Per la pace

La guerra nel mondo c'è, e c'è sempre stata. Bisogna rassegnarsi, dunque? No. Non a caso per la pace si battono uomini, movimenti, organizzazioni, voci autorevoli che spesso vengono da Paesi in guerra.
Alla base del pacifismo radicale c'è la consapevolezza che a essere radicale, per definizione, è la guerra. La guerra è stata definita già in tempi antichi "giusta", se combattuta per buoni motivi e a fin di bene, e in tempi moderni "chirurgica", cioè capace di togliere il male, come il chirurgo fa con un organo malato.
I fatti però dimostrano che, in tutte le sue forme, la guerra presuppone la negazione dell'umanità del "nemico" e che una parte delle sue vittime, bambini, donne, civili, è sempre innocente. Il rispetto della vita umana, il diritto di ogni uomo a vivere la propria vita esigono dunque una scelta di pace incondizionata. Per diffondere questa idea, è necessario trasmettere la memoria della guerra, ma spesso non è così semplice: chi ne ha vissuto il disastro la rifiuta per il resto della vita, chi non la conosce e ne vede le immagini solo in televisione può anche essere disposto a combatterne una.

Perché la guerra?

Si intitola così lo scambio di lettere avvenuto nel 1932, per impulso della Società delle Nazioni, tra due dei massimi intellettuali europei del Novecento: Albert Einstein e Sigmund Freud, entrambi di lingua tedesca ed ebrei. Einstein, fìsico, geniale indagatore della materia, scrisse una lettera da Potsdam (Germania); Freud, fondatore della psicoanalisi e brillante indagatore dell'inconscio, rispose da Vienna. In Germania, in quel 1932, stava vincendo le elezioni il partito nazista di Hitler, che in breve avrebbe condotto l'Europa alla guerra totale e gli ebrei allo sterminio. L'anno successivo Einstein lasciò Berlino, e dal 1940 divenne cittadino degli Stati Uniti. Freud abbandonò Vienna occupata dai nazisti nel 1937, un anno prima di morire a Londra. I due grandi intellettuali si chiedono, insieme: "C'è un modo per liberare gli uomini dalla fatalità della guerra?". Einstein lo individua in un'organizzazione sovranazionale che risolva i conflitti tra gli Stati, e che abbia la forza di farlo avendo i Paesi rinunciato, in suo favore, a una parte della loro autorità. Nello stesso tempo constata come le minoranze favorevoli alla guerra, per ragioni di potere o di profitto legato alla vendita di armi, siano spesso capaci di infiammare con la propaganda la maggioranza che dalla guerra avrà solo da soffrire e da perdere. Freud conferma questa visione, notando come il passaggio dalla primitiva legge della giungla ("vince il più forte") al diritto si sia reso possibile in seguito alla formazione di una comunità stabile, più potente dei singoli e in grado di imporre a tutti il rispetto della legge. Lo stesso potrebbe fare un'autorità centrale, una Corte suprema, rispetto alle singole nazioni e ai loro potenziali conflitti. Nell'uomo, aggiunge Freud, c'è però un istinto alla violenza, una spinta alla distruzione che si manifesta nella guerra, e in parte la spiega. Per contrastare questo istinto e far sì che l'aggressività umana, di per sé ineliminabile, non si esprima in modi distruttivi, contano i legami affettivi e di solidarietà tra gli uomini e l'incivilimento che li rafforza. Se poi chi governa facesse sempre prevalere la ragione, la guerra sarebbe per ciò stesso rifiutata. La speranza di sconfiggere la guerra si lega dunque all'evoluzione culturale dei singoli individui, delle società, degli Stati.

La pace inevitabile

La pace può "vincere" nelle scelte degli uomini e nelle situazioni storiche concrete, dimostrandosi più forte della guerra. Lo dimostrano uomini come Gandhi (1869-1948), detto Mahatma, "grande anima", capace di guidare la lotta per l'indipendenza dell'India dalla Gran Bretagna in base a princìpi di radicale non violenza e di "forza della verità". Lo confermano figure come Martin Luther King (1929-1968), il leader senza armi del movimento contro la discriminazione razziale dei neri negli Stati Uniti, cui venne assegnato il Nobel per la Pace nel 1964. Il premio è stato assegnato nel 1993 anche a Nelson Mandela, capo della lotta antisegregazionista in Sudafrica contro l'apartheid, che dopo quasi trent'anni di carcere divenne artefice di una riconciliazione nazionale senza sangue, dai più ritenuta impossibile. Tiziano Terzani (1938-2004), grande giornalista e conoscitore dell'Asia, all'indomani dell'attentato dell'11 settembre del 2001 a New York contro le Torri Gemelle, in Lettere contro la guerra interpretò quella strage come un'occasione per vincere la guerra, per ripensare il mondo e le ragioni di tutti alla luce della non violenza. Alcuni scrittori e intellettuali israeliani - da Amos Oz a David Grossman, ad Abraham Yeoshua - spiegano da tempo che l'unica soluzione ragionevole per palestinesi e israeliani è la pace: la sola alternativa, altrimenti, rischia di essere lo sterminio degli uni da parte degli altri.

Studio e imparo

1    Quando una guerra veniva definita "giusta"?
2    Che cos'è una guerra "chirurgica"?
3    Che cosa nega qualunque tipo di guerra?
4    Chi sono i protagonisti di Perché la guerra?,
uno storico scambio epistolare avvenuto nel 1932? Quali erano gli argomenti trattati nelle lettere?
5    Che cosa accomuna Gandhi, Martin Luther King e Nelson Mandela?
6    Chi sono Tiziano Terzani, Amos Oz e David Grossman?

Geo Touring - volume 3
Geo Touring - volume 3
Gli Stati del mondo