una donna suona al pianoforte mentre le allieve intonano uno stornello, cioè un canto popolare. Vi si riconoscono influssi diversi: in primo luogo il soggetto, un momento di vita quotidiana caratterizzato da una certa intimità domestica, è tipico dei macchiaioli, che non dipingevano soltanto all’aria aperta ma anche negli interni della borghesia toscana. Lega tuttavia conferisce alla scena una solennità senza tempo, grazie alle forme nitide e alla luce cristallina, che rivela l’ispirazione all’arte quattrocentesca e in particolare alle opere di Piero della Francesca.


CONFRONTI

Silvestro Lega e Odoardo Borrani (1833-1905), artista macchiaiolo di origine pisana e frequentatore del Caffè Michelangelo a Firenze, dipingono insieme per diversi anni a partire dal 1860. Nel tranquillo mondo appartato di Piagentina, un borgo campagnolo allora alla periferia di Firenze, dove Lega aveva un villino, scelgono temi apparentemente provinciali, ambientati nell’intimità domestica, come vedi nel Canto dello stornello. Anche la tela di Borrani è ambientata in un salotto borghese, non illuminato da una luce diretta, ma filtrata dalle tende. Nel quadro di Lega le tende sono invece tirate per mostrare una natura incontaminata. Le donne di Borrani non cuciono abiti qualsiasi, ma le camicie rosse per i soldati garibaldini: è questo un omaggio a un episodio della storia di quegli anni, la campagna in Aspromonte del 1862.




Odoardo Borrani, Le cucitrici di camicie rosse, 1863, olio su tela. Montecatini, collezione privata.

Arte Attiva 
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