Realismo e luce in Caravaggio

Realismo e luce in Caravaggio

Tra forti contrasti di luci e ombre, il soggetto sacro si “attualizza” nella realtà della vita quotidiana

Michelangelo Merisi, nato a Milano o nei dintorni nel 1571, trascorre la giovinezza nel paese lombardo di Caravaggio, da cui poi prenderà il soprannome. Poco più che ventenne è a Roma, dove diventa famoso per le sue bellissime canestre di frutta, vere e proprie nature morte, un genere pittorico che raffigura oggetti inanimati e che nel Seicento avrà grande fortuna. Nel 1600, grazie al cardinal Del Monte, suo mecenate, Caravaggio ottiene un prestigioso incarico per la Cappella Contarelli nella Chiesa di San Luigi dei Francesi. Dipinge in quest’occasione alcune grandi tele da cui emergono i caratteri rivoluzionari della sua arte: l’amore per la realtà sotto ogni aspetto, che porta il pittore a privilegiare immagini autentiche ed espressive, talvolta molto crude (motivo per cui alcuni suoi dipinti verranno rifiutati dai committenti), e l’attenzione alla luce che, attraverso giochi di contrasto con le ombre, sottolinea i dettagli più rilevanti e li arricchisce di significati simbolici. La vita di questo geniale artista dalla personalità esuberante ha una svolta tragica a Roma nel 1606, quando in una rissa si trova a uccidere un nobiluomo e per evitare la pena fugge a Napoli, Malta, Messina, Palermo. Il papa gli concede la grazia, ma Caravaggio muore nel 1610 in circostanze misteriose a Porto Ercole.

Una luce divina

Per una delle tele destinate alla Cappella Contarelli, Caravaggio rappresenta la Vocazione di san Matteo. L’artista, nella sua costante ricerca di aderenza alla realtà, dipinge l’episodio evangelico ispirandosi alla vita quotidiana: la scena si svolge in una bettola, e i personaggi sono vestiti secondo la moda del Seicento anziché con gli abiti romani, in uso ai tempi del Vangelo. Caravaggio dipinge l’attimo in cui Gesù irrompe nella stanza accompagnato da un abbagliante raggio di luce che va a colpire Matteo, il quale rivolge il dito verso se stesso come a chiedere: “Io?”. La luce simboleggia la Grazia e la Grazia rappresenta Dio, che va a rischiarare la stanza buia della vita. Proprio tramite la luce, Matteo redime i suoi peccati ed entra così a far parte del gruppo degli apostoli.

Il gesto rivelatore

Dopo essere risorto, Gesù si presenta a due discepoli diretti al villaggio di Emmaus, senza rivelare la sua identità; i due uomini lo riconoscono solo quando, seduti a un tavolo per la cena, Cristo spezza il pane compiendo il gesto dell’Eucarestia. È questo il momento rappresentato da Caravaggio, che ancora una volta dipinge una scena di grande realismo: i due discepoli sono raffigurati come uomini del popolo, vestiti poveramente (quello di sinistra ha la manica strappata), e il loro stupore è assolutamente verosimile e profondamente umano. Il realismo della scena è evidente anche negli oggetti che risaltano sul bianco della tovaglia.

L’eredità di Caravaggio

Le luci calde e le ombre intense dei dipinti di Caravaggio affascinano presto molti altri artisti, anche all’estero: nasce così in tutta Europa uno stile che si ispira a quello del pittore lombardo, soprattutto per quanto riguarda l’uso della luce, e che per questo oggi è noto come caravaggismo. Fra i tanti, l’olandese Van Honthorst, chiamato Gherardo delle Notti per i suoi notturni rischiarati da candele, e il francese De La Tour, maestro del notturno e dei volti dolcemente sfumati. Van Honthorst, non a caso, visse a Roma dal 1600 al 1604.

Arte Attiva 
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