A partire dal IX secolo, monaci asceti occuparono le cavità naturali alla base dei picchi rocciosi; agli inizi dell'XI secolo i religiosi conquistarono la cima di una di esse, che battezzarono Santo Spirito, e fondarono piccoli edifici sul Gran Meteoron, richiamando progressivamente nuovi eremiti. Tra l'XI e il XIV secolo nacquero vere e proprie comunità votate a un rigido codice monastico, che colonizzarono le Meteore più interne. Il complesso raggiunse il suo massimo splendore nel XV secolo, con 24 grandi monasteri dotati di celle, biblioteche e mense. Gli edifici, cui si accedeva in molti casi solo tramite scale a pioli o di corda, erano in gran parte privi di fondamenta e avevano una parete costituita dalla stessa roccia; all'interno, però, non mancavano affreschi, icone e magnifici arredi.
I monasteri vicini al cielo
Il termine “meteora” in greco significa “che sta in cielo”: senza dubbio i monoliti rocciosi apparirono, ai primi asceti, una via per avvicinarsi al divino. Solo sei degli antichi monasteri, quasi tutti in rovina, sono giunti a noi (e sono ancora attivi): quello della Trasfigurazione, di Varlaam, della Santa Trinità, di San Nicola Anapafsa, di Santo Stefano e di Russano. Nel 1988 il complesso delle Meteore è stato iscritto nel Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO per sancirne il valore paesaggistico e tutelarne il valore culturale. Le Meteore infatti, oltre a testimoniare l’ideale di vita monastica affermatosi nel XV secolo, ospitano icone (nella foto) e affreschi di particolare rilievo nella storia della pittura bizantina. Per questo sono divenute un’importante meta turistica.